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Svezzamento

habbi
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Re: Svezzamento

Messaggio da habbi »

Cibi biologici: sono migliori?
Quando si tratta di baby food, si vuole la massima qualità. I prodotti biologici sembrano dare maggiori garanzie in questo senso
Cibi biologici: sono migliori?

Il mercato del biologico è in continua crescita, soprattutto per quanto riguarda gli alimenti per l’infanzia. Una scelta sicuramente dettata dal desiderio di tutelare i propri figli e di nutrirli con cibi sani e sicuri, ma è davvero così importante che il baby food sia bio? Va, però, chiarito che la legge italiana impone norme molte rigide a tutte le aziende che si occupano di prodotti per l’infanzia.

Norme più severe per gli alimenti per l’infanzia

I baby food sono gli alimenti specifici per i bimbi da 0 a 3 anni, che seguono normative e controlli molto più severi rispetto agli alimenti per adulti, e questi avvengono indipendentemente dal fatto che si tratti di cibi biologici o no. Per questo motivo a livello di salubrità sono entrambi sicuri allo stesso modo perché devono rispettare le medesime regole. Se invece si preparano le pappe per bambini con cibo per adulti (che tuttavia non presentano alcun rischio per chi ha più di 3 anni) bisogna prestare particolare attenzione, perché per legge possono contenere valori più alti di contaminati. Questi possono essere di diversa natura in base alle loro origini ma sono principalmente costituiti da residui di agrofarmaci, micotossine o i nitrati, oltre a quelli legati al possibile inquinamento ambientale come per esempio alcuni metalli (pesanti come cadmio e piombo o leggeri come l’alluminio).

Attenzione alle micotossine

Le micotossine sono metaboliti tossici secondari di moltissime specie di funghi appartenenti ai generi Aspergillus, Penicillum e Fusarium. Si differenziano dalle tossine batteriche, in quanto presentano un basso peso molecolare, non mostrano attività antigenica e hanno una notevole resistenza nei confronti di agenti fisici e chimici. Possono essere introdotte nell’organismo ingerendo alimenti contaminati, che si trovano principalmente nei cereali (mais, frumento, orzo e avena), nella frutta secca, nei semi oleosi, nella frutta (mele, olive) e, se vengono ingerite dagli animali sotto forma di mangimi, possono essere presenti anche negli insaccati, nel latte e nei suoi derivati.

I danni che provocano

Notevolmente resistenti nei confronti di agenti fisici e chimici, le micotossine possono provocare danni acuti e cronici. Sono, infatti, tra i più potenti cancerogeni (soprattutto per fegato e reni) e immunosoppressori (possono causare anemia e leucopenia). Da non sottovalutare, inoltre, l’effetto potenzialmente iperestrogenico associato ad alcune di esse, come per esempio le zearalenone, contenuta nei cereali, che è stata messa in relazione allo sviluppo precoce della pubertà in alcune adolescenti.
habbi
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Re: Svezzamento

Messaggio da habbi »

Agrofarmaci: un vero pericolo?

Quando si parla di biologico non si può prescindere dalla discussione sugli agrofarmaci, comunemente detti pesticidi, e del possibile rischio che si possano ingerire residui mangiando frutta e verdura. La prima precisazione che andrebbe fatta è che non tutti sanno che anche i prodotti biologici utilizzano alcune tipologie di agrofarmaci. Infatti, come spiegano da Agrofarma (Associazione nazionale imprese agrofarmaci), l’utilizzo di queste medicine per le piante è una componente essenziale per garantire la sicurezza della materia prima di origine agricola, come per esempio nella lotta a contaminanti di origine “naturale” quali le micotossine. Naturalmente le sostanze vanno usate correttamente, nella giuste quantità e rispettando il tempo di decadimento del principio attivo al fine di evitare la presenza di residui. In particolare la normativa in fatto di baby food (indipendentemente che sia bio o no) è particolarmente severa e stabilisce soglie di tolleranza inferiori a 0,01 mg/kg. Inoltre, è stata definita una lista di principi attivi che non possono essere utilizzati nella coltivazione di alimenti per lattanti ed è stato introdotto il concetto di filiera nelle produzioni di baby food specificando che il controllo delle aziende deve essere in grado di risalire fino al campo.

Come fare la spesa per i bimbi

La prima cosa da fare è quella di garantire al bambino un’alimentazione sicura da un punto di vista microbiologico e tossicologico, variata e nutrizionalmente adeguata. A tal proposito, è fondamentale scegliere unicamente i prodotti alimentari specificatamente destinati all’infanzia, mentre per il fresco è importante acquistare solo frutta e verdura di stagione, evitando quella proveniente da paesi lontani.
La modalità di conservazione è cruciale nell’alimentazione del bambino: meglio acquistare poca verdura, conservarla al fresco e non in sacchetti di plastica chiusi, perché la mancanza d’aria favorisce la trasformazione di nitrati in nitriti. Attenzione anche alla scelta della frutta, che deve essere sempre fresca, ben lavata e non va data ai piccoli se presenta piccole parti ammuffite che, anche se vengono eliminate, possono aver diffuso le micotossine al resto del frutto apparentemente intonso.
Per il brodo a base di verdure, invece, si suggerisce di consumarlo appena preparato e, nel caso in cui si volesse conservarlo per i giorni successivi, è meglio farlo raffreddare rapidamente, separare il brodo dalle verdure e dividere in piccole porzioni per poi congelarle.
La carne e il pesce, poi, non devono essere lasciate a lungo a temperatura ambiente, ma vanno conservate in recipienti chiusi, nella parte più fredda del frigorifero (tra 0° e 4° C), separati da altri cibi. In particolare per quanto riguarda il pesce è meglio preferire quelli piccoli, che sono meno contaminati da metalli pesanti, a quelli grossi (tonno, spada) o di fondale (platessa).

Inoltre è importante variare il più possibile gli alimenti e i fornitori per evitare accumuli di uno stesso inquinante e leggere sempre attentamente le etichette. Infine bisogna ricordarsi di lavare con cura le mani e gli utensili dopo la preparazione di carne e pesce e tra le varie operazioni.
claudy55
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Re: Svezzamento

Messaggio da claudy55 »

Svezzamento vegetariano: sì o no?
Sempre più genitori sono vegetariani e la tendenza è quella di eliminare la carne fin dai primi anni. Occorrono però molte attenzioni
Svezzamento vegetariano: sì o no?

Oggi in Italia 5,3 milioni di persone scelgono di alimentarsi senza carne e pesce, 600 mila anche senza latte e uova. E in futuro saranno sempre di più: si stima che nel 2050 un italiano su due sarà vegetariano. Numeri che pongono il nostro Paese al secondo posto nella classifica mondiale di amanti dello stile “green”. Anche i bambini cominciano a essere svezzati secondo regole “verdi”: niente carne né latticini, non troppe fibre, allattamento al seno finché è possibile. Non si tratta, come molti pensano, solo di un regime dietetico. Il vegetarianismo è un modo di vivere, che ha tanti benefici: aumento dell’aspettativa di vita sana (che negli ultimi anni ha subito un crollo, anche a causa di un’alimentazione non equilibrata), miglior controllo del peso, più rispetto per l’ambiente e gli animali, valorizzazione delle risorse della natura. E chi immagina bambini magri, pallidi e debilitati, deve ricredersi: se messo in pratica correttamente, lo svezzamento vegetariano non comporta carenze nutrizionali né problemi di sviluppo.

0-3 anni: un periodo fondamentale

Secondo gli esperti, gran parte del lavoro di prevenzione del sovrappeso e delle altre malattie legate a una cattiva alimentazione, si gioca nei primi tre anni di vita. È prima dei 36 mesi, infatti, che le abitudini alimentari si consolidano, ma in questo periodo si commettono anche molti errori nutrizionali, le cui conseguenze possono persistere per tutta la vita. Secondo una ricerca, il 68% dei genitori non è consapevole delle implicazioni che la nutrizione nei primi anni di vita può avere sulla salute futura dei loro bambini.

Svezzamento vegetariano passo dopo passo


1- Latte materno a oltranza

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il latte materno è l’alimento principe fino ai 2 anni di vita: è nutriente, povero di proteine, privo di fibre e perfettamente equilibrato per i bisogni del bambino. È dimostrato che l’allattamento al seno riduce il rischio di obesità in età scolare del 16-18%. È bene proseguire anche quando si inizia lo svezzamento e finché è possibile.

2 – Frutta: a 6 mesi compiuti

Prima del sesto mese, il bambino non è pronto a modificare la sua alimentazione. Si comincia con piccoli assaggi di frutta, come mela, pera e banana (frullata, schiacciata o omogenizzata), ma senza esagerare. Le fibre, infatti, sono impegnative per l’intestino dei lattanti. Un eccesso può causare coliche gassose e disturbi intestinali: trattenendo l’acqua al loro interno, le fibre aumentano il volume delle feci, rendendone difficile l’espulsione.
claudy55
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Re: Svezzamento

Messaggio da claudy55 »

3 – Prima pappa: dopo una settimana

La prima pappa (quella del mezzogiorno) è a base di brodo vegetale, più leggero e digeribile del passato di verdura perché contiene solo fibra solubile (che non fermenta nell’intestino). Si prepara facendo bollire un litro d’acqua con le verdure lavate e sbucciate (prima solo carote e patate, poi anche zucchine, sedano, cipolle e pomodori), per circa 20-30 minuti, poi si filtra. Il brodo non va salato perché contiene sodio e potassio a sufficienza. Si completa con tre cucchiai di cereali in crema senza glutine, come riso, mais, miglio, sorgo o tapioca, e un cucchiaino di olio extravergine di oliva. A piacere, per assicurare all’organismo il giusto apporto di acidi grassi Omega 3 (importanti per il corretto sviluppo del sistema immunitario e del cervello), si può aggiungere un cucchiaino di olio di semi di lino spremuto a freddo.

4 – Legumi: alla fine del sesto mese

Dopo una settimana, si aggiunge una fonte di proteine vegetali. Vanno bene, per cominciare, le lenticchie rosse decorticate (senza tegumento, il rivestimento esterno ricco di fibre). Se ne cuociono tre cucchiai in un po’ di acqua, si schiacciano con la forchetta e si mescolano al brodo. In alternativa si può utilizzare frutta secca, come le mandorle, o semi oleosi, come lino o sesamo (quest’ultimo è molto ricco di calcio in forma altamente biodisponibile). Si trovano in commercio sotto forma di creme già pronte all’uso, oppure in natura: in questo caso, i semi o i frutti vanno macinati finemente, fino a ottenere una polverina, da aggiungere al brodo o a un latte vegetale.

5 – Seconda pappa: a 7 mesi

Il pasto della sera è simile a quello proposto a pranzo, ma si possono variare i legumi, alternando lenticchie verdi, ceci, fagioli e piselli, purché “spezzati”, cioè senza buccia e divisi in due, oppure secchi interi, anch’essi privi di fibra alimentare. Un’alternativa gustosa è il tofu: estratto dal seme della soia, contiene solo proteine di qualità e grassi vegetali “buoni”.

6- Glutine: a 1 anno

I cereali con il glutine non vanno inseriti prima di un anno di età. Uno studio condotto dalla Società europea di gastroenterologia pediatrica, infatti, ha dimostrato che l’introduzione precoce di questa sostanza nella dieta dei bambini è associata a un maggior rischio di sviluppare celiachia (l’intolleranza al glutine), specialmente se in famiglia ci sono già dei casi. Dopo l’anno, si può introdurre anche la verdura passata, al posto del brodo, e i legumi interi.
claudy55
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Re: Svezzamento

Messaggio da claudy55 »

Si possono eliminare carne e latticini?

Lo svezzamento tradizionale e quello “verde” hanno molto in comune. Entrambi si basano su due pilastri: l’allattamento al seno e la riduzione dell’apporto di proteine nel primo anno di vita. Tutti e due prendono a modello la dieta mediterranea e si pongono come obiettivo uno stile alimentare improntato alla varietà e all’equilibrio. Alcune società scientifiche affermano che una dieta ben pianificata, basata su alimenti vegetali, è sicura in tutte le fasi della vita dell’uomo: gravidanza, allattamento, infanzia, adolescenza, età adulta. Quindi, la carne e le altri fonti di proteine animali (latte e suoi derivati) non sono indispensabili per crescere sani e forti.

La carne si può sostituire

Le proteine necessarie allo sviluppo dell’organismo si trovano, infatti, oltre che nella carne e nei cibi di origine animale, anche in molti vegetali, come legumi, cereali, frutta secca e verdure. I piatti unici della tradizione italiana, come pasta e fagioli, ceci e riso o lenticchie o piselli, sono esempi perfetti di pasti bilanciati: i cereali danno energia grazie all’apporto di carboidrati e, associati ai legumi, assicurano la presenza di tutti gli aminoacidi essenziali per costruire le proteine indispensabili all’organismo. Il grano saraceno, la quinoa e l’amaranto rappresentano una fonte completa di carboidrati e proteine.

Il latte vaccino può dare problemi

Il latte vaccino contiene una proteina, la caseina, che causa la liberazione di istamina. Questa sostanza aumenta la produzione di muco nelle vie respiratorie, causa di reazioni allergiche e intolleranze. Inoltre, la capacità di digerire la caseina del latte sembra diminuire con l’avanzare degli anni. La presenza di ossalati nel latte riduce l’assorbimento del ferro. Infine, un apporto proteico superiore al 15% dell’apporto energetico totale tra gli 8 e i 24 mesi è associato a un maggior rischio di sovrappeso e obesità.

Le conferme degli scienziati

Secondo il professor Umberto Veronesi, oncologo e vegetariano convinto, la prova lampante del fatto che una dieta priva di carne non comporta deficit nutrizionali arriva proprio dai bambini: un neonato, nel primo anno di vita, arriva a quadruplicare il peso che aveva alla nascita nutrendosi solo di latte materno. Uno studio condotto qualche mese fa dalla Società scientifica di nutrizione vegetariana su bambini piccoli nutriti con un regime esclusivamente “veg”, ha dimostrato che i piccoli vegetariani si ammalano meno rispetto agli onnivori e hanno un andamento della crescita normale. Lo conferma anche l’American dietetic association, in base all’analisi di diverse ricerche scientifiche: le diete vegetariane forniscono tutti i principi nutritivi necessari allo sviluppo del bambino.
Jolissa
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Re: Svezzamento

Messaggio da Jolissa »

Cosa è lo svezzamento? I dubbi della mamma
Sono tanti gli interrogativi che sorgono quando arriva il momento dello svezzamento. Anche perché il passaggio al cucchiaino e ai cibi solidi può creare, almeno all’inizio, qualche difficoltà
Cosa è lo svezzamento? I dubbi della mamma

Che cos’è e quanto dura lo svezzamento?

Letteralmente la parola “svezzamento” significa “togliere il vezzo” (del seno e della tettarella) ed è il passaggio che il bambino compie dalla dieta esclusivamente a base di latte che ha seguito fino a quel momento a un’alimentazione che preveda l’introduzione di cibi solidi. Lo svezzamento ha inizio tra il quarto e il sesto mese di vita del piccolo e si conclude intorno all’anno di età, fatta eccezione per alcuni alimenti che potranno essere introdotti nel suo regime alimentare soltanto dopo che avrà compiuto almeno 2 anni.

Perché si dice spesso che è una “tappa delicata”?

Perché è una fase dello sviluppo durante la quale, per il bambino, cambiano molte cose: deve abituarsi a un gusto diverso (dal sapore dolce del latte a quello più saporito della pappa), a un’altra consistenza del cibo (che da liquido passa a semiliquido e poi a solido, per cui deve masticare e non più solo deglutire), e deve anche prendere confidenza con il cucchiaino (un oggetto nuovo, “rigido” e freddo…. sicuramente meno piacevole del seno o del biberon, che sono entrambi morbidi e caldi).

Qual è il momento giusto per iniziare?

Non c’è una data precisa, che sia valida per tutti i bambini, perché dipende da diversi fattori. In ogni caso, lo svezzamento non deve mai avere inizio prima dei 4 mesi di vita del bimbo perché prima di questa età l’apparato digerente del piccolo non è ancora perfettamente sviluppato e quindi non è ancora in grado di assimilare cibi diversi dal latte. Resta importante consultare sempre il pediatra che, dopo avere valutato con attenzione la crescita del bambino, saprà dare utili indicazioni sul momento più indicato per iniziare lo svezzamento.
Jolissa
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Re: Svezzamento

Messaggio da Jolissa »

C’è differenza se il piccolo è nutrito al seno o col biberon?

Se il piccolo è allattato solo al seno e cresce con regolarità, si può tranquillamente rimandare lo svezzamento alla fine del 6° mese. In questo caso, non è necessario introdurre la pappa né la frutta prima di questa data, perché il latte della mamma da solo è sufficiente. Se invece il bimbo è nutrito con latte formulato o la mamma non può più allattarlo o, ancora, il suo latte non basta più, da solo, a nutrire il piccolo, si può cominciare lo svezzamento già tra il 4° e il 5° mese.

Ho ancora tanto latte, posso aspettare a dargli la pappa?

Il fatto che un bambino sia “pronto” per un’alimentazione più completa, e anche un modo diverso assumere il cibo, non significa che sia necessario partire subito con lo svezzamento. Molti genitori invece premono per iniziare presto a svezzare il loro bambino nella convinzione che i cibi solidi contengano sostanze nutritive essenziali per crescere che ormai il latte, da solo, non può fornire. In realtà, sotto il profilo nutritivo, il latte della mamma è un alimento molto ricco, capace di garantire da solo una alimentazione del tutto soddisfacente anche fino ai sei mesi di vita del bambino , senza che vi sia il bisogno di integrarlo con cibi che appaiono più sostanziosi. Dopo, si può continuare a mantenere il latte come alimento principale fino ai 12 mesi con l’allattamento a richiesta, ma iniziare gradualmente lo svezzamento.

Il “momento” della “prima pappa” richiede attenzioni particolari?

Una volta stabilito, d’accordo ovviamente con il pediatra, che si può iniziare con lo svezzamento e quindi offrire al piccolo la sua prima pappa (di solito, brodo vegetale preparato solo con la patata e la carota), è importante scegliere un giorno in cui il piccolo sia in buona salute e in un momento di tranquillità emotiva. Poiché si tratta sempre di un cambiamento, che potrebbe essere subito accolto bene oppure turbare il piccolo, non è certamente il caso di fargli assaggiare la sua prima pappa in concomitanza delle vaccinazioni oppure in un periodo in cui non sta bene o è nervoso.

Perché si deve procedere per gradi?

L’introduzione graduale dei cibi è dovuta al fatto che l’apparato digerente del piccolo non è ancora ben sviluppato e, quindi, si adatta solo poco per volta al contatto con sostanze nuove. Il suo organismo, infatti, ha bisogno di tempo sia per produrre gli enzimi digestivi (particolari proteine che servono a degradare gli alimenti) necessari a scomporre i cibi nelle loro unità sia perché il suo intestino si “abitui” ad assorbire sostanze nuove e concentrate di due-tre volte di più rispetto ai singoli componenti del latte. Per alcuni alimenti, inoltre, occorre attendere che lo stomaco e l’intestino del bambino abbiano raggiunto un certo grado di sviluppo.

Quanto deve passare tra un alimento “nuovo” e l’altro?

Molti pediatri consigliano di lasciare un intervallo di tempo di 4 giorni tra l’offerta di un cibo e quella di un altro. Inoltre, fargli assaggiare un alimento per volta e naturalmente in piccole quantità è una buona misura di prevenzione anche contro il rischio di allergie. In questo modo è, infatti, possibile capire subito a quale cibo può essere dovuta un’eventuale reazione allergica del bimbo (come diarrea, vomito oppure eruzioni sulla pelle) e quindi, nel caso, sospenderlo tempestivamente.

E se il piccolo è predisposto alle allergie?

Se in famiglia ci sono almeno un genitore o un fratellino allergici, anche il piccolo corre il rischio di avere delle allergie e cioè di manifestare una reazione nei confronti di certe sostanze; quindi, il calendario dello svezzamento deve subire qualche modifica. In particolare, è meglio proseguire l’allattamento al seno almeno fino al 6° mese, se possibile: il latte materno è la migliore prevenzione contro le allergie, in quanto è ricchissimo di anticorpi, sostanze in grado di potenziare le capacità di difesa dell’organismo del piccolo nei confronti di elementi che potrebbero scatenare una reazione. Quindi, è consigliabile rinviare il più possibile l’avvio dello svezzamento (non prima del 6° mese), per permettere al sistema immunitario dell’organismo di svilupparsi meglio. Infine, è bene attenersi al calendario di introduzione degli alimenti suggerito dal pediatra: nei bimbi a rischio di allergia, in genere, le tappe dello svezzamento sono posticipate di un paio di mesi rispetto a quelle consigliate per gli altri bambini.
Jolissa
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Re: Svezzamento

Messaggio da Jolissa »

Può capitare che rifiuti il cibo?

Certo: soprattutto ai primi assaggi della nuova pappa, può succedere che il piccolo non “prenda bene” la novità e sputi il cibo. Anche in questo senso è molto importante procedere con gradualità, armandosi di tanta pazienza e offrendo la pappa al bambino con piccoli assaggi. Il rifiuto da parte sua può dipendere da diversi motivi: da una diffidenza verso il nuovo cibo, dalla paura o dalla sensazione che la pappa sia troppo calda, ma anche dal fatto che a questo punto deve imparare a deglutire e, per riuscire a farlo bene, ha bisogno di tempo. In ogni caso è giusto attenersi in maniera coerente allo schema di svezzamento messo a punto dal pediatra: vietato quindi modificare le sua indicazioni a proprio piacimento.

Quando è il caso di insistere e quando no?

Di sicuro, non bisogna insistere se il piccolo rifiuta la pappa perché è sazio: i bambini si regolano da soli e hanno un senso di sazietà automatico, per cui appena lo stomaco è pieno cessano lo stimolo dell’appetito e il desiderio di mangiare. Premesso, comunque, che non ci si deve scoraggiare di fronte alla prima reazione di rifiuto del piccolo verso un cibo nuovo e quindi è giusto provare a riproporglielo un altro giorno, sarebbe meglio evitare gli stratagemmi (come simulare il volo di un aereo con il cucchiaino) o farlo giocare in modo che mangi più volentieri: si rischierebbe di trasformare il momento della pappa in un gioco; allo stesso tempo, è sbagliato cercare di imboccare il piccolo “a tradimento”, ossia quando ha la bocca aperta: così facendo il momento della pappa rischia di trasformarsi in una lotta quotidiana. L’ideale, invece, è creare dei rituali, in modo che il bimbo capisca quando si sta avvicinando il momento della pappa: per esempio, farlo sedere nel seggiolone, mettergli il bavaglino, offrirgli il bicchierino per l’acqua e fargli vedere il piattino con la pappa.

Posso usare il forno al microonde o è nocivo?

I genitori che lo desiderano, anche per la sua indiscutibile comodità nella vita quotidiana, possono usare con tranquillità il forno a microonde. Infatti, la cottura a microonde non favorisce affatto la formazione di sostanze tossiche o cancerogene nel cibo (come talvolta in passato si è detto): il tipo di onde che utilizza per cuocere ha una energia troppo bassa per poter rompere la struttura chimica del cibo e formare di conseguenza nuovi composti. Inoltre, come è stato accertato in molti test, i forni sono ormai tutti progettati in modo da rendere impossibile qualsiasi fuga di onde. Sono dotati di doppia chiusura, oblò schermato e sistemi di spegnimento immediato e automatico nel caso si cerchi di aprire lo sportello durante il funzionamento.

I cibi biologici sono indicati per il bebè?

Non solo verdura e frutta biologiche sono indicati ma sono anche consigliate, dal momento che i bambini sono particolarmente sensibili agli effetti nocivi dei prodotti chimici estranei: queste sono infatti tanto più pericolose quanto più veloce è il ritmo di accrescimento delle cellule (più rapido durante l’infanzia) e, poi, l’organismo dei piccoli è ancora immaturo e ha maggiori difficoltà a eliminare le sostanze tossiche. È sicuramente vero che lavando frutta e verdura con cura si elimina gran parte degli eventuali residui superficiali di pesticidi e fitofarmaci, ma è fuori discussione che le migliori garanzie vengano proprio dalle produzioni biologiche (certificate a norma di legge).
guerriera
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Re: Svezzamento

Messaggio da guerriera »

Glutine, celiachia e intolleranze durante lo svezzamento
Sono disturbi sempre più diffusi soprattutto tra i bambini e occorre tenerne conto fin dall'introduzione delle prime pappe
Glutine, celiachia e intolleranze durante lo svezzamento

Glutine: se non lo tollera?

Una persistente intolleranza a questa proteina, contenuta nel frumento e in altri cereali, potrebbe segnalare la celiachia, un disturbo che altera i tessuti dell’intestino e ostacola la crescita del bebè. In questo caso bisogna subito eliminarla dall’alimentazione bimbo

Che cos’è la celiachia

La celiachia consiste in un’intolleranza al glutine che può manifestarsi a varie età: già dal sesto – settimo mese di vita oppure più tardi, nel periodo della scuola elementare, nell’adolescenza o da adulti. Il glutine è una sostanza presente in alcuni cereali che contengono amido; la sua parte proteica, che è quella che lo caratterizza, è la gliadina. Il glutine è particolarmente ricco di gliadina in alcuni cereali (grano, segale, avena e orzo), da cui si ricavano le farine e la semola per il pane, la pasta e i dolci, e che entrano nella composizione di un’enorme varietà di alimenti di produzione industriale. Si calcola che almeno una persona su centocinquanta sia intollerante alla gliadina. Agendo con due diversi meccanismi (uno direttamente tossico e l’altro di “risposta” immunologica), questa proteina scatena una reazione a livello della mucosa intestinale (il tessuto di rivestimento interno dell’intestino), che ha il compito di assorbire i nutrienti, e in particolare del digiuno, cioè il tratto di intestino tenue in cui avviene una parte importante dell’assorbimento, danneggiandoli. Il risultato è che i villi intestinali (una sorta di peluria della mucosa, il tessuto di rivestimento interno ) a poco a poco si riducono di dimensione fino a non emergere più dalla mucosa e, quindi, a non poter più svolgere la loro funzione, che è quella di assorbire i nutrienti, provocando così una condizione di malassorbimento.

Il meccanismo alla base

Il più delle volte la celiachia è scatenata dal contatto precoce con il glutine che si verifica offrendo al bebè alimenti a base di farina o cereali prima dei sei mesi di vita, quando cioè il delicato organismo del piccolo non è ancora pronto a ricevere questa sostanza. Le reazioni della celiachia sono, infatti, legate all’azione di alcuni anticorpi (sostanze che il sistema immunitario, cioè di difesa naturale) nei confronti della gliadina (componente del glutine) scambiata per un agente nocivo. Per questo motivo, nei primi sei mesi di vita, occorre offrire al piccolo esclusivamente alimenti privi di glutine, come la crema di riso e la farina di mais e tapioca (tubero).

Non va confusa con le altre allergie alimentari

La differenza fondamentale rispetto, per esempio, all’allergia alle proteine del latte o a quella all’uovo, è il fatto che queste ultime sono caratterizzate da risposte immediate molto ravvicinate rispetto al consumo dell’alimento, mentre la celiachia insorge molto lentamente e i disturbi collegati compaiono dopo alcune settimane o addirittura mesi rispetto all’introduzione del glutine. Anche il meccanismo che porta alla enteropatia è diverso rispetto alle forme più classiche di allergia.
guerriera
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Re: Svezzamento

Messaggio da guerriera »

Come si riconosce

Ci sono forme di celiachia tipiche che si manifestano generalmente nel bambino dopo lo svezzamento con sintomi caratteristici che sono la diarrea cronica, l’inappetenza, il cambiamento d’umore, il calo di peso, l’addome gonfio. Da queste situazioni piuttosto caratteristiche è facile avanzare un sospetto di celiachia, ma nella maggioranza dei casi il bimbo non mostra segnali così evidenti del disturbo. Si parla, allora, di forme atipiche, in cui per esempio il bambino presenta un solo disturbo che magari non riguarda neanche l’intestino. Per esempio un’anemia da carenza di ferro che non risponde alla somministrazione di ferro per bocca può essere causata dalla celiachia, così come l’osteoporosi (malattia delle ossa), un dolore addominale cronico, una dermatite erpetiforme (patologia della pelle), una bassa statura. Se i genitori si accorgono della presenza anche di uno solo di questi problemi, è bene che lo segnalino al pediatra, in modo che possa indagare se il piccolo soffre di celiachia.

Sono necessari alcuni esami

Esistono test molto raffinati in grado di individuare con certezza la celiachia in bambini e adulti. Si tratta di esami del sangue, disponibili nella maggior parte dei laboratori, che rilevano la presenza degli anticorpi (sostanze di difesa) messi in circolo dall’organismo in caso di celiachia. Ecco quali sono:

ricerca di anticorpi anti-endomisio: individua gli anticorpi, scatenati dalla celiachia, che attaccano l’endomisio, la membrana che avvolge i muscoli dell’intestino.
ricerca di anticorpi anti-transglutaminasi tessutale: rileva la presenza anomala di anticorpi contro proteine costituenti i tessuti.

Se questi esami danno esito positivo si procede a una biopsia di controllo, un esame invasivo che analizza un frammento di intestino per rilevare le eventuali lesioni provocate dalla celiachia. Fino a poco tempo fa, era l’unico esame disponibile per scoprire questa malattia e se ne dovevano eseguire addirittura tre per avere una conferma definitiva.

Svezzamento: ancora tanti dubbi

Purtroppo non ci sono ancora studi scientifici che indichino qual è il momento migliore per introdurre nella dieta del bambino i primi cereali contenenti il glutine (come la pastina o i biscotti). Secondo uno studio svedese, l’introduzione graduale di glutine durante l’allattamento al seno sarebbe da preferire ad altri comportamenti alimentari, ma è un’indicazione che può avere senso nei Paesi scandinavi appunto, dove in media i bambini vengono allattati al seno per più di 6 mesi. Al momento la tendenza più ragionevole continua a essere quella di iniziare a offrire al piccolo alimenti contenenti glutine dopo i 6 mesi, come peraltro raccomanda anche la Società europea di gastroenterologia pediatrica.

L’unica cura è una dieta rigorosa

Attualmente, l’unico metodo per evitare i problemi legati alla celiachia consiste nell’eliminare tutti gli alimenti che contengono il glutine. Questa dieta, che va seguita tutta la vita, deve essere osservata con molto rigore perché bastano, per esempio, solo alcuni microgrammi di farina di frumento per provocare una reazione di intolleranza. In altre parole, è sufficiente abolire il glutine dall’alimentazione del bimbo per permettergli di crescere e vivere bene. La dieta, infatti, rende il bimbo celiaco una persona sana ed elimina completamente il rischio di conseguenze negli anni come, per esempio, i problemi al cuore, alle ossa o al sistema immunitario. Per individuare con tempestività il disturbo è bene, però, non ritardare troppo l’inserimento del glutine nello svezzamento del bebè. Per poter verificare le reazioni del bimbo si può proporre la pappa di frumento già al quarto-quinto mese e, in ogni caso, è meglio non aspettare oltre il sesto mese. Se il piccolo è intollerante al glutine, infatti, occorre escludere questa sostanza dalla sua dieta il prima possibile.
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