sposina, anche questo è molto interessante. Comunque questo che ha pubblicato baum, è il primo caso che sento dal meridione. Questoo dimostra che sono sempre di piu le persone che ricorrono alla surrogazione, quindi giudici ed avvocati, ci stanno facendo l'abitudine!lasposina ha scritto:ho trovato anche questo, molto interessante. Fa una panoramica generale dei posti in cui si fa surrogazione. date uno sguardo
http://www.internazionale.it/opinione/c ... -surrogata
vi cito alcuni importanti punti:
"OPINIONI
La maternità surrogata ha bisogno di più regole e meno polemiche"
"L’informazione parziale sul fenomeno è diventata un’arma per continuare a negare i diritti delle coppie di persone dello stesso sesso"
"La strada da seguire non è quella del divieto ma della regolamentazione"
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Re: ARTICOLI & NEWS
Non credo si tratti di abitudine, forse c'è semplicemente maggiore sensibilità nei confronti di chi adotta questa pratica. Forse c'è anche un po di pressione dall'Europa, che sicuramente è piu avanzata di noi su questo. Noto però la differenza, tra i tribunali del sud e del nord Italia... sicuramente al sud c'è piu tolleranzayeappi ha scritto: sposina, anche questo è molto interessante. Comunque questo che ha pubblicato baum, è il primo caso che sento dal meridione. Questoo dimostra che sono sempre di piu le persone che ricorrono alla surrogazione, quindi giudici ed avvocati, ci stanno facendo l'abitudine!
Re: ARTICOLI & NEWS
Perchè dovrebbero chiudere un occhio? andrebbero contro il loro regolamento. il problema non è dell'ambasciata, il problema è alla base, sono le leggi italiane che impongono questi controlli. non ci possiamo fare proprio nientekika ha scritto: Baum, era un affermazione ironica. So che e loro dovere, ma certe volte potrebbero anche chiudere un occhio. Ma che domande possono fare in ambasciata una volta che ti presenti con il bambino?
Re: ARTICOLI & NEWS
questo è un altro bell'articolo, molto interessante.
Maternità surrogata, tra l’etica e la libertà di essere madre
La tecnologia sta cambiando il concetto di maternità, ma la legge italiana non si adegua e vieta di ricorrere a una madre surrogata per poter avere un figlio con il proprio dna. Difesa della genitorialità o pura questione etica?
La maternità è una certezza bilaterale, sia per quanto riguarda la donna, sia per il figlio che si porta in grembo. Sembra quindi innaturale tagliare questo filo che da sempre lega gli esseri umani in una catena imperfetta, di possibilità e di negazioni, di vita e di morte. La tecnologia sta cambiando però il concetto stesso di maternità, introducendo nel processo del concepimento la maternità surrogata, volgarmente conosciuta anche come “utero in affitto”. Un metodo utilizzato per problemi di sterilità, di salute o per impossibilità di concepimento (come nel caso delle coppie omosessuali) con cui si affida il proprio ovulo, fecondato in vitro, così come la gestazione e il parto a un’altra donna, pagata per portare avanti la gravidanza al posto della madre naturale. Un processo molto complesso, che se da una parte sconvolge le certezze e le leggi naturali, dall’altra non fa che riparare gli anelli di quella catena difettosa. Sono necessarie però forme di tutela per tutti i diretti interessati al concepimento, per far sì che non vi sia alcuna forma di sfruttamento o di rischio.
Ci si chiede però se sia davvero lecito usufruire della tecnologia per variare le leggi naturali, correggendo gli errori e dando a tutti la possibilità di generare. Ci si chiede se non sia in realtà il caso di lasciare che la catena rimanga difettosa, rispettando i ritmi naturali, rinunciando alle proprie esigenze di essere umano. Eppure se la possibilità di coronare il proprio sogno di diventare genitori non manca, perché non mettere in pratica le possibilità che lo sviluppo tecnologico mette a disposizione? I vari tipi di maternità, inclusa la non maternità, sono una scelta vincolata dalla libertà di ogni singolo essere umano, ma che non viene tutelata dalla legge. Sì, perché la maternità surrogata sembra essere un tabù in Italia, o meglio, una di quelle questioni di cui tutti sono a conoscenza, ma su cui lo Stato si rifiuta di legiferare. Un campo minato di svariate posizioni ideologiche, in cui grava la questione di natura etica, a cui si aggiunge la potente spinta religiosa, che si oppone e non previene situazioni illegali.
Eppure per gli osservatori, quello della maternità surrogata sarebbe un fenomeno in crescita, incentivato da centinaia di coppie che scelgono di avere figli con gli ovuli di una donatrice e il grembo di un’altra donna. Lo stesso dna, ma una variazione nel processo di gestazione, che non viene però accettato come tale. O almeno, non Italia. Così, aspiranti mamme e papà partono per i paesi dove la maternità surrogata è legale: alcuni Stati americani, il Canada, la Russia, l’Ucraina e l’India e con alcune limitazioni anche l’Inghilterra hanno infatti dato il via libero a questo processo, che in Italia però incontra numerosi problemi legali. Ogni anno circa 100-150 coppie vanno all’estero (una stima, non ci sono dati meno generici) per cercare un figlio affidandone la gestazione a donne pagate per portare avanti una gravidanza non altrimenti possibile.
D’altra parte però questo processo di concepimento è visto anche come un business che va al di là del semplice desiderio materno. Per avere un figlio da mamma a tempo determinato occorrono cifre consistenti: fino a 120 mila euro negli Stati Uniti, 30-40 mila euro in Ucraina. Solo 25 mila in India. Un affare da milioni di euro che serve a garantire la filiera di documenti, l’assistenza sanitaria e le tutele legali. Resta però l’incubo del ritorno, del procedimento penale, così come la possibilità reale di perdere il figlio a causa di decisioni istituzionali, che cambiano di volta in volta senza dare alcun tipo di certezza. A causa della mancata tutela dello Stato italiano, molte coppie sono costrette a falsificare documenti e commettere reati per poter portare i figli a casa dai paesi in cui sono stati generati. Si rischia però fino a 15 anni di carcere per il reato di alterazione di stato, ovvero la falsa dichiarazione del certificato di nascita. Un processo che lede gli stessi figli, che rischiano di essere sballottati da una parte e dall’alta, perdendo la propria identità una volta cresciuti, ma anche la stessa libertà e possibilità di generare e mettere al mondo una nuova vita. Eppure il fine non sembra giustificare i mezzi per chi fa delle proprio certezze e concezioni datate l’ideale della propria esistenza.
Si viene al mondo con poche certezze e si attraversa la vita chiedendosi ogni giorno il senso di questa esistenza. Le mancanze, i vuoti e la brama di sapere non sembrano mai colmarsi e con il passare del tempo l’avanzare della tecnologia e le scoperte in grado di rivoluzionare il modus vivendi collettivo, tagliano le radici di quelle piccole certezze conquistate, quelle a cui ci si aggrappa per sopravvivere e di cui veniamo a conoscenza insieme al primo respiro, stringendo il dito di chi ci ha messo al mondo. Nasciamo e cresciamo, appoggiandoci a due pilastri indispensabili, come frutto di una genitorialità che un tempo era un semplice atto naturale e che oggi sta subendo una trasformazione che fa paura. Quando non si hanno delle risposte soddisfacenti, non si è pronti ad accumulare punti di domanda e si teme che un minimo cambiamento possa sconvolgere l’equilibrio che tutti cerchiamo. Come se non bastasse, vi è anche una complessa questione etica, politica e religiosa che fa da sfondo a una problematica aperta che sembra perdere di vista l’elemento più importate: la libertà di essere donna.
Maternità surrogata, tra l’etica e la libertà di essere madre
La tecnologia sta cambiando il concetto di maternità, ma la legge italiana non si adegua e vieta di ricorrere a una madre surrogata per poter avere un figlio con il proprio dna. Difesa della genitorialità o pura questione etica?
La maternità è una certezza bilaterale, sia per quanto riguarda la donna, sia per il figlio che si porta in grembo. Sembra quindi innaturale tagliare questo filo che da sempre lega gli esseri umani in una catena imperfetta, di possibilità e di negazioni, di vita e di morte. La tecnologia sta cambiando però il concetto stesso di maternità, introducendo nel processo del concepimento la maternità surrogata, volgarmente conosciuta anche come “utero in affitto”. Un metodo utilizzato per problemi di sterilità, di salute o per impossibilità di concepimento (come nel caso delle coppie omosessuali) con cui si affida il proprio ovulo, fecondato in vitro, così come la gestazione e il parto a un’altra donna, pagata per portare avanti la gravidanza al posto della madre naturale. Un processo molto complesso, che se da una parte sconvolge le certezze e le leggi naturali, dall’altra non fa che riparare gli anelli di quella catena difettosa. Sono necessarie però forme di tutela per tutti i diretti interessati al concepimento, per far sì che non vi sia alcuna forma di sfruttamento o di rischio.
Ci si chiede però se sia davvero lecito usufruire della tecnologia per variare le leggi naturali, correggendo gli errori e dando a tutti la possibilità di generare. Ci si chiede se non sia in realtà il caso di lasciare che la catena rimanga difettosa, rispettando i ritmi naturali, rinunciando alle proprie esigenze di essere umano. Eppure se la possibilità di coronare il proprio sogno di diventare genitori non manca, perché non mettere in pratica le possibilità che lo sviluppo tecnologico mette a disposizione? I vari tipi di maternità, inclusa la non maternità, sono una scelta vincolata dalla libertà di ogni singolo essere umano, ma che non viene tutelata dalla legge. Sì, perché la maternità surrogata sembra essere un tabù in Italia, o meglio, una di quelle questioni di cui tutti sono a conoscenza, ma su cui lo Stato si rifiuta di legiferare. Un campo minato di svariate posizioni ideologiche, in cui grava la questione di natura etica, a cui si aggiunge la potente spinta religiosa, che si oppone e non previene situazioni illegali.
Eppure per gli osservatori, quello della maternità surrogata sarebbe un fenomeno in crescita, incentivato da centinaia di coppie che scelgono di avere figli con gli ovuli di una donatrice e il grembo di un’altra donna. Lo stesso dna, ma una variazione nel processo di gestazione, che non viene però accettato come tale. O almeno, non Italia. Così, aspiranti mamme e papà partono per i paesi dove la maternità surrogata è legale: alcuni Stati americani, il Canada, la Russia, l’Ucraina e l’India e con alcune limitazioni anche l’Inghilterra hanno infatti dato il via libero a questo processo, che in Italia però incontra numerosi problemi legali. Ogni anno circa 100-150 coppie vanno all’estero (una stima, non ci sono dati meno generici) per cercare un figlio affidandone la gestazione a donne pagate per portare avanti una gravidanza non altrimenti possibile.
D’altra parte però questo processo di concepimento è visto anche come un business che va al di là del semplice desiderio materno. Per avere un figlio da mamma a tempo determinato occorrono cifre consistenti: fino a 120 mila euro negli Stati Uniti, 30-40 mila euro in Ucraina. Solo 25 mila in India. Un affare da milioni di euro che serve a garantire la filiera di documenti, l’assistenza sanitaria e le tutele legali. Resta però l’incubo del ritorno, del procedimento penale, così come la possibilità reale di perdere il figlio a causa di decisioni istituzionali, che cambiano di volta in volta senza dare alcun tipo di certezza. A causa della mancata tutela dello Stato italiano, molte coppie sono costrette a falsificare documenti e commettere reati per poter portare i figli a casa dai paesi in cui sono stati generati. Si rischia però fino a 15 anni di carcere per il reato di alterazione di stato, ovvero la falsa dichiarazione del certificato di nascita. Un processo che lede gli stessi figli, che rischiano di essere sballottati da una parte e dall’alta, perdendo la propria identità una volta cresciuti, ma anche la stessa libertà e possibilità di generare e mettere al mondo una nuova vita. Eppure il fine non sembra giustificare i mezzi per chi fa delle proprio certezze e concezioni datate l’ideale della propria esistenza.
Si viene al mondo con poche certezze e si attraversa la vita chiedendosi ogni giorno il senso di questa esistenza. Le mancanze, i vuoti e la brama di sapere non sembrano mai colmarsi e con il passare del tempo l’avanzare della tecnologia e le scoperte in grado di rivoluzionare il modus vivendi collettivo, tagliano le radici di quelle piccole certezze conquistate, quelle a cui ci si aggrappa per sopravvivere e di cui veniamo a conoscenza insieme al primo respiro, stringendo il dito di chi ci ha messo al mondo. Nasciamo e cresciamo, appoggiandoci a due pilastri indispensabili, come frutto di una genitorialità che un tempo era un semplice atto naturale e che oggi sta subendo una trasformazione che fa paura. Quando non si hanno delle risposte soddisfacenti, non si è pronti ad accumulare punti di domanda e si teme che un minimo cambiamento possa sconvolgere l’equilibrio che tutti cerchiamo. Come se non bastasse, vi è anche una complessa questione etica, politica e religiosa che fa da sfondo a una problematica aperta che sembra perdere di vista l’elemento più importate: la libertà di essere donna.
Re: ARTICOLI & NEWS
Utero in affitto, sarà legale anche in Italia? La proposta in Parlamento
Il dibattito sul ddl Cirinnà e il riconoscimento delle unioni civili gay, sta portando alla ribalta il tema dell’utero in affitto in Italia. La surrogazione di maternità, come è correttamente definita in ambito medico, è oggetto di dibattito nonostante il testo non ne parli. Dal centrodestra e da ambienti cattolici del PD si è alzato il grido di battaglia, arrivando a proporre una modifica choc alla legge 40, che regola la fecondazione assistita in Italia. Un gruppo di senatori di Area Popolare e Forza Italia, tra cui Carlo Giovanardi, Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella, Lucio Malan e Maurizio Gasparri, hanno deciso di chiedere che l’utero in affitto diventi reato universale e che i genitori di bambini nati all’estero con la surrogazione di maternità vengano perseguiti dalla legge. Al di là delle polemiche, cerchiamo di fare chiarezza e di capire se l’utero in affitto diventerà legale in Italia.
In Italia, secondo la legge 40/2004, l’utero in affitto è espressamente vietato. Lo dice la norma e lo ha ribadito a novembre 2014 una sentenza della Corte di Cassazione civile. Ci sono però dei “ma”.
La legge 40 è stata la più bersagliata dalla Corte Costituzionale che, a colpi di sentenze, ha smontato alcuni cardini della fecondazione assistita e ha aperto alla fecondazione eterologa. Non solo.
A inizio 2015, la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato e multato l’Italia per aver violato il diritto di una coppia sposata di riconoscere come proprio figlio il bambino nato in Russia con l’utero in affitto, e in seguito sottratto ai genitori. Nel corso degli ultimi anni ci sono stati diversi casi di riconoscimento di bambini nati all’estero con l’utero in affitto: il Tribunale di Milano ha accolto la richiesta di una coppia eterosessuale per i loro gemelli nati in Ucraina con la surrogazione di maternità, mentre un anno prima era stato il Tribunale di Bologna a dare una sentenza simile nel caso di un’altra coppia. “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare senza ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto”, scrivevano i giudici bolognesi.
Il Parlamento italiano dovrebbe quindi legiferare sull’utero in affitto guardando a queste sentenze. Invece, da nessuna parte politica è arrivata alcuna apertura per la surrogazione di maternità.
La legge attuale rimane la 40/2004 che vieta di praticare la maternità surrogata su tutto il territorio italiano (pena la reclusione da tre mesi a due anni e multa da 600.000 a un milione di euro).
Come ribadito in più occasioni, il ddl Cirinnà non rende legale l’utero in affitto: semplicemente, estende un diritto, già garantito ai genitori eterosessuali, anche alle coppie gay. La proposta di Area Popolare si scontrerebbe con il principio della territorialità del reato: un delitto può essere punito solo se commesso su suolo nazionale, non all’estero. Gli unici reati che esulano da questo principio sono quelli di strage e genocidio. Se passasse la proposta dei senatori, si andrebbe a equiparare la nascita di un bambino da madre surrogata a delitti aberranti, perseguiti perché reati contro l’umanità. Sembra davvero troppo.
Il dibattito sul ddl Cirinnà e il riconoscimento delle unioni civili gay, sta portando alla ribalta il tema dell’utero in affitto in Italia. La surrogazione di maternità, come è correttamente definita in ambito medico, è oggetto di dibattito nonostante il testo non ne parli. Dal centrodestra e da ambienti cattolici del PD si è alzato il grido di battaglia, arrivando a proporre una modifica choc alla legge 40, che regola la fecondazione assistita in Italia. Un gruppo di senatori di Area Popolare e Forza Italia, tra cui Carlo Giovanardi, Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella, Lucio Malan e Maurizio Gasparri, hanno deciso di chiedere che l’utero in affitto diventi reato universale e che i genitori di bambini nati all’estero con la surrogazione di maternità vengano perseguiti dalla legge. Al di là delle polemiche, cerchiamo di fare chiarezza e di capire se l’utero in affitto diventerà legale in Italia.
In Italia, secondo la legge 40/2004, l’utero in affitto è espressamente vietato. Lo dice la norma e lo ha ribadito a novembre 2014 una sentenza della Corte di Cassazione civile. Ci sono però dei “ma”.
La legge 40 è stata la più bersagliata dalla Corte Costituzionale che, a colpi di sentenze, ha smontato alcuni cardini della fecondazione assistita e ha aperto alla fecondazione eterologa. Non solo.
A inizio 2015, la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato e multato l’Italia per aver violato il diritto di una coppia sposata di riconoscere come proprio figlio il bambino nato in Russia con l’utero in affitto, e in seguito sottratto ai genitori. Nel corso degli ultimi anni ci sono stati diversi casi di riconoscimento di bambini nati all’estero con l’utero in affitto: il Tribunale di Milano ha accolto la richiesta di una coppia eterosessuale per i loro gemelli nati in Ucraina con la surrogazione di maternità, mentre un anno prima era stato il Tribunale di Bologna a dare una sentenza simile nel caso di un’altra coppia. “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare senza ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto”, scrivevano i giudici bolognesi.
Il Parlamento italiano dovrebbe quindi legiferare sull’utero in affitto guardando a queste sentenze. Invece, da nessuna parte politica è arrivata alcuna apertura per la surrogazione di maternità.
La legge attuale rimane la 40/2004 che vieta di praticare la maternità surrogata su tutto il territorio italiano (pena la reclusione da tre mesi a due anni e multa da 600.000 a un milione di euro).
Come ribadito in più occasioni, il ddl Cirinnà non rende legale l’utero in affitto: semplicemente, estende un diritto, già garantito ai genitori eterosessuali, anche alle coppie gay. La proposta di Area Popolare si scontrerebbe con il principio della territorialità del reato: un delitto può essere punito solo se commesso su suolo nazionale, non all’estero. Gli unici reati che esulano da questo principio sono quelli di strage e genocidio. Se passasse la proposta dei senatori, si andrebbe a equiparare la nascita di un bambino da madre surrogata a delitti aberranti, perseguiti perché reati contro l’umanità. Sembra davvero troppo.
Re: ARTICOLI & NEWS
Utero in affitto: costi e benefici nei paesi in cui è legale
L’utero in affitto, o più correttamente maternità surrogata, è pratica vietata in Italia, ma legale in alcuni Paesi del mondo. Con questo termine si indica la gestazione da parte di una donna, che non è la madre biologica, per conto di una coppia sterile che, a loro volta, diventano i genitori effettivi. La fecondazione può essere effettuata con seme e ovuli della coppia o con la fecondazione in vitro, grazie alla donazione di donatrici e donatori esterni o con il supporto di un membro della coppia. La maternità surrogata permette a coppie sterili di diventare genitori, ma porta con sé questione etiche di non facile risoluzione. In alcuni Paesi, l’utero in affitto è “commerciale” perché comporta il pagamento della donna che porta a compimento la gravidanza; in altri è concesso ma solo se “altruista” (cioè senza versare soldi). Vediamo quali sono gli Stati in cui è legale, i costi e i benefici.
Nel mondo sono diversi i Paesi che hanno legalizzato la maternità surrogata, con modalità diverse. Negli USA sono otto gli Stati in cui è permesso, a partire dalla California, il primo ad avere una legge in materia; rimanendo in Nord America, il Canada ha legalizzato la surrogazione della maternità da tempo. Anche in Spagna, Regno Unito, Grecia, Paesi Bassi, Belgio e Romania è possibile ricorrere all’utero in affitto, con tempi e modalità diverse: le lungaggini e la burocrazia della legge inglese per esempio ha spinto molti cittadini britannici a rivolgersi verso altri Paesi extra UE. Fuori dall’Europa si contano molti Stati in cui è legale: Ucraina, Russia, India, Georgia, Armenia, ma anche alcuni Paesi asiatici. Fino a febbraio 2015 nell’elenco rientrava anche la Thailandia. Qui però alcuni casi controversi (tra cui quello della coppia che non ha voluto il figlio nato con la sindrome di Down) hanno scatenato forti polemiche e il governo ha vietato la maternità surrogata.
L’utero in affitto, o più correttamente maternità surrogata, è pratica vietata in Italia, ma legale in alcuni Paesi del mondo. Con questo termine si indica la gestazione da parte di una donna, che non è la madre biologica, per conto di una coppia sterile che, a loro volta, diventano i genitori effettivi. La fecondazione può essere effettuata con seme e ovuli della coppia o con la fecondazione in vitro, grazie alla donazione di donatrici e donatori esterni o con il supporto di un membro della coppia. La maternità surrogata permette a coppie sterili di diventare genitori, ma porta con sé questione etiche di non facile risoluzione. In alcuni Paesi, l’utero in affitto è “commerciale” perché comporta il pagamento della donna che porta a compimento la gravidanza; in altri è concesso ma solo se “altruista” (cioè senza versare soldi). Vediamo quali sono gli Stati in cui è legale, i costi e i benefici.
Nel mondo sono diversi i Paesi che hanno legalizzato la maternità surrogata, con modalità diverse. Negli USA sono otto gli Stati in cui è permesso, a partire dalla California, il primo ad avere una legge in materia; rimanendo in Nord America, il Canada ha legalizzato la surrogazione della maternità da tempo. Anche in Spagna, Regno Unito, Grecia, Paesi Bassi, Belgio e Romania è possibile ricorrere all’utero in affitto, con tempi e modalità diverse: le lungaggini e la burocrazia della legge inglese per esempio ha spinto molti cittadini britannici a rivolgersi verso altri Paesi extra UE. Fuori dall’Europa si contano molti Stati in cui è legale: Ucraina, Russia, India, Georgia, Armenia, ma anche alcuni Paesi asiatici. Fino a febbraio 2015 nell’elenco rientrava anche la Thailandia. Qui però alcuni casi controversi (tra cui quello della coppia che non ha voluto il figlio nato con la sindrome di Down) hanno scatenato forti polemiche e il governo ha vietato la maternità surrogata.
Re: ARTICOLI & NEWS
Il costo della maternità surrogata variano a seconda del Paese. Negli Stati Uniti la media è di 120mila euro, soldi che coprono i costi delle agenzie che si occupano dei documenti e delle cliniche, cure mediche, assicurazione completa e il versamento di una somma per la madre surrogata, oltre all’assistenza totale per la coppia dei futuri genitori: si è seguiti in ogni passo, con professionalità e discrezione (nei documenti per esempio, non compare il nome della madre surrogata) e, oltre a tante persone comuni, anche molti VIP hanno scelto questa strada. Più contenuti invece i costi negli altri Paesi dell’Est Europa: la media scende di oltre la metà, oscillando (a seconda degli Stati) tra i 30mila e i 60mila euro.
La maternità surrogata permette a coppie sterili di diventare genitori. Questo dovrebbe essere il primo beneficio da tenere presente, ma le questioni etiche rendono tutto più complesso. La surrogazione viene usata anche da coppie omosessuali e questo amplia il discorso al riconoscimento delle famiglie gay, materia ancora più delicata. Esemplare il caso della Russia dove la maternità surrogata è praticata dal 1995, accettata a tutti i livelli della società, permessa a coppie sposate e a single (“soggetti che non sono ufficialmente coniugati”, come si legge nei regolamenti delle cliniche). In teoria, nel Paese di Putin, un omosessuale che si dichiari single potrebbe avere accesso alla maternità surrogata, e siamo nella stessa nazione che ha voluto la legge contro la “propaganda gay”. Anche le madri surrogate hanno dei benefici a livello economico: se rispondono ai parametri richiesti (età massima 40 anni, ottima salute psico-fisica, essere già madri di almeno un figlio nato sano), ricevono assistenza medica e il versamento di somme anche ingenti, specie se rapportate agli stipendi medi dei Paesi d’origine. I maggiori guadagni vanno a chi organizza il tutto dal punto di vista medico e soprattutto legale. Agenzie, cliniche ma anche avvocati ed esperti che redigono le carte con cui registrare la nascita, in modo che il bambino venga riconosciuto come figlio della coppia anche in Italia. Il giro d’affari è ingente, ma soprattutto rischioso per le coppie che desiderano avere un figlio con la surrogata: il rischio che non gli venga riconosciuta la genitorialità in Italia è reale e potrebbe vanificare tutti gli sforzi.
La maternità surrogata permette a coppie sterili di diventare genitori. Questo dovrebbe essere il primo beneficio da tenere presente, ma le questioni etiche rendono tutto più complesso. La surrogazione viene usata anche da coppie omosessuali e questo amplia il discorso al riconoscimento delle famiglie gay, materia ancora più delicata. Esemplare il caso della Russia dove la maternità surrogata è praticata dal 1995, accettata a tutti i livelli della società, permessa a coppie sposate e a single (“soggetti che non sono ufficialmente coniugati”, come si legge nei regolamenti delle cliniche). In teoria, nel Paese di Putin, un omosessuale che si dichiari single potrebbe avere accesso alla maternità surrogata, e siamo nella stessa nazione che ha voluto la legge contro la “propaganda gay”. Anche le madri surrogate hanno dei benefici a livello economico: se rispondono ai parametri richiesti (età massima 40 anni, ottima salute psico-fisica, essere già madri di almeno un figlio nato sano), ricevono assistenza medica e il versamento di somme anche ingenti, specie se rapportate agli stipendi medi dei Paesi d’origine. I maggiori guadagni vanno a chi organizza il tutto dal punto di vista medico e soprattutto legale. Agenzie, cliniche ma anche avvocati ed esperti che redigono le carte con cui registrare la nascita, in modo che il bambino venga riconosciuto come figlio della coppia anche in Italia. Il giro d’affari è ingente, ma soprattutto rischioso per le coppie che desiderano avere un figlio con la surrogata: il rischio che non gli venga riconosciuta la genitorialità in Italia è reale e potrebbe vanificare tutti gli sforzi.
Re: ARTICOLI & NEWS
Dono del grembo e affitto d'utero
La maternità surrogata è stata proposta come mezzo per aiutare le donne incapaci di avere un figlio con le proprie forze, e la prima citazione la si può trovare nella Bibbia (Genesi 16,1-15 17,15-19 21,1-4). L'incapacità di procreare non è stata, però, l'unico motivo.
La nascita del Mahavira, il fondatore del jainismo, fu complicata da un trasferimento embrionale eseguito, da un dio provvidenziale, dalla madre genetica, Devananda (una donna di umili natali) alla madre “portatrice”, che lo avrebbe poi partorito, la regina Trisala. È ovvio che, miracoli a parte, prima dell’introduzione dell'inseminazione artificiale, la tecnica era quella naturale, quella per intenderci usata da Abramo.
Con la possibilità di utilizzare l’inseminazione divenne socialmente più accettabile affidarsi ad essa, anche se sono a conoscenza della persistenza dei metodi naturali (che naturalmente non tenevano conto del problema genetico) anche in tempi relativamente recenti. Ancora più recentemente, con l’avvento della fertilizzazione in vitro, è divenuto possibile trasferire alle madri surrogate embrioni creati con i gameti della coppia committente, evitando così qualsiasi contributo genetico da parte della madre surrogata.
Il primo riferimento bibliografico a questo tipo di maternità è stato pubblicato nel New England Med. J. da Utian e coll. nel 1985: fu un evento che destò molte meraviglie perché i medici erano convinti che nessuna donna avrebbe tollerato un incontro biologico con tessuti embrionali che le erano totalmente estranei.
Ancora oggi si tende a fare confusione con i termini che definiscono le varie madri surrogate, e lo stesso termine “surrogata” è stato attribuito sia all’una che all’altra protagonista. “Gestational surrogacy” “full surrogacy” e “IVF surrogacy” sono comunque definiti come i gameti di una “genetic couple” “commissioning couple” o “intended parents” in un “surrogacy arrangement” che vengono usati per produrre embrioni: questi embrioni sono successivamente trasferiti a una donna che accetta di agire come ospite. Essa non è in alcun rapporto genetico con i bambini che possono nascere da questo accordo.
Quando invece si parla di “natural surrogacy” o “partial surrogacy” la donna che si propone come ospite viene inseminata con il seme del marito della coppia genetica; è evidente che in questo caso esiste una relazione genetica tra l’ospite e il bambino, perché si tratta di prestito d’utero e di dono di oocita. Esistono due modalità di organizzare una maternità surrogata: in una, si stabilisce un rapporto contrattuale tra le parti ed è evidente che in questi casi la coppia genetica deve pagare un prezzo. Questa maternità surrogata contrattuale è possibile negli Stati Uniti, dove esistono organizzazioni molto efficienti.
La maternità surrogata è stata proposta come mezzo per aiutare le donne incapaci di avere un figlio con le proprie forze, e la prima citazione la si può trovare nella Bibbia (Genesi 16,1-15 17,15-19 21,1-4). L'incapacità di procreare non è stata, però, l'unico motivo.
La nascita del Mahavira, il fondatore del jainismo, fu complicata da un trasferimento embrionale eseguito, da un dio provvidenziale, dalla madre genetica, Devananda (una donna di umili natali) alla madre “portatrice”, che lo avrebbe poi partorito, la regina Trisala. È ovvio che, miracoli a parte, prima dell’introduzione dell'inseminazione artificiale, la tecnica era quella naturale, quella per intenderci usata da Abramo.
Con la possibilità di utilizzare l’inseminazione divenne socialmente più accettabile affidarsi ad essa, anche se sono a conoscenza della persistenza dei metodi naturali (che naturalmente non tenevano conto del problema genetico) anche in tempi relativamente recenti. Ancora più recentemente, con l’avvento della fertilizzazione in vitro, è divenuto possibile trasferire alle madri surrogate embrioni creati con i gameti della coppia committente, evitando così qualsiasi contributo genetico da parte della madre surrogata.
Il primo riferimento bibliografico a questo tipo di maternità è stato pubblicato nel New England Med. J. da Utian e coll. nel 1985: fu un evento che destò molte meraviglie perché i medici erano convinti che nessuna donna avrebbe tollerato un incontro biologico con tessuti embrionali che le erano totalmente estranei.
Ancora oggi si tende a fare confusione con i termini che definiscono le varie madri surrogate, e lo stesso termine “surrogata” è stato attribuito sia all’una che all’altra protagonista. “Gestational surrogacy” “full surrogacy” e “IVF surrogacy” sono comunque definiti come i gameti di una “genetic couple” “commissioning couple” o “intended parents” in un “surrogacy arrangement” che vengono usati per produrre embrioni: questi embrioni sono successivamente trasferiti a una donna che accetta di agire come ospite. Essa non è in alcun rapporto genetico con i bambini che possono nascere da questo accordo.
Quando invece si parla di “natural surrogacy” o “partial surrogacy” la donna che si propone come ospite viene inseminata con il seme del marito della coppia genetica; è evidente che in questo caso esiste una relazione genetica tra l’ospite e il bambino, perché si tratta di prestito d’utero e di dono di oocita. Esistono due modalità di organizzare una maternità surrogata: in una, si stabilisce un rapporto contrattuale tra le parti ed è evidente che in questi casi la coppia genetica deve pagare un prezzo. Questa maternità surrogata contrattuale è possibile negli Stati Uniti, dove esistono organizzazioni molto efficienti.
Re: ARTICOLI & NEWS
La seconda modalità è quella oblativa, basata quindi su un atto di generosità, costruito generalmente sulle fondamenta di una parentela o di una solida amicizia. Questa maternità surrogata (generalmente indicata come “dono del grembo) è accettata in Inghilterra, anche se il suo percorso verso l'accettazione è stato molto tormentato. The Warnock committee in effetti, nel 1984, ne raccomandava la proibizione e solo l’intervento della British Medical Association riuscì a modificare l’atteggiamento del Governo inglese.
Nel 1985 la BMA ne accettò il principio generale ma solo “in selected cases with careful controls” e due anni più tardi la stessa associazione chiarì che, in ogni caso, i medici “should not partecipate in any surrogacy arrangements” e che comunque si trattava di una “last resort option”.
Nel 1990 The Human Fertilisation and Embriology Act fu approvato dal Parlamento inglese: nel documento non c'è proibizione nei confronti della maternità surrogata. L'ultimo Report della BMA di cui sono a conoscenza e che è del 1996 afferma che “surrogacy is an acceptable option of last resort in cases where it is impossible or highly undesirable for medical reasons for the intended mother to carry a child herself”.
Le indicazioni principali per ricorrere ad una maternità surrogata sono:
- dopo una isterectomia;
- per assenza congenita dell’utero;
- a seguito di ripetuti fallimenti FIVET;
- in casi d’aborto ricorrente;
- se esistono condizioni di salute incompatibili con una gravidanza.
Si dice – ma non esistono prove reali che si tratti di affermazioni basate sulla verità – che la maternità surrogata basata sul contratto sia stata e sia eseguita anche per motivazioni meno accettabili, come la paura di imbruttire con la gravidanza o il desiderio di non abbandonare il lavoro. Si dice – ma ancora una volta senza prove reali – che le associazioni americane basate sul profitto non guardino molto per il sottile e abbiano accettato e accettino impegni relativi a coppie che avrebbero benissimo potuto avere figli senza ricorrere a questa tecnica.
Nei casi di “partial surrogacy”, nei quali viene anche offerta una ovodonazione, si propone un importante problema etico, che è quello relativo all’età della donna che riceverà il bambino, essendo noto che molte di queste richieste arrivano da donne in menopausa e che solo una parte di queste menopause è prematura.
Mentre sappiamo molte cose sul counselling che viene eseguito sistematicamente in Inghilterra, vuoi nei genitori genetici che nella madre surrogata, sappiamo pochissimo su come questo importante problema viene affrontato in questi casi nei quali si stipula un contratto. La mia esperienza personale, a questo riguardo, è molto limitata.
La terapia cui deve essere sottoposta la madre genetica non differisce da quella che si usa per una qualsiasi fertilizzazione in vitro. Gli embrioni vengono in genere congelati per il periodo necessario per stabilire l’assenza di una positività all’AIDS, e la stessa cosa viene fatta per il seme del marito nel caso di una “partial surrogacy”.
Le madri surrogate vengono sottoposte ad un protocollo di indagini molto complesso che deve stabilire non solo l’assenza di malattie che possono danneggiare il bambino, ma anche di malattie che possono controindicare la gravidanza. Il trasferimento dell’embrione si esegue sia in cicli naturali che in cicli artificiali.
Ci sono stati – e sono stati molto propagandati – problemi legali, nelle maternità surrogate, problemi che sono nati soprattutto al momento di consegnare il bambino. Su questi problemi esiste un’ampia letteratura, che sembra dimostrare come nella maggior parte dei casi la colpa debba essere attribuita a un counseling inadeguato o addirittura non eseguito. La maggior parte dei guai nasce comunque nei casi di “partial surrogacy”, e deriva dal desiderio della madre di tenere per sé il figlio.
Nel 1985 la BMA ne accettò il principio generale ma solo “in selected cases with careful controls” e due anni più tardi la stessa associazione chiarì che, in ogni caso, i medici “should not partecipate in any surrogacy arrangements” e che comunque si trattava di una “last resort option”.
Nel 1990 The Human Fertilisation and Embriology Act fu approvato dal Parlamento inglese: nel documento non c'è proibizione nei confronti della maternità surrogata. L'ultimo Report della BMA di cui sono a conoscenza e che è del 1996 afferma che “surrogacy is an acceptable option of last resort in cases where it is impossible or highly undesirable for medical reasons for the intended mother to carry a child herself”.
Le indicazioni principali per ricorrere ad una maternità surrogata sono:
- dopo una isterectomia;
- per assenza congenita dell’utero;
- a seguito di ripetuti fallimenti FIVET;
- in casi d’aborto ricorrente;
- se esistono condizioni di salute incompatibili con una gravidanza.
Si dice – ma non esistono prove reali che si tratti di affermazioni basate sulla verità – che la maternità surrogata basata sul contratto sia stata e sia eseguita anche per motivazioni meno accettabili, come la paura di imbruttire con la gravidanza o il desiderio di non abbandonare il lavoro. Si dice – ma ancora una volta senza prove reali – che le associazioni americane basate sul profitto non guardino molto per il sottile e abbiano accettato e accettino impegni relativi a coppie che avrebbero benissimo potuto avere figli senza ricorrere a questa tecnica.
Nei casi di “partial surrogacy”, nei quali viene anche offerta una ovodonazione, si propone un importante problema etico, che è quello relativo all’età della donna che riceverà il bambino, essendo noto che molte di queste richieste arrivano da donne in menopausa e che solo una parte di queste menopause è prematura.
Mentre sappiamo molte cose sul counselling che viene eseguito sistematicamente in Inghilterra, vuoi nei genitori genetici che nella madre surrogata, sappiamo pochissimo su come questo importante problema viene affrontato in questi casi nei quali si stipula un contratto. La mia esperienza personale, a questo riguardo, è molto limitata.
La terapia cui deve essere sottoposta la madre genetica non differisce da quella che si usa per una qualsiasi fertilizzazione in vitro. Gli embrioni vengono in genere congelati per il periodo necessario per stabilire l’assenza di una positività all’AIDS, e la stessa cosa viene fatta per il seme del marito nel caso di una “partial surrogacy”.
Le madri surrogate vengono sottoposte ad un protocollo di indagini molto complesso che deve stabilire non solo l’assenza di malattie che possono danneggiare il bambino, ma anche di malattie che possono controindicare la gravidanza. Il trasferimento dell’embrione si esegue sia in cicli naturali che in cicli artificiali.
Ci sono stati – e sono stati molto propagandati – problemi legali, nelle maternità surrogate, problemi che sono nati soprattutto al momento di consegnare il bambino. Su questi problemi esiste un’ampia letteratura, che sembra dimostrare come nella maggior parte dei casi la colpa debba essere attribuita a un counseling inadeguato o addirittura non eseguito. La maggior parte dei guai nasce comunque nei casi di “partial surrogacy”, e deriva dal desiderio della madre di tenere per sé il figlio.
Re: ARTICOLI & NEWS
Una causa frequente di problemi è la nascita di un bambino malconformato. Un ulteriore problema può derivare dal fatto che, al di fuori dei contratti, nei quali i pagamenti sono resi espliciti senza possibilità di discussione, possono nascere discussioni sul significato di “reasonable expenses”, che è quanto la coppia genetica dovrebbe pagare all’ospite nei casi di maternità surrogata “oblativa”, visto che l’altruismo assoluto sembra più spesso un bel sogno che un fatto concreto. È comunque vero che le maternità surrogate hanno fatto lavorare i tribunali, anche se non tanto spesso come qualcuno vorrebbe.
La maternità surrogata è comunque vietata in molti Paesi, senza distinzione tra contratto e oblazione. La maternità surrogata “totale” è ammessa in una ventina di Paesi (Canada, Grecia, Hong Kong, Ungheria, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Russia, Inghilterra, Australia, Brasile, India, Sud Africa, Tailandia, Stati Uniti, Columbia, Ecuador, Finlandia, Perù, Romania) con regolamenti spesso molto diversi. In Argentina, ad esempio, un paese in genere citato tra quanti non ammettono questa pratica, esiste la possibilità di ottenere un permesso speciale da una Commissione che giudica caso per caso.
L’Australia, dal canto suo, ha norme lievemente diverse nei differenti Stati, l’Australia dell’Ovest ammette la surrogazione solo per uso compassionevole; l’Australia del Sud ha una legge analoga, ma la possibilità di ricorrere alla surrogazione oblativa deriva indirettamente dalla condanna specifica di quella commerciale; lo Stato di Vittoria consente la surrogazione per ragioni altruistiche e condanna ogni tipo di remunerazione. Anche il Brasile ha norme analoghe che proibiscono i Centri di PMA di essere coinvolti in queste tecniche se esistono accordi finanziari tra le parti.
In Grecia la surrogazione (ammessa solo per le coppie residenti nel Paese) necessita di una autorizzazione giudiziaria rilasciata prima del trasferimento, se esiste un accordo scritto e senza compenso tra le parti. In Israele la coppia richiedente deve essere sposata e la donna surrogata nubile; è necessaria una autorizzazione da parte di una speciale commissione del Ministero della Salute.
La situazione degli Stati Uniti è invece assolutamente variegata, ogni Stato ha norme diverse. Sono particolarmente ostili, nei confronti della surrogazione, la religione cattolica e l’islamica, anche se poi bisogna accettare il fatto che molti moralisti laici accettano di malagrazia l’atto oblativo, ma condannano quello contrattuale, generalmente parificato a una forma di prostituzione e che in realtà è responsabile di uno sfruttamento vergognoso delle donne di molti Paesi che accettano solo perché non hanno altre scelte, o fare da madre al figlio di un’altra donna o prostituirsi.
C’è però chi ritiene che nessuno è in diritto di proibire ad un essere umano di fare quel che vuole del proprio corpo, senza prima essersi fatto una serie di domande: perché lo fa? Cosa faccio io per rimuovere le condizioni sociali che lo costringono a fare questa scelta? Cosa farà questa persona se io le impedirò di trarre profitto dalla vendita del proprio corpo o di parte di esso? Posso accettare, sul piano teorico alcune di queste argomentazioni: non posso accettare che ne consegua il brutale sfruttamento delle donne dei paesi più poveri, un crimine che ha causato danni concreti, visto che alcune di queste donne ci hanno rimesso la vita, soprattutto quando veniva anche stimolata la loro ovulazione.
Si tenga conto, ad esempio del fatto che in questo momento sono in corso gravidanze in donne che si sono sottoposte al trapianto di utero, un intervento di durata media di circa nove ore, certamente non privo di rischi e che viene eseguito nella maggior parte dei casi prelevando l’organo da un vivente (in genere un parente) e che si propone come alternativa - non so quanto accettabile - alla surrogazione.
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... to-dutero/
La maternità surrogata è comunque vietata in molti Paesi, senza distinzione tra contratto e oblazione. La maternità surrogata “totale” è ammessa in una ventina di Paesi (Canada, Grecia, Hong Kong, Ungheria, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Russia, Inghilterra, Australia, Brasile, India, Sud Africa, Tailandia, Stati Uniti, Columbia, Ecuador, Finlandia, Perù, Romania) con regolamenti spesso molto diversi. In Argentina, ad esempio, un paese in genere citato tra quanti non ammettono questa pratica, esiste la possibilità di ottenere un permesso speciale da una Commissione che giudica caso per caso.
L’Australia, dal canto suo, ha norme lievemente diverse nei differenti Stati, l’Australia dell’Ovest ammette la surrogazione solo per uso compassionevole; l’Australia del Sud ha una legge analoga, ma la possibilità di ricorrere alla surrogazione oblativa deriva indirettamente dalla condanna specifica di quella commerciale; lo Stato di Vittoria consente la surrogazione per ragioni altruistiche e condanna ogni tipo di remunerazione. Anche il Brasile ha norme analoghe che proibiscono i Centri di PMA di essere coinvolti in queste tecniche se esistono accordi finanziari tra le parti.
In Grecia la surrogazione (ammessa solo per le coppie residenti nel Paese) necessita di una autorizzazione giudiziaria rilasciata prima del trasferimento, se esiste un accordo scritto e senza compenso tra le parti. In Israele la coppia richiedente deve essere sposata e la donna surrogata nubile; è necessaria una autorizzazione da parte di una speciale commissione del Ministero della Salute.
La situazione degli Stati Uniti è invece assolutamente variegata, ogni Stato ha norme diverse. Sono particolarmente ostili, nei confronti della surrogazione, la religione cattolica e l’islamica, anche se poi bisogna accettare il fatto che molti moralisti laici accettano di malagrazia l’atto oblativo, ma condannano quello contrattuale, generalmente parificato a una forma di prostituzione e che in realtà è responsabile di uno sfruttamento vergognoso delle donne di molti Paesi che accettano solo perché non hanno altre scelte, o fare da madre al figlio di un’altra donna o prostituirsi.
C’è però chi ritiene che nessuno è in diritto di proibire ad un essere umano di fare quel che vuole del proprio corpo, senza prima essersi fatto una serie di domande: perché lo fa? Cosa faccio io per rimuovere le condizioni sociali che lo costringono a fare questa scelta? Cosa farà questa persona se io le impedirò di trarre profitto dalla vendita del proprio corpo o di parte di esso? Posso accettare, sul piano teorico alcune di queste argomentazioni: non posso accettare che ne consegua il brutale sfruttamento delle donne dei paesi più poveri, un crimine che ha causato danni concreti, visto che alcune di queste donne ci hanno rimesso la vita, soprattutto quando veniva anche stimolata la loro ovulazione.
Si tenga conto, ad esempio del fatto che in questo momento sono in corso gravidanze in donne che si sono sottoposte al trapianto di utero, un intervento di durata media di circa nove ore, certamente non privo di rischi e che viene eseguito nella maggior parte dei casi prelevando l’organo da un vivente (in genere un parente) e che si propone come alternativa - non so quanto accettabile - alla surrogazione.
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... to-dutero/