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Svezzamento

donnaregina
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Re: Svezzamento

Messaggio da donnaregina »

Viene tritato ancora congelato

Il prodotto arriva surgelato in blocchi per la lavorazione e, senza essere scongelato, viene tritato in maniera grossolana mediante grosse lame. La carne viene trattata senza essere scongelata per una garanzia di migliore igiene sotto il profilo microbiologico. Dopo questa prima tritatura, la carne entra in un grosso mixer industriale, dove viene miscelata con gli altri ingredienti (come acqua, farine), oli vegetali ed eventualmente si effettua anche un’integrazione di vitamine e sali minerali.

Il composto viene trasferito in un altro grosso contenitore dove la miscela di ingredienti viene portata a una temperatura di poco inferiore ai 100° C, con un’introduzione di vapore direttamente nel prodotto. Questa fase viene effettuata attraverso diversi stadi: si effettua una prima frantumazione, poi il prodotto viene setacciato e subisce poi successive frantumazioni e setacciature attraverso dei setacci con fori sempre più fini. La carne così omogeneizzata entra in un grosso miscelatore, dove viene amalgamata con una piccola quantità di amido: tale aggiunta serve a conferire al prodotto il caratteristico aspetto cremoso. A questo punto sul prodotto viene determinato il residuo secco: in pratica, occorre stabilire quanti solidi, cioè quanta carne, quanto olio e quanta farina sono stati aggiunti, per vedere se il prodotto è troppo denso o troppo diluito.

Prima si elimina l’aria, poi si riempiono i vasetti

Poi c’è una seconda iniezione di vapore, che normalmente serve per aggiungere la quantità di acqua per arrivare alla concentrazione di carne ottimale: per legge, infatti, nel prodotto finito, cioè nell’omogeneizzato, deve essere garantito come minimo il 40 per cento di carne (o di pesce). Segue una fase molto importante, ossia viene tolta l’aria presente nell’omogeneizzato mediante un deareatore. A questo punto il prodotto viene pompato a caldo (a una temperatura intorno ai 70 gradi) nei vasetti con dosatrici automatiche che mettono dentro la quantità necessaria

Dopo che il prodotto è stato chiuso e sigillato, comincia il ciclo di sterilizzazione per eliminare tutti i microrganismi eventualmente presenti. Questo trattamento termico finale garantisce quindi la sicurezza igienica del prodotto e permette la conservazione dei vasetti a temperatura ambiente, senza l’aggiunta di conservanti. Prima dell’etichettatura e della distribuzione ai punti vendita, gli omogeneizzati sono sottoposti a una serie di analisi microbiologiche a campione. Inoltre, si controlla la tenuta del sottovuoto.

La frutta in vasetto

Il processo di trasformazione della frutta in omogeneizzato è molto più semplice. Ecco, in sintesi, come avviene.

La frutta viene raccolta a mano al giusto punto di maturazione, quindi viene ripulita di buccia, torsolo ed eventualmente nocciolo e viene macinata. La raccolta avviene una sola volta all’anno: per esempio, a giugno per le albicocche, a luglio per le pesche, a settembre per le pere, a ottobre/novembre per le mele.
Una volta pulita, la frutta viene macinata fino a diventare una purea omogenea, che viene sterilizzata e confezionata in grosse buste asettiche.
Quando arriva in stabilimento per la trasformazione in omogeneizzato, quindi, la frutta deve soltanto essere riscaldata ed eventualmente essere miscelata con altri ingredienti (per esempio, vitamine e sali minerali) o con altra frutta (se l’omogeneizzato è di frutta mista).
Infine, si crea il sottovuoto e si mette la frutta a caldo nei vasetti. Gli omogeneizzati così confezionati subiscono poi un processo di sterilizzazione, anche se più blando rispetto a quello della carne, con temperature e tempi inferiori proprio perché la frutta presenta caratteristiche microbiologiche diverse.
maryrose
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Re: Svezzamento

Messaggio da maryrose »

Formaggini in vasetto già dal quarto mese di svezzamento
I formaggini prodotti dalle aziende specializzate in alimentazione per l'infanzia sono indicati già dal quarto mese di vita.
Formaggini in vasetto già dal quarto mese di svezzamento

I formaggini

I formaggini in vasetto, infatti, sono ipolipidici, cioè a ridotto contenuto di grassi, e quindi facilmente digeribili dall’organismo del bambino anche all’inizio dello svezzamento. A differenza di molti altri tipi di formaggini, quelli per l’infanzia non contengono conservanti: il prodotto si mantiene inalterato nel tempo grazie alla sterilizzazione e a un procedimento detto di sottovuoto, tramite il quale si elimina tutto l’ossigeno presente nei vasetti. Una volta aperti, i vasetti vanno conservati in frigorifero e consumati entro 24 ore. Prima di darlo al piccolo, è bene togliere il vasetto dal frigorifero e lasciarlo qualche minuto a temperatura ambiente. I formaggini per l’infanzia risultano anche molto pratici e igienici, in quanto sono conservati in vasetti di vetro sterilizzati e sigillati ermeticamente.
maryrose
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Re: Svezzamento

Messaggio da maryrose »

Creme di cereali durante lo svezzamento
Una volta iniziato lo svezzamento, al bambino vanno proposti alimenti nuovi e indicati per la crescita: i cereali sono perfetti per donargli energia e tanti altri nutrienti importanti
Creme di cereali durante lo svezzamento

Creme di cereali

Fin dalle prime pappe (dunque dai 5-6 mesi circa), e seguendo sempre il calendario degli alimenti indicato dal pediatra, si possono offrire al bambino i cereali. Si tratta prevalentemente di farine da aggiungere al brodo vegetale: di solito, le confezioni dei prodotti per l’infanzia riportano le indicazioni delle dosi giuste. In questo modo si ottiene una crema leggera e facilmente digeribile, in genere molto gradita al bambino. Le pappe ai cereali sono indicate sia a pranzo sia a cena e si possono arricchire con il formaggio o con la carne.

Tanta energia

Quando il piccolo comincia a stare seduto e poi a gattonare, le creme a base di cereali permettono di migliorare l’apporto energetico utile all’intero organismo. In proporzione al suo peso e alla sua altezza, infatti, il bambino ha un bisogno triplicato di energia rispetto a un adulto. Con lo svezzamento, il 50% del fabbisogno quotidiano di energia del piccolo deve essere fornito da carboidrati, preferibilmente complessi, che sono presenti proprio nei cereali da aggiungere alla pappa.

Non solo zuccheri

I cereali per bambini apportano carboidrati complessi, vitamine e minerali. Rappresentano, quindi, un alimento completo. Vediamo, nel dettaglio, che cosa contengono:

carboidrati: per contribuire a soddisfare i fabbisogni nutrizionali del bambino. I carboidrati (zuccheri) rappresentano la fonte di energia pronta e disponibile: si trovano soprattutto nei cereali, come i farinacei e in particolare in pasta, riso, mais e tapioca, e nelle patate. Per questo la pappa del bebè contiene sempre almeno uno di questi alimenti, cui si può aggiungere, in alternativa, la carne omogeneizzata oppure il formaggino o, quando è il momento di introdurli, l’uovo o il pesce;
ferro, indispensabile per la formazione dei globuli rossi (cellule del sangue) e per la funzionalità del sistema immunitario, ancora fragile e immaturo fra i 6 mesi e i 3 anni del bambino;
vitamine, soprattutto quelle del gruppo B, favoriscono il funzionamento del sistema nervoso e contribuiscono a utilizzare al meglio l’energia contenuta negli alimenti.

Le quantità indicate

In genere, si raccomanda di inserire nella pappa i cereali per gradi, in base al peso e all’età del piccolo, in modo da non eccedere e causare sovraccarichi dell’organismo ancora così delicato. Le confezioni dei prodotti per bambini che si trovano in commercio riportano solitamente tutte le indicazioni da seguire, cioè le dosi giuste da offrire al bambino in base al suo peso e all’età. È necessario, comunque, sempre seguire le indicazioni del pediatra. In linea di massima comunque queste sono le dosi per pasto:

15 grammi di crema di cereali a 5-6 mesi, cioè all’inizio dello svezzamento;
20-25 grammi a 6-8 mesi,
25-30 grammi dai 9 ai 10 mesi.

Tanti tipi in commercio

L’offerta dei cereali per l’infanzia è molto vasta e comprende diversi tipi di prodotti, da usare in base all’età del bambino e alle indicazioni del pediatra.

Per iniziare

Si deve iniziare con le creme senza glutine, perché più digeribili e a minor rischio di allergie o intolleranze. Tra le soluzioni più indicate ci sono:

la crema di riso: a base di farina di riso, è altamente digeribile e quindi adatta alle capacità digestive ancora in fase di sviluppo del bambino; si stempera nel brodo facilmente e non fa grumi. È cremosa e ha un gusto delicato;
la crema di mais e tapioca: a base di farine selezionate di mais e tapioca (un vegetale derivato dal tubero della manioca, una pianta originaria dell’America del sud), ha un sapore più “dolce”, è cremosa e si mantiene morbida per tutta la durata della pappa. Non contiene glutine.

Per proseguire

Una volta avviato o svezzamento e accertato che il piccolo gradisce e digerisce bene le farine senza glutine, si può passare alle varietà con il glutine (dopo i 6 mesi in ogni caso).

le creme multicereali: di solito si tratta di un mix di farine selezionate di frumento, riso, mais, orzo, avena, farro. È di semplice e rapida preparazione, morbida, con un sapore che può risultare leggermente “tostato”.
il semolino: è un prodotto che deriva dalla macinazione dei cereali (generalmente frumento). Si presenta in forma di granelli più o meno grossolani. Ha un sapore dolce e delicato.
maryrose
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Re: Svezzamento

Messaggio da maryrose »

Che cos’è il glutine

Il glutine è una proteina che si trova in alcuni cereali, come la segale, l’avena, il grano e l’orzo. Nei bambini predisposti, può causare una malattia seria (la celiachia). Per un principio assoluto di precauzione, i cereali con glutine, di solito, vengono proposti dopo i 6 mesi. Ecco perché i primi cereali da offrire al bebè sono quelli senza glutine.

Da sapere

Le creme di cereali, senza zuccheri aggiunti, possono essere utilizzate anche nel biberon, in alternativa al classico biscottino. Naturalmente in questo caso è sufficiente un cucchiaio circa di crema da sciogliere nel latte.
La crema di riso e quella di mais e tapioca vanno fatte variare, cioè offerte per esempio una a pranzo e una a cena. Infatti, la crema di riso può risultare “astringente” per l’intestino del bambino ed è quindi meglio non darla troppo spesso.
È meglio versare la pappa un pochino per volta nel suo piattino (talvolta, infatti, il bambino non riesce a mangiarla tutta i): la parte eccedente può essere conservata per il pasto successivo, per esempio per la cena.
Il bambino ha ovviamente i suoi gusti e le sue preferenze: vanno assecondate, dopo aver fatto provare al piccolo i vari di tipi di creme a disposizione e in base alla sua età.
Evitare i “miscugli” fai-da-te, magari per finire una confezione aperta: si rischia di fare dei gran pasticci, oltre che a creare mix nutrizionali poco indicati.
Le pappe a base di cereali non vanno sovraccaricate di condimenti o di altri ingredienti: sono sì la base dei pasti, ma devono rimanere leggere e preparate sempre seguendo le indicazioni del pediatra.
Le creme ai cereali sono pratiche anche da portare fuori casa: è sufficiente preparare prima il brodo vegetale e conservarlo in un thermos. La quantità giusta di crema ai cereali da aggiungere può essere conservata in un contenitore ermetico.
Bisogna sempre acquistare prodotti specifici per l’infanzia, perché si tratta di alimenti studiati per offrire al bambino i giusti nutrienti senza sovraccaricare il suo organismo.
hope33
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Re: Svezzamento

Messaggio da hope33 »

Biscottini per il bambino durante lo svezzamento
Le tipologie di biscotti indicati durante lo svezzamento del bambino, privi di glutine per evitare la celiachia
Biscottini per il bambino durante lo svezzamento

Biscottini

I biscottini per l’infanzia sono privi di glutine, una proteina presente in alcuni cereali (frumento, orzo, segale e avena). Nei bambini predisposti, questa sostanza potrebbe provocare la celiachia, un disturbo molto serio che colpisce l’intestino impedendogli di svolgere la sua funzione di assorbimento delle sostanze contenute negli alimenti. I biscotti per i più piccoli sono preparati con farine diastasate, che sono state cioè sottoposte a un particolare procedimento che le rende meglio assimilabili da parte dell’organismo del bambino. In pratica, l’amido (che è uno zucchero complesso) presente nelle farine viene frantumato in zuccheri più semplici, più facilmente digeribili dal piccolo. Fino all’anno di età sono sconsigliati i biscotti contenenti l’uovo, in quanto questo alimento potrebbe provocare, nei bambini predisposti, problemi di allergia. Hanno un contenuto di grassi inferiore a quello dei biscotti tradizionali: mediamente soltanto da 8 a 10 g per 100 g di alimento. Infine, come tutti i prodotti destinati all’alimentazione dell’infanzia, sono sottoposti a particolari standard di igiene e sicurezza, stabiliti dal Ministero della Salute, che le aziende si impegnano a rispettare.

Quelli granulari

Molti pratici per i primi mesi risultano i biscotti granulati, identici dal punto di vista nutrizionale a quelli solubili interi ma più facilmente dosabili. Basta, infatti, aggiungerli al biberon del latte caldo. Il composto si scioglie molto facilmente in maniera omogenea e senza grumi. I biscotti granulati sono in commercio in scatole di latta che va sempre richiusa dopo l’uso in modo da mantenere sempre fresco e integro il prodotto (sia nel gusto sia nelle sostanze nutritive).
hope33
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Re: Svezzamento

Messaggio da hope33 »

Acqua minerale per biberon e pappe
Nonostante l'acqua distribuita dai rubinetti italiani sia quasi sempre sicura, le sue caratteristiche chimiche e fisiche variano molto da località a località, inoltre la concentrazione di sali minerali non è sempre adatta al neonato
Acqua minerale per biberon e pappe

Acqua minerale

È opportuno che il bebè beva acque garantite igienicamente, non trattate e con una composizione chimica definita. Le più indicate sono quelle a bassa o bassissima mineralizzazione (oligominerali), che non devono superare il limite di 500 mg per litro. Sono definite “minerali naturali” le acque che, avendo origine da una falda o da un giacimento sotterraneo, hanno caratteristiche di purezza e conservazione, un buon tenore in minerali, oligoelementi e altri costituenti importanti per la salute. L’acqua poco mineralizzata favorisce la diuresi e l’eliminazione delle scorie metaboliche (urea, creatinina, acido urico). Ha un bassissimo tenore di arsenico, nitrati e fluoro, mentre più sostanziosi possono essere il calcio e il magnesio. L’acqua adatta ai bambini deve anche essere microbiologicamente pura e priva di inquinanti chimici e contenere poco sodio (sotto i 20 mg/l), responsabile, secondo alcuni studi scientifici, di ipertensione arteriosa. Dal punto di vista igienico, quella in bottiglia è un’acqua sicura: non ci sono contaminazioni microbiologiche e il confezionamento è regolamentato in maniera molto rigida.

Per il biberon e le prime pappe

Le acque oligominerali a bassa mineralizzazione sono le più adatte anche per preparare il biberon (se il bebè è nutrito con il latte formulato) la preparazione dalla pappa del bebè. Grazie alla loro ipotonicità (bassa concentrazione di minerali), non alterano la composizione del latte in polvere, esercitano una buona azione solvente, rendendolo più digeribile, e non affaticano i reni, grazie alla bassa quota di soluti (sostanze disciolte nel sangue che devono essere filtrate dal rene). Inoltre, la purezza microbiologica ne consente l’utilizzo senza bollitura (che invece è indispensabile se si impiega l’acqua potabile del rubinetto, un’operazione che tende a privare l’acqua dei gas disciolti e a far precipitare alcuni sali minerali).
hope33
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Re: Svezzamento

Messaggio da hope33 »

Il bambino distingue i sapori durante lo svezzamento
Anche il bebè è in grado di distinguere i quattro sapori principali e quello dolce è sicuramente il suo preferito
Il bambino distingue i sapori durante lo svezzamento

I suoi primi assaggi

Fin dalla nascita il bambino è in grado di riconoscere i quattro sapori fondamentali (dolce, amaro, salato e acido). Si tratta di una capacità innata che, secondo alcuni studi, il feto manifesta già nel corso della gravidanza, riconoscendo il sapore del liquido amniotico, che varia a seconda degli alimenti ingeriti dalla mamma.

Già nella vita prenatale, il feto sembrerebbe rivelare una predilezione per il gusto dolce che prosegue dopo la nascita. Il latte, materno o formulato, ha infatti un sapore inconfondibilmente dolce che si adatta al gusto innato del bambino. La scoperta dei nuovi cibi e dei nuovi sapori che lo svezzamento comporta avvia la formazione del gusto personale del piccolo. In questi mesi, infatti, il bebè supera la diffidenza, al principio del tutto naturale, verso i gusti nuovi, che devono essere introdotti con gradualità e riproposti con regolarità, per permettere al piccolo di abituarsi a essi. Anche gli altri sensi contribuiscono allo sviluppo del gusto del bebè. Il bambino individua i suoi cibi preferiti anche sulla base dell’olfatto (grazie all’odore emanato dal cibo), del tatto (molto importante è la manipolazione degli alimenti: divertirsi a “pasticciare” aiuta a porre le basi per un buon rapporto con il cibo), della vista (il piccolo può essere attratto anche dal colore di ciò che gli viene presentato nel piatto). Il senso del gusto dipende da una molecola chiamata adenosintrifosfato (Atp). È questa sostanza a fare da messaggero al cervello, trasmettendo le informazioni provenienti dalle papille gustative e permettendoci di riconoscere il sapore dei cibi e provare sensazioni di piacere o di disgusto per certi alimenti e bevande.

Il gusto è più sensibile nei grandicelli

La sede dell’organo del gusto è la lingua dove si trovano le gemme gustative (o calici gustativi), strutture a forma di fiasco situate nelle papille fungiformi e circumvallate dell’epitelio della lingua. La sensazione gustativa è legata alla stimolazione delle gemme gustative da parte delle varie sostanze che vengono introdotte in bocca e che, dopo essere state disciolte nella saliva, sono in grado di generare impulsi che, attraverso le vie nervose gustative, raggiungono il cervello. Le gemme per il dolce sono particolarmente concentrate sulla punta della lingua, per l’amaro alla base, per l’acido sui bordi, mentre la sensibilità per il salato sarebbe distribuita uniformemente su tutta la superficie della lingua. La capacità gustativa, scarsa nel neonato, diventa invece molto bene sviluppata nel bambino e nell’adolescente per tendere poi ad affievolirsi con l’avanzare dell’età.

No al salato e al dolce

Nel primo anno di vita si dovrebbe evitare di aggiungere il sale e lo zucchero alle pappe del bimbo per non abituare il suo palato a un gusto troppo salato o, al contrario, troppo dolce, che potrebbe poi condizionare le sue preferenze successive. Per questo è importante che i genitori educhino il bambino a mangiare correttamente fin da piccolo. Inoltre, l’abitudine a mangiare cibi molto salati o eccessivamente dolci può predisporre il bambino ad alcune malattie dell’età adulta, rispettivamente la pressione alta e l’obesità. Ciò è dovuto al fatto che, se si consumano cibi molto salati o dolci già da piccoli, si sarà portati poi ad aggiungere ai piatti più sale o più zucchero anche da adulti. Per questo, anche dopo l’anno di età, è consigliabile fare un uso moderato di sale o zucchero e di altri cibi molto dolci, come la marmellata o il miele. Il bimbo apprezzerà, comunque, il gusto naturale degli alimenti, in quanto il suo palato trova soddisfazione da sapori molto delicati: anche pietanze che ai genitori sembrano insipide, al piccolo in realtà piacciono.

Lo zucchero

Il bebè nasce con una naturale propensione per il sapore dolce del latte: si tratta di un gusto estremamente delicato che ha ben poco a che vedere con il sapore dolce cui può pensare un adulto. Fino all’anno di età, quindi, è bene non zuccherare ulteriormente le pappe del piccolo per non abituarlo ai sapori troppo intensi e avviarlo, invece, verso un’alimentazione sana ed equilibrata. Inoltre, molti cibi, come la frutta o il latte, sono già dolci per natura, quindi non è il caso di fare ulteriori aggiunte a questi alimenti. Oltre a diseducare il gusto del bambino, infatti, lo si esporrebbe maggiormente al rischio di carie, l’erosione dello smalto dei denti, favorita dalla fermentazione dei residui di zucchero in bocca. Un eccesso di zucchero può, poi, predisporre a problemi come l’obesità. È poi assolutamente da evitare l’abitudine (purtroppo ancora molto diffusa) di intingere il succhietto nello zucchero o, peggio ancora nel miele (a rischio di allergia nel primo anno di età), nella convinzione di renderlo più gradito al bebè. Per i più piccoli sono disponibili in commercio succhi di frutta, bevande (come tè o camomilla) e omogeneizzati di frutta poco o per nulla zuccherati, che risultano, comunque, molto gradevoli per il palato del bambino. In ogni caso, se si danno bevande zuccherate al piccolo, bisogna evitare di offrirgliele con il biberon, perché in questo modo lo zucchero rimarrebbe troppo tempo a contatto con i denti, favorendo la carie.
laila
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Re: Svezzamento

Messaggio da laila »

Lo svezzamento e le allergie
Sarà allergico alla pappa? Il dubbio può presentarsi nei genitori proprio all’inizio dello svezzamento, quando il bebè abbandona una dieta a base di solo latte per cominciare ad assaggiare diverse varietà di cibi
Lo svezzamento e le allergie

L’organismo esagera

Per reazione allergica si intende una risposta esagerata del sistema immunitario (cioè di difesa naturale dell’organismo) nei confronti di sostanze che sono normalmente innocue per la maggior parte delle persone: per esempio, alcuni alimenti, i pollini, gli acari della polvere (minuscoli animaletti che proliferano negli ambienti caldo-umidi come moquette, divani, materassi e peluche), certi metalli e il pelo degli animali. Il sistema immunitario della persona allergica individua la sostanza (allergene) come un nemico e la combatte producendo anticorpi specifici di tipo E (IgE o reagine). La reazione allergica, però, non si manifesta in occasione del primo incontro con l’allergene. Ma solo in seguito, dopo la formazione di anticorpi (elementi del sistema immunitario) specifici contro di esso. Sono proprio gli anticorpi prodotti contro l’allergene che, legandosi a esso, stimolano la liberazione delle sostanze responsabili (in particolare l’istamina) della manifestazione allergica come, per esempio, l’asma o il prurito.

Importante la predisposizione

Il bambino non nasce allergico ma eredita dai genitori la predisposizione a sviluppare un’allergia. Non è detto, però, che si tratti dello stesso tipo di cui soffrono la mamma o il papà: l’allergia sviluppata, infatti, può essere diversa sia per quanto riguarda la forma di reazione sia per l’allergene (agente responsabile). Se entrambi i genitori sono allergici a qualche sostanza, vi è più del 50 per cento delle possibilità che anche il piccolo sia colpito da qualche manifestazione allergica. Ma anche i piccoli nati da genitori non allergici possono sviluppare un’allergia durante i primi anni di vita, ma con una probabilità che si aggira intorno al 10-15 per cento.

Il primo anno di vita, un periodo a rischio

Le allergie alimentari si manifestano, in genere, entro il primo anno di vita del piccolo, durante lo svezzamento, cioè quando si introducono nella sua dieta sostanze fino ad allora sconosciute al suo organismo. La reazione allergica, in questo caso, è per lo più dovuta all’immaturità dell’apparato gastrointestinale (cioè stomaco e intestino) del bambino ed è perciò destinata, in genere, a scomparire con la crescita. Le sostanze a rischio sono le proteine. In caso di allergia a un dato alimento, a livello cutaneo (cioè della pelle) possono comparire macchie, gonfiori e prurito; più in generale il piccolo può avere nausea, vomito, diarrea, formazione di gas nell’intestino, mal di testa e, più raramente, problemi di carattere respiratorio (asma).

Come si scopre

Se il pediatra sospetta la presenza di una o più allergie può prescrivere un esame specifico sulla pelle, il prick test. Può essere effettuato anche sul neonato, solitamente sul braccino. Attraverso l’esame, si stimola la pelle del bambino con una serie di allergeni, cioè le sostanze capaci di scatenare un’allergia e si osservano le reazioni. Se la pelle non si arrossa, vuol dire che il bambino non è allergico; se, invece, la pelle si arrossa e compare un gonfiore è probabile che il bambino sia allergico e nel caso si richiederanno altri esami più specifici. La risposta al prick test si ha nel giro di quindici minuti circa.
laila
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Re: Svezzamento

Messaggio da laila »

Le regole di prevenzione

Prolungare l’allattamento al seno

È certo ormai che l’allattamento materno è l’alimento più adatto per il neonato, anche come strumento preventivo delle allergie. Il latte della mamma contiene, infatti, i diversi nutrienti nelle proporzioni più adatte alle esigenze del piccolo e nulla più: è ridotto al minimo, quindi, il rischio di sviluppare reazioni alle sue componenti. Ogni nuova sostanza, in teoria, è capace di scatenare nel neonato una risposta allergica; fra tutti i nutrienti contenuti in genere nei cibi sono le proteine quelle maggiormente responsabili di tali fenomeni. Le proteine del latte materno sono, però, tutte autologhe, cioè dello stesso tipo di quelle del bebè ed è difficile dunque che si comportino da allergeni (cioè in grado di scatenare una reazione): in altre parole, l’organismo del bambino non le distingue nemmeno dalle proprie proteine e non le considera, perciò, sostanze estranee, potenzialmente nocive. Il latte della mamma sembra peraltro capace di ridurre la probabilità delle allergie in generale anche nel bambino più grandicello, proprio in virtù delle sue caratteristiche di tollerabilità. Occorre, però, fare attenzione all’alimentazione della mamma: se la sua dieta contiene cibi che si comportano da allergeni più facilmente di altri (come l’uovo, il latte, il pesce, i crostacei o la frutta secca) essi possono indirettamente sensibilizzare il lattante. Infatti, una quota delle proteine in essi contenute, questa volta eterologhe, cioè diverse da quelle del bebè, passa nel latte e può così “stuzzicare” il sistema immunitario del piccolo.

Posticipare lo svezzamento

Ritardando l’introduzione degli alimenti, si permette all’apparato intestinale del piccolo di raggiungere la maturità che gli consente di assimilare senza problemi il maggior numero di nutrienti. A questo scopo è anche fondamentale rispettare scrupolosamente il calendario di introduzione degli alimenti indicato dal pediatra.

Evitare gli alimenti allergizzanti

Alcuni alimenti sono tipicamente più capaci di scatenare le allergie, sia per le particolari proteine in essi contenute, sia perché contengono altre sostanze che partecipano al fenomeno allergico. È il caso dell’istamina, cui non si è allergici, ma che direttamente responsabile dei sintomi. Questi sono i cibi da introdurre in assoluto il più tardi possibile, secondo un calendario ben preciso, stabilito dal pediatra, e rigorosamente uno alla volta, in modo da renderne semplice il riconoscimento nel caso che il bebè manifestasse all’improvviso un’allergia. Vediamo i più comuni:

l’uovo
il pesce
il latte e i suoi derivati (formaggi, yogurt)
la frutta secca (nocciole, noci, arachidi, mandorle)
il pomodoro
le fragole
la soia
i derivati del grano (pasta, pane).

Attenzione all’etichetta

La Direttiva CE 2003/89 ha stabilito, sulla base di indicazioni del Comitato Scientifico per l’Alimentazione Umana, un elenco di allergeni alimentari comuni, che devono sempre essere indicati quando presenti. Essa prevede inoltre che vengano segnalati gli ingredienti composti (per esempio yogurt, pasta, cioccolato) quando costituiscono oltre il 2 per cento del prodotto finito. Se, poi, essi contengono allergeni, il produttore deve indicarli (nel caso, per esempio, di una farcitura con crema alle nocciole, l’etichetta del prodotto deve segnalare “contiene nocciole”).

Ecco gli allergeni più a rischio:

cereali contenenti glutine (cioè grano, segale, orzo, avena, farro, kamut) e prodotti derivati;
crostacei e prodotti a base di crostacei;
uova e prodotti a base di uova;
pesce e prodotti a base di pesce;
arachidi e prodotti a base di arachidi;
soia e prodotti a base di soia;
latte e prodotti a base di latte (compreso il lattosio, lo zucchero del latte);
frutta secca a guscio:
mandorle (Amigdalus communis L.);
nocciole (Corylus avellana);
noci comuni (Juglans regia);
noci di acagiù (Anacardium occidentale);
noci pecan (Carya illinoiesis);
noci del Brasile (Bertholletia excelsa);
pistacchi (Pistacia vera);
noci del Queensland (Macadamia ternifolia);
sedano e prodotti a base di sedano;
senape e prodotti a base di senape;
semi di sesamo;
anidride solforosa e solfiti (conservanti) in concentrazioni superiori a 10 mg/Kg o 10 mg/l .

L’indicazione degli allergeni è obbligatoria anche quando:

vengono dichiarati allergeni con il nome della categoria: la dicitura “farina di cereali” non è più sufficiente, ma è necessaria l’esplicita dichiarazione “contiene glutine”;
sono citati ingredienti complessi (per esempio: se è presente cioccolato al latte, il termine “latte” deve essere precisato);
un allergene è contenuto in un additivo, come la lecitina di soia nel cioccolato;
un allergene funge da supporto o solvente di aromi: per esempio, in caso di aroma di fragola che ha come supporto latte in polvere l’etichetta deve segnalare anche la presenza di latte;
un allergene è parte di un additivo (per esempio, va riportata la farina di frumento impiegata per facilitare il distacco di un prodotto dolciario da forno dalla rispettiva formella o dal piano di cottura).
laila
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Re: Svezzamento

Messaggio da laila »

Glutine, celiachia e intolleranze durante lo svezzamento
Sono disturbi sempre più diffusi soprattutto tra i bambini e occorre tenerne conto fin dall'introduzione delle prime pappe
Glutine, celiachia e intolleranze durante lo svezzamento

Glutine: se non lo tollera?

Una persistente intolleranza a questa proteina, contenuta nel frumento e in altri cereali, potrebbe segnalare la celiachia, un disturbo che altera i tessuti dell’intestino e ostacola la crescita del bebè. In questo caso bisogna subito eliminarla dall’alimentazione bimbo

Che cos’è la celiachia

La celiachia consiste in un’intolleranza al glutine che può manifestarsi a varie età: già dal sesto – settimo mese di vita oppure più tardi, nel periodo della scuola elementare, nell’adolescenza o da adulti. Il glutine è una sostanza presente in alcuni cereali che contengono amido; la sua parte proteica, che è quella che lo caratterizza, è la gliadina. Il glutine è particolarmente ricco di gliadina in alcuni cereali (grano, segale, avena e orzo), da cui si ricavano le farine e la semola per il pane, la pasta e i dolci, e che entrano nella composizione di un’enorme varietà di alimenti di produzione industriale. Si calcola che almeno una persona su centocinquanta sia intollerante alla gliadina. Agendo con due diversi meccanismi (uno direttamente tossico e l’altro di “risposta” immunologica), questa proteina scatena una reazione a livello della mucosa intestinale (il tessuto di rivestimento interno dell’intestino), che ha il compito di assorbire i nutrienti, e in particolare del digiuno, cioè il tratto di intestino tenue in cui avviene una parte importante dell’assorbimento, danneggiandoli. Il risultato è che i villi intestinali (una sorta di peluria della mucosa, il tessuto di rivestimento interno ) a poco a poco si riducono di dimensione fino a non emergere più dalla mucosa e, quindi, a non poter più svolgere la loro funzione, che è quella di assorbire i nutrienti, provocando così una condizione di malassorbimento.

Il meccanismo alla base

Il più delle volte la celiachia è scatenata dal contatto precoce con il glutine che si verifica offrendo al bebè alimenti a base di farina o cereali prima dei sei mesi di vita, quando cioè il delicato organismo del piccolo non è ancora pronto a ricevere questa sostanza. Le reazioni della celiachia sono, infatti, legate all’azione di alcuni anticorpi (sostanze che il sistema immunitario, cioè di difesa naturale) nei confronti della gliadina (componente del glutine) scambiata per un agente nocivo. Per questo motivo, nei primi sei mesi di vita, occorre offrire al piccolo esclusivamente alimenti privi di glutine, come la crema di riso e la farina di mais e tapioca (tubero).

Non va confusa con le altre allergie alimentari

La differenza fondamentale rispetto, per esempio, all’allergia alle proteine del latte o a quella all’uovo, è il fatto che queste ultime sono caratterizzate da risposte immediate molto ravvicinate rispetto al consumo dell’alimento, mentre la celiachia insorge molto lentamente e i disturbi collegati compaiono dopo alcune settimane o addirittura mesi rispetto all’introduzione del glutine. Anche il meccanismo che porta alla enteropatia è diverso rispetto alle forme più classiche di allergia.

Come si riconosce

Ci sono forme di celiachia tipiche che si manifestano generalmente nel bambino dopo lo svezzamento con sintomi caratteristici che sono la diarrea cronica, l’inappetenza, il cambiamento d’umore, il calo di peso, l’addome gonfio. Da queste situazioni piuttosto caratteristiche è facile avanzare un sospetto di celiachia, ma nella maggioranza dei casi il bimbo non mostra segnali così evidenti del disturbo. Si parla, allora, di forme atipiche, in cui per esempio il bambino presenta un solo disturbo che magari non riguarda neanche l’intestino. Per esempio un’anemia da carenza di ferro che non risponde alla somministrazione di ferro per bocca può essere causata dalla celiachia, così come l’osteoporosi (malattia delle ossa), un dolore addominale cronico, una dermatite erpetiforme (patologia della pelle), una bassa statura. Se i genitori si accorgono della presenza anche di uno solo di questi problemi, è bene che lo segnalino al pediatra, in modo che possa indagare se il piccolo soffre di celiachia.

Sono necessari alcuni esami

Esistono test molto raffinati in grado di individuare con certezza la celiachia in bambini e adulti. Si tratta di esami del sangue, disponibili nella maggior parte dei laboratori, che rilevano la presenza degli anticorpi (sostanze di difesa) messi in circolo dall’organismo in caso di celiachia. Ecco quali sono:

ricerca di anticorpi anti-endomisio: individua gli anticorpi, scatenati dalla celiachia, che attaccano l’endomisio, la membrana che avvolge i muscoli dell’intestino.
ricerca di anticorpi anti-transglutaminasi tessutale: rileva la presenza anomala di anticorpi contro proteine costituenti i tessuti.

Se questi esami danno esito positivo si procede a una biopsia di controllo, un esame invasivo che analizza un frammento di intestino per rilevare le eventuali lesioni provocate dalla celiachia. Fino a poco tempo fa, era l’unico esame disponibile per scoprire questa malattia e se ne dovevano eseguire addirittura tre per avere una conferma definitiva.
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