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Re: ARTICOLI & NEWS
Utero in affitto, India pronta a vietarlo alle coppie straniere
New Delhi – Il Governo indiano è pronto a vietare la pratica della maternità surrogata (utero in affitto) alle coppie straniere.
La rivoluzione è al momento solo un disegno di legge che deve essere recepita dal Governo centrale ma potrebbe essere un colpo durissimo allo sviluppo di una pratica che, in India, sta facendo registrare un’espansione senza precedenti.
In pratica giovani donne vengono reclutate da aziende sanitarie e cliniche e pagate per dare alla luce il figlio di una coppia che non riesce a portare a termine una gravidanza o non può fisicamente come nel caso di coppie gay.
La pratica dell’utero in affitto si è trasformata in un business fiorente ed il numero di coppie che si rivolge ai centri specializzati è in costanete crescita anche per i prezzi ragionevoli che vengono praticati.
La donna che accetta di portare a termine per conto terzi la gravidanza, infatti, viene retribuita con uno stipendio mensile e inoltre ottiene vitto e persino alloggio se richiesto e viene sottoposta a costanti controlli medici.
Tutto a carico delle famiglie con problemi di sterilità che pagano anche l’inseminazione o il vero e proprio impianto di embrione fecondato e nato dall’unione di ovulo e spermatozoo dei rispettivi componenti della coppia o di terzi donatori.
L’espansione vertiginosa del fenomeno, si calcola che in India ci siano già 3mila cliniche di questo tipo e che le donne che affittano il proprio utero siano migliaia, e la scoperta di veri e propri casi di sfruttamento delle donne, ha fatto scattare il giro di vite del Governo che intende limitare la pratica alle sole coppie indiane.
Allo studio anche una legge che vieta l’importazione di embrioni congelati da altri Paesi, la procedura standard con cui le cliniche ricevono il materiale per avviare la gravidanza surrogata con l’utero in affitto.
http://www.liguriaoggi.it/2015/10/29/ut ... straniere/
New Delhi – Il Governo indiano è pronto a vietare la pratica della maternità surrogata (utero in affitto) alle coppie straniere.
La rivoluzione è al momento solo un disegno di legge che deve essere recepita dal Governo centrale ma potrebbe essere un colpo durissimo allo sviluppo di una pratica che, in India, sta facendo registrare un’espansione senza precedenti.
In pratica giovani donne vengono reclutate da aziende sanitarie e cliniche e pagate per dare alla luce il figlio di una coppia che non riesce a portare a termine una gravidanza o non può fisicamente come nel caso di coppie gay.
La pratica dell’utero in affitto si è trasformata in un business fiorente ed il numero di coppie che si rivolge ai centri specializzati è in costanete crescita anche per i prezzi ragionevoli che vengono praticati.
La donna che accetta di portare a termine per conto terzi la gravidanza, infatti, viene retribuita con uno stipendio mensile e inoltre ottiene vitto e persino alloggio se richiesto e viene sottoposta a costanti controlli medici.
Tutto a carico delle famiglie con problemi di sterilità che pagano anche l’inseminazione o il vero e proprio impianto di embrione fecondato e nato dall’unione di ovulo e spermatozoo dei rispettivi componenti della coppia o di terzi donatori.
L’espansione vertiginosa del fenomeno, si calcola che in India ci siano già 3mila cliniche di questo tipo e che le donne che affittano il proprio utero siano migliaia, e la scoperta di veri e propri casi di sfruttamento delle donne, ha fatto scattare il giro di vite del Governo che intende limitare la pratica alle sole coppie indiane.
Allo studio anche una legge che vieta l’importazione di embrioni congelati da altri Paesi, la procedura standard con cui le cliniche ricevono il materiale per avviare la gravidanza surrogata con l’utero in affitto.
http://www.liguriaoggi.it/2015/10/29/ut ... straniere/
Re: ARTICOLI & NEWS
Noi donne diventate madri grazie all'utero in affitto
Anna e Laura sono tra le centinaia di italiane che hanno scelto la maternità surrogata, pratica vietata nel nostro Paese, andando all'estero: "E' stato uno scambio, un regalo. Ci hanno permesso di diventare genitori, usando il seme dei nostri mariti e in un caso l'ovulo di un'altra donna. E noi abbiamo dato loro la possibilità di rendere migliore il futuro dei loro figli"
"Non ci sentiamo ladre di bambini, sfruttatrici di donne costrette a vendersi per miseria. Latika ed Ekaterina per noi non erano macchine, ma le persone che hanno reso possibile a noi e a nostri mariti la gioia di un figlio che le malattie ci impedivano di portare in grembo e partorire. E noi, in qualche modo, abbiamo aiutato il futuro dei loro bambini".
Anna e Laura sono due delle centinaia di donne italiane che hanno scelto la maternità surrogata, pratica vietata nel nostro paese, andando all'estero. E in questi giorni in cui si dibatte sull'utero in affitto, dopo l'appello di 'Se non ora quando' che ha spaccato anche il mondo femminista, si sentono messe sotto accusa. Mentre nella stanza accanto i loro figli dormono inconsapevoli delle polemiche, della loro complicata origine.
Quale è la vostra storia?
LAURA: "Ho provato 15 volte la fecondazione assistita senza risultato, rimanevo incinta poi abortivo. Alla fine mi sono ammalata, mi hanno tolto l'utero e per me è stata come la fine di tutto. Avevo così tanto desiderato un figlio che quando ero in rianimazione e ho scoperto di non potere diventare madre ho detto a mio marito: stacca i tubi, meglio morire".
Come è arrivata a scegliere di andare in India?
ANNA: "Per disperazione. Per anni abbiamo cercato un figlio, fino alla sentenza definitiva che toglieva ogni illusione. Allora, dopo aver a lungo discusso il lato etico e morale della cosa, abbiamo cominciato a cercare in rete, e lì abbiamo conosciuto altre coppie che si erano recate a Nuova Delhi. Il costo era più abbordabile dell'America, noi siamo due impiegati, ma soprattutto ci hanno rassicurato che non era come altri posti dove le donne venivano sfruttate, allontanate dalle famiglie per mesi, imbrogliate perché non sapevano leggere i contratti. Quando siamo arrivati a Nova Delhi abbiamo una trovato una clinica moderna, medici efficienti, attenzione, protezione, cura vera verso le madri surrogate. E questo ci ha convinti".
Come è stato l'incontro con la madre surrogata?
ANNA: "Emozionante. Con mio marito Abbiamo conosciuto Latika, capelli scuri e un grande sorriso, accanto aveva suo marito che fa il conducente di autobus. Abbiamo parlato in inglese di quello che ci aspettava, delle nostre storie, dei motivi che avevano fatto incrociare le nostre vite: lei lo faceva per i suoi due figli, per pagargli un'istruzione superiore. Per tutta la gravidanza abbiamo chiacchierato, comunicato via skype, tenendoci in contatto mentre il desiderio cresceva e si faceva più reale".
E in Ucraina come è andata?
LAURA: "Io sono arrivata a Kiev dopo tante fecondazioni assistite inutili e operazioni, dopo diversi tentativi di surrogata andati a male in Grecia. In Ucraina abbiamo conosciuto Ekaterina, 26 anni, due bambini che vivevano con lei in un paese in mezzo alla campagna. Una donna forte, serena, convinta, anche lei lo faceva per i suoi figli: con i soldi si è comprata una casa".
Quanto sono state pagate?
ANNA e LAURA: "Circa settemila euro, trentamila tutta l'organizzazione medica".
Vi accusano di aver comprato i bambini....
ANNA e LAURA: "No, è stato uno scambio, un regalo. Latika ed Ekaterina ci hanno reso possibile diventare genitori, usando il seme dei nostri mariti e in un caso l'ovulo di un'altra donna. E noi abbiamo dato loro la possibilità di rendere migliore il futuro dei loro figli".
Anna e Laura sono tra le centinaia di italiane che hanno scelto la maternità surrogata, pratica vietata nel nostro Paese, andando all'estero: "E' stato uno scambio, un regalo. Ci hanno permesso di diventare genitori, usando il seme dei nostri mariti e in un caso l'ovulo di un'altra donna. E noi abbiamo dato loro la possibilità di rendere migliore il futuro dei loro figli"
"Non ci sentiamo ladre di bambini, sfruttatrici di donne costrette a vendersi per miseria. Latika ed Ekaterina per noi non erano macchine, ma le persone che hanno reso possibile a noi e a nostri mariti la gioia di un figlio che le malattie ci impedivano di portare in grembo e partorire. E noi, in qualche modo, abbiamo aiutato il futuro dei loro bambini".
Anna e Laura sono due delle centinaia di donne italiane che hanno scelto la maternità surrogata, pratica vietata nel nostro paese, andando all'estero. E in questi giorni in cui si dibatte sull'utero in affitto, dopo l'appello di 'Se non ora quando' che ha spaccato anche il mondo femminista, si sentono messe sotto accusa. Mentre nella stanza accanto i loro figli dormono inconsapevoli delle polemiche, della loro complicata origine.
Quale è la vostra storia?
LAURA: "Ho provato 15 volte la fecondazione assistita senza risultato, rimanevo incinta poi abortivo. Alla fine mi sono ammalata, mi hanno tolto l'utero e per me è stata come la fine di tutto. Avevo così tanto desiderato un figlio che quando ero in rianimazione e ho scoperto di non potere diventare madre ho detto a mio marito: stacca i tubi, meglio morire".
Come è arrivata a scegliere di andare in India?
ANNA: "Per disperazione. Per anni abbiamo cercato un figlio, fino alla sentenza definitiva che toglieva ogni illusione. Allora, dopo aver a lungo discusso il lato etico e morale della cosa, abbiamo cominciato a cercare in rete, e lì abbiamo conosciuto altre coppie che si erano recate a Nuova Delhi. Il costo era più abbordabile dell'America, noi siamo due impiegati, ma soprattutto ci hanno rassicurato che non era come altri posti dove le donne venivano sfruttate, allontanate dalle famiglie per mesi, imbrogliate perché non sapevano leggere i contratti. Quando siamo arrivati a Nova Delhi abbiamo una trovato una clinica moderna, medici efficienti, attenzione, protezione, cura vera verso le madri surrogate. E questo ci ha convinti".
Come è stato l'incontro con la madre surrogata?
ANNA: "Emozionante. Con mio marito Abbiamo conosciuto Latika, capelli scuri e un grande sorriso, accanto aveva suo marito che fa il conducente di autobus. Abbiamo parlato in inglese di quello che ci aspettava, delle nostre storie, dei motivi che avevano fatto incrociare le nostre vite: lei lo faceva per i suoi due figli, per pagargli un'istruzione superiore. Per tutta la gravidanza abbiamo chiacchierato, comunicato via skype, tenendoci in contatto mentre il desiderio cresceva e si faceva più reale".
E in Ucraina come è andata?
LAURA: "Io sono arrivata a Kiev dopo tante fecondazioni assistite inutili e operazioni, dopo diversi tentativi di surrogata andati a male in Grecia. In Ucraina abbiamo conosciuto Ekaterina, 26 anni, due bambini che vivevano con lei in un paese in mezzo alla campagna. Una donna forte, serena, convinta, anche lei lo faceva per i suoi figli: con i soldi si è comprata una casa".
Quanto sono state pagate?
ANNA e LAURA: "Circa settemila euro, trentamila tutta l'organizzazione medica".
Vi accusano di aver comprato i bambini....
ANNA e LAURA: "No, è stato uno scambio, un regalo. Latika ed Ekaterina ci hanno reso possibile diventare genitori, usando il seme dei nostri mariti e in un caso l'ovulo di un'altra donna. E noi abbiamo dato loro la possibilità di rendere migliore il futuro dei loro figli".
Re: ARTICOLI & NEWS
Non è sfruttamento dei ricchi sui poveri?
LAURA: "Quello purtroppo c'è in tutto il mondo, basti pensare ai minorenni sfruttati nelle fabbriche, alle ragazzine vendute sulle strade senza che nessuno si scandalizzi. Qui almeno c'era un rapporto tra adulti consapevoli, una libera scelta. Io, se fossi stata al posto loro, nella loro situazione, probabilmente avrei fatto la stessa cosa".
Non ha pensato di trattarle come donna oggetto?
LAURA: "No, anzi, ho fatto di tutto perché ci fosse un rapporto vero, Ekaterina non è mai stata solo un mezzo per realizzare un sogno. Ho passato mesi ad imparare il russo per riuscire a scambiare qualche parola con lei quando ci siamo incontrate".
Ha rivisto il bebè dopo il parto?
LAURA: "Glieli tolgono appena nati, mi hanno detto che altre donne italiane non glieli fanno più vedere prima di partire. Io no, anzi, Ekaterina mi ha chiesto di fare una foto con lei, di farne della bambina, di mandargliene. Ai figli aveva detto che stava regalando un bambino a una donna che non poteva averne e cosi loro volevano avere notizie. Anche se sapevano che non era una sorella, l'ovulo era infatti di un'altra donna e il seme di mio marito".
E Latika?
ANNA: "Ha visto il piccolino per il mese che siamo rimasti in india e anche ora che è in Italia, ovviamente via Skype. Ma non è una rarità, quasi tutte le coppie gay, che comunque sono pochissime rispetto agli eterosessuali, mantengono rapporti con la madre surrogata. Io so solo che quando mio figlio crescerà gli dirò come è venuto al mondo, che parte ha avuto nella sua nascita quella gentile signora indiana che lo ha cresciuto in grembo. E magari lo porterà a Nuova Delhi a conoscere lei e suoi figli".
E adesso cosa accadrà?
ANNA e LAURA: "Aspettiamo con ansia di avere tutti i documenti in regola, le sentenze che ci dicano che non dobbiamo più avere paura di perdere i nostri bambini. Siamo in tanti, in un mese all'ambasciata di Kiev erano passate almeno 50 coppie italiane che avevano fatto la surrogata".
Tra loro, seguite dall'avvocato bolognese Giorgio Muccio, anche la coppia che si è vista togliere il bambino dallo stato italiano (nato in Ucraina si era poi scoperto non avere nessuna parentela genetica con i genitori). Nei mesi scorsi il nostro paese è stato condannato a pagare alla coppia 20mila euro per danni morali, ed ha presentato ricorso. La corte europea per i diritti dell'uomo si è riunita ieri pomeriggio per valutare.
LAURA: "Quello purtroppo c'è in tutto il mondo, basti pensare ai minorenni sfruttati nelle fabbriche, alle ragazzine vendute sulle strade senza che nessuno si scandalizzi. Qui almeno c'era un rapporto tra adulti consapevoli, una libera scelta. Io, se fossi stata al posto loro, nella loro situazione, probabilmente avrei fatto la stessa cosa".
Non ha pensato di trattarle come donna oggetto?
LAURA: "No, anzi, ho fatto di tutto perché ci fosse un rapporto vero, Ekaterina non è mai stata solo un mezzo per realizzare un sogno. Ho passato mesi ad imparare il russo per riuscire a scambiare qualche parola con lei quando ci siamo incontrate".
Ha rivisto il bebè dopo il parto?
LAURA: "Glieli tolgono appena nati, mi hanno detto che altre donne italiane non glieli fanno più vedere prima di partire. Io no, anzi, Ekaterina mi ha chiesto di fare una foto con lei, di farne della bambina, di mandargliene. Ai figli aveva detto che stava regalando un bambino a una donna che non poteva averne e cosi loro volevano avere notizie. Anche se sapevano che non era una sorella, l'ovulo era infatti di un'altra donna e il seme di mio marito".
E Latika?
ANNA: "Ha visto il piccolino per il mese che siamo rimasti in india e anche ora che è in Italia, ovviamente via Skype. Ma non è una rarità, quasi tutte le coppie gay, che comunque sono pochissime rispetto agli eterosessuali, mantengono rapporti con la madre surrogata. Io so solo che quando mio figlio crescerà gli dirò come è venuto al mondo, che parte ha avuto nella sua nascita quella gentile signora indiana che lo ha cresciuto in grembo. E magari lo porterà a Nuova Delhi a conoscere lei e suoi figli".
E adesso cosa accadrà?
ANNA e LAURA: "Aspettiamo con ansia di avere tutti i documenti in regola, le sentenze che ci dicano che non dobbiamo più avere paura di perdere i nostri bambini. Siamo in tanti, in un mese all'ambasciata di Kiev erano passate almeno 50 coppie italiane che avevano fatto la surrogata".
Tra loro, seguite dall'avvocato bolognese Giorgio Muccio, anche la coppia che si è vista togliere il bambino dallo stato italiano (nato in Ucraina si era poi scoperto non avere nessuna parentela genetica con i genitori). Nei mesi scorsi il nostro paese è stato condannato a pagare alla coppia 20mila euro per danni morali, ed ha presentato ricorso. La corte europea per i diritti dell'uomo si è riunita ieri pomeriggio per valutare.
Re: ARTICOLI & NEWS
I miei figli sono la gioia della mia vita Perché non aiutare altri ad averla?
«Serena, ma tu hai figli?».
Arriva sempre, la domanda che tenta di farmi chiudere la bocca, quando discuto con qualcuno di maternità, della libertà delle donne di scegliere di non avere figli, della legittimità di qualcuna di non sentirne affatto il bisogno o di qualcun’altra di voler esserlo a tutti i costi quindi di ricorrere alla scienza e alla tecnologia, spesso all’estero, pur di stringere fra le braccia un bambino.
Quando non sanno più come controbattere mi chiedono se ho figli. Sì, ho un figlio di sei anni. Che ho anche partorito. Quindi so pure cosa significa (per me) portarlo in grembo e crescerlo.
Ma mi viene da ridere. Sempre. Infatti rispondo: «Credo che la tua domanda sia errata. Il quesito giusto da porci non è se io, donna, abbia figli. Ma se mi ricordo della me bambina, di quando ero io, a mia volta, figlia».
Perché in questi giorni in cui si sta discutendo in maniera molto accesa sulla maternità surrogata si sta perdendo un po’ il punto di vista della questione. Cosa serve a un bambino per crescere? Di cosa ha realmente bisogno? Chi è madre? Quella che ti mette al mondo o la persona che ti fa diventare grande?
Sono anni che intervisto madri. Adottive, di figli malati, in affido, madri alle quali è stato strappato un figlio, madri in carcere, madri single, madri abbandonate, madri fuggite, madri violente, donne che sono ricorse all’eterologa, altre che hanno cresciuto figli a fianco di uomini-mostri. E hanno tutte una cosa in comune: si sentono madri perché si sono svegliate di notte, perché hanno curato la febbre, perché si sono emozionate il primo giorno di scuola, perché hanno sgridato, messo in castigo, si son preoccupate e pianto per le sofferenze. Quindi perché hanno cresciuto e amato i loro figli.
Ho incontrato un caleidoscopio di esperienze, le une molto diverse dalle altre, e ho sempre tenuto fisso un obiettivo: raccontare la storia, i sentimenti, i perché di chi mi trovavo di fronte. Non ho mai generalizzato, e mai vorrò farlo, i macro argomenti che riguardano le donne.
In questi giorni in cui si discute di maternità surrogata mi sorprende una cosa: è quasi inesistente la voce di queste madri, soprattutto di chi fra loro “presta”, diciamo così, il proprio utero per coppie eterosessuali. Ho letto molti nomi importanti fra chi si schiera contro e sono convinta che nessuno di loro abbia mai ascoltato di persona la voce di queste donne che decidono di partorire figli per altri. Parlo di americane, inglesi, greche, russe, ucraine, dando per scontato che tutti, senza se e senza ma, condanniamo là dove esiste schiavitù (e non solo quella dell’utero in affitto di qualche indiana o nepalese ma anche per esempio quella degli schiavi della raccolta dei pomodori nel sud Italia o dei bambini sfruttati nelle miniere nei paesi poveri).
«Serena, ma tu hai figli?».
Arriva sempre, la domanda che tenta di farmi chiudere la bocca, quando discuto con qualcuno di maternità, della libertà delle donne di scegliere di non avere figli, della legittimità di qualcuna di non sentirne affatto il bisogno o di qualcun’altra di voler esserlo a tutti i costi quindi di ricorrere alla scienza e alla tecnologia, spesso all’estero, pur di stringere fra le braccia un bambino.
Quando non sanno più come controbattere mi chiedono se ho figli. Sì, ho un figlio di sei anni. Che ho anche partorito. Quindi so pure cosa significa (per me) portarlo in grembo e crescerlo.
Ma mi viene da ridere. Sempre. Infatti rispondo: «Credo che la tua domanda sia errata. Il quesito giusto da porci non è se io, donna, abbia figli. Ma se mi ricordo della me bambina, di quando ero io, a mia volta, figlia».
Perché in questi giorni in cui si sta discutendo in maniera molto accesa sulla maternità surrogata si sta perdendo un po’ il punto di vista della questione. Cosa serve a un bambino per crescere? Di cosa ha realmente bisogno? Chi è madre? Quella che ti mette al mondo o la persona che ti fa diventare grande?
Sono anni che intervisto madri. Adottive, di figli malati, in affido, madri alle quali è stato strappato un figlio, madri in carcere, madri single, madri abbandonate, madri fuggite, madri violente, donne che sono ricorse all’eterologa, altre che hanno cresciuto figli a fianco di uomini-mostri. E hanno tutte una cosa in comune: si sentono madri perché si sono svegliate di notte, perché hanno curato la febbre, perché si sono emozionate il primo giorno di scuola, perché hanno sgridato, messo in castigo, si son preoccupate e pianto per le sofferenze. Quindi perché hanno cresciuto e amato i loro figli.
Ho incontrato un caleidoscopio di esperienze, le une molto diverse dalle altre, e ho sempre tenuto fisso un obiettivo: raccontare la storia, i sentimenti, i perché di chi mi trovavo di fronte. Non ho mai generalizzato, e mai vorrò farlo, i macro argomenti che riguardano le donne.
In questi giorni in cui si discute di maternità surrogata mi sorprende una cosa: è quasi inesistente la voce di queste madri, soprattutto di chi fra loro “presta”, diciamo così, il proprio utero per coppie eterosessuali. Ho letto molti nomi importanti fra chi si schiera contro e sono convinta che nessuno di loro abbia mai ascoltato di persona la voce di queste donne che decidono di partorire figli per altri. Parlo di americane, inglesi, greche, russe, ucraine, dando per scontato che tutti, senza se e senza ma, condanniamo là dove esiste schiavitù (e non solo quella dell’utero in affitto di qualche indiana o nepalese ma anche per esempio quella degli schiavi della raccolta dei pomodori nel sud Italia o dei bambini sfruttati nelle miniere nei paesi poveri).
Re: ARTICOLI & NEWS
Io ho iniziato a raccogliere testimonianze di madri surrogate lo scorso anno. Perché da sempre mi interessa l’argomento e perché ne sto facendo un libro in uscita fra pochi mesi. A Kiev ho incontrato Natasha, madre di un figlio di nove anni e portatrice per tre volte di figli per altri. Non ho visto schiavitù, non ho visto costrizione, non ho visto tristezza. Anzi. Tanta consapevolezza, tanta serenità e tanta voglia di donare a chi lo desiderava da anni un figlio che, naturalmente, non era mai arrivato. Stessa consapevolezza e stessa voglia di partorire un figlio per altri anche nelle statunitensi. Esistono numerosi blog e pagine sui social network in cui si scambiano consigli, si sostengono, si incitano a vicenda e condividono esperienze che, a detta loro, sono indimenticabili. E quando chiedi se c’è qualcuna che ti vuol raccontare la sua storia e il perché lo fa, arrivano decine di risposte via mail: «I would love to tell u my story». Scopri che sono tutte già madri, di regola di due o tre figli loro, contente di poter aiutare coppie con difficoltà ad allargare famiglia perché «i miei figli sono la gioia più grande della mia vita. Perché non dovrei aiutare qualcuno ad averla, questa gioia?». Poi ci sono le sorelle che si aiutano a vicenda, o le madri che si prestano per figlie malate. O le amiche, che si mettono a disposizione.
Delle testimonianze raccolte, solo un venti per cento riguarda coppie omosessuali. Gran parte delle persone che ricorrono alla surrogata sono coppie etero in cui la donna non può portare a termine la gravidanza. Donne nate senza utero, donne alle quali è stato tolto per una grave malattia, donne uscite dalla chemioterapia, donne che hanno avuto parti drammatici in cui, oltre ad aver perso il figlio alla nascita, hanno subito l’asportazione dell’utero, donne sieropositive, donne con malformazioni genitali. Io per onestà intellettuale ho sempre avuto la necessità di capire un argomento, una questione, senza giudicare. Per questo più che sedermi nei salotti a discutere su chi abbia torto o ragione e ascoltare le posizioni teoriche delle diverse parti, ho preferito andare direttamente a parlare con le interessate.
Sono sinceramente stupita su come si stia compiendo un tentativo di ragionamento che, secondo me, sta facendo solo danni al concetto di maternità e di libertà di scelta. Elisabeth Badinter diceva che essere madri non è innato e non c’è nulla di naturale nell’esserlo. La nozione di amore materno è evolutiva perché, dice la filosofa, «è soltanto un sentimento. E come tutti i sentimenti è incerto, fragile e imperfetto. Può esistere o non esistere, esserci o sparire. Non va dato per scontato». Ancora oggi invece paghiamo il binomio della donna-madre. Se una donna non hai figli, non è completa e non può capire cosa voglia dire veramente amare. Se dice che è stata una libera scelta, mente: «avrà avuto sicuramente qualche problema, figurati se una sceglie di non aver figli». E di cosa sto parlando lo sappiamo bene tutte. A sedici anni tutti ti chiedono quando ti trovi il fidanzato. Quando hai il fidanzato, iniziano le domande su quando ti sposi. Quando sei sposata, quand’è che fai un figlio… e se un figlio non arriva, spesso è un dramma. Molto spesso, non per la coppia, ma per chi le sta attorno. E quindi un figlio deve arrivare, anche a tutti i costi.
È ancora molto diffuso il mito della maternità come unica realizzazione dell’essere donna e del rapporto speciale tra madre e figlio, fin dalla pancia. Certo, per qualcuna sarà stato sicuramente così. Ma la presunzione che lo sia per tutte è inaccettabile. Credo sarebbe molto più utile tornare a discutere perché la donna valga indipendentemente dall’essere o non essere madre, dall’avere o non avere figli, dall’utilizzare o meno il proprio utero.
Altrimenti, anche in questa battaglia, credo che a rimetterci sarà ancora una volta la nostra libertà.
Delle testimonianze raccolte, solo un venti per cento riguarda coppie omosessuali. Gran parte delle persone che ricorrono alla surrogata sono coppie etero in cui la donna non può portare a termine la gravidanza. Donne nate senza utero, donne alle quali è stato tolto per una grave malattia, donne uscite dalla chemioterapia, donne che hanno avuto parti drammatici in cui, oltre ad aver perso il figlio alla nascita, hanno subito l’asportazione dell’utero, donne sieropositive, donne con malformazioni genitali. Io per onestà intellettuale ho sempre avuto la necessità di capire un argomento, una questione, senza giudicare. Per questo più che sedermi nei salotti a discutere su chi abbia torto o ragione e ascoltare le posizioni teoriche delle diverse parti, ho preferito andare direttamente a parlare con le interessate.
Sono sinceramente stupita su come si stia compiendo un tentativo di ragionamento che, secondo me, sta facendo solo danni al concetto di maternità e di libertà di scelta. Elisabeth Badinter diceva che essere madri non è innato e non c’è nulla di naturale nell’esserlo. La nozione di amore materno è evolutiva perché, dice la filosofa, «è soltanto un sentimento. E come tutti i sentimenti è incerto, fragile e imperfetto. Può esistere o non esistere, esserci o sparire. Non va dato per scontato». Ancora oggi invece paghiamo il binomio della donna-madre. Se una donna non hai figli, non è completa e non può capire cosa voglia dire veramente amare. Se dice che è stata una libera scelta, mente: «avrà avuto sicuramente qualche problema, figurati se una sceglie di non aver figli». E di cosa sto parlando lo sappiamo bene tutte. A sedici anni tutti ti chiedono quando ti trovi il fidanzato. Quando hai il fidanzato, iniziano le domande su quando ti sposi. Quando sei sposata, quand’è che fai un figlio… e se un figlio non arriva, spesso è un dramma. Molto spesso, non per la coppia, ma per chi le sta attorno. E quindi un figlio deve arrivare, anche a tutti i costi.
È ancora molto diffuso il mito della maternità come unica realizzazione dell’essere donna e del rapporto speciale tra madre e figlio, fin dalla pancia. Certo, per qualcuna sarà stato sicuramente così. Ma la presunzione che lo sia per tutte è inaccettabile. Credo sarebbe molto più utile tornare a discutere perché la donna valga indipendentemente dall’essere o non essere madre, dall’avere o non avere figli, dall’utilizzare o meno il proprio utero.
Altrimenti, anche in questa battaglia, credo che a rimetterci sarà ancora una volta la nostra libertà.
Re: ARTICOLI & NEWS
Maternità surrogata vietata in Messico a gay e stranieri
E’ successo ieri nell’unico stato messicano che la permetteva, il Tabasco
Lo Stato messicano del Tabasco, situato nella parte meridionale del paese e affacciato sulla baia di Campeche del Golfo del Messico, ha introdotto da ieri il divieto alle donne di praticare la maternità surrogata alle coppie straniere ed a quelle omosessuali.
Lo stato del Tabasco è attualmente l’unico stato messicano che dal 1998 consente la maternità surrogata. Negli ultimi anni, tale legislazione aveva attirato molte coppie straniere e gay che cercavano di avere figli, facendo così diventare il Tabasco una valida alternativa a quegli stati degli USA (come la California) dove è permessa ma dove il costo può superare i 150.000 dollari. Erano anche sorte anche alcune agenzie di mediazione tra madri surrogate e coppie, che avevano inevitabilmente trasformato il tutto in business, facendo soprattutto leva sul fatto che il reddito della popolazione di quella parte del paese è particolarmente basso, a differenza degli Stati Uniti e del Canada, dove le coppie gay italiane si sono rivolte fino ad oggi. In teoria la legislazione impediva alla coppia di pagare la madre surrogata, ma la realtà era diventata ben diversa.
Il Parlamento dello Stato del Tabasco ha quindi votato lunedì scorso, con 21 voti favorevoli e 9 contrari, la modifica della legge che permette la maternità surrogata. In tale modifica, è anche previsto che la mamma surrogata debba avere un’età compresa tra i 25 ed i 40 anni e dimostrare con certificati medici di poter mettere al mondo un bambino: il Ministero della Salute vigilerà in tal senso. I contratti tra le coppie e la madre surrogata dovranno essere approvati da un giudice e non potranno più essere fatti attraverso società di mediazione, cosa che aveva creato non pochi problemi negli anni precedenti come aveva documentato tempo fa il giornale inglese The Guardian in una inchiesta molto approfondita. La maggior parte delle persone che avevano fatto ricorso alla maternità surrogata nello stato del Tabasco erano originarie della Spagna e degli Stati Uniti.
E’ successo ieri nell’unico stato messicano che la permetteva, il Tabasco
Lo Stato messicano del Tabasco, situato nella parte meridionale del paese e affacciato sulla baia di Campeche del Golfo del Messico, ha introdotto da ieri il divieto alle donne di praticare la maternità surrogata alle coppie straniere ed a quelle omosessuali.
Lo stato del Tabasco è attualmente l’unico stato messicano che dal 1998 consente la maternità surrogata. Negli ultimi anni, tale legislazione aveva attirato molte coppie straniere e gay che cercavano di avere figli, facendo così diventare il Tabasco una valida alternativa a quegli stati degli USA (come la California) dove è permessa ma dove il costo può superare i 150.000 dollari. Erano anche sorte anche alcune agenzie di mediazione tra madri surrogate e coppie, che avevano inevitabilmente trasformato il tutto in business, facendo soprattutto leva sul fatto che il reddito della popolazione di quella parte del paese è particolarmente basso, a differenza degli Stati Uniti e del Canada, dove le coppie gay italiane si sono rivolte fino ad oggi. In teoria la legislazione impediva alla coppia di pagare la madre surrogata, ma la realtà era diventata ben diversa.
Il Parlamento dello Stato del Tabasco ha quindi votato lunedì scorso, con 21 voti favorevoli e 9 contrari, la modifica della legge che permette la maternità surrogata. In tale modifica, è anche previsto che la mamma surrogata debba avere un’età compresa tra i 25 ed i 40 anni e dimostrare con certificati medici di poter mettere al mondo un bambino: il Ministero della Salute vigilerà in tal senso. I contratti tra le coppie e la madre surrogata dovranno essere approvati da un giudice e non potranno più essere fatti attraverso società di mediazione, cosa che aveva creato non pochi problemi negli anni precedenti come aveva documentato tempo fa il giornale inglese The Guardian in una inchiesta molto approfondita. La maggior parte delle persone che avevano fatto ricorso alla maternità surrogata nello stato del Tabasco erano originarie della Spagna e degli Stati Uniti.
Re: ARTICOLI & NEWS
Le femministe si sono dimenticate del diritto alla genitorialità
07 DIC - Gentile direttore,
riprendo il mio dialogo interiore ed i miei dubbi sul tema della GDA, gestazione per altri, Gestazione D'Appoggio. Le femministe italiane finalmente si vendicano di Pasolini. Dopo essere state perseguitate negli anni settanta dall'unico intellettuale omosessuale di rilievo, che era profondamente antiabortista in un senso che farebbe invidia al più feroce fanatico Pro-Vita, sono oggi proprio le femministe di quegli anni e le giovani promesse di Se Non Ora Quando (SNOQ) ad avere stilato una condanna senza appello a chi osasse parlare in Italia di Maternità Surrogata.
I commenti sulla 27ma ora del corriere.it non sono meno aggressivi ed unanimi, confondendo gli animi umani e trascinandoli verso l'ultima conquista della caccia alle streghe e dell'omofobia.
Sicuramente il tema è complesso, ma esiste da 30 anni e se ne parla solo adesso in Italia, perché noi omosessuali stiamo per avere, forse, uno straccio di diritto al riconoscimento come coppia e come famiglia. Tutto questo discorso è quindi fondamentalmente omofobo anche se il 96% delle GDA sono ovviamente a favore di coppie eterosessuali, spesso anche sposate.
Il tema divide, anche la mia coscienza. Nel merito sono a favore dell'interruzione volontaria di gravidanza, ma provo orrore all'idea che una donna lo pratichi, e da psichiatra so benissimo che questo e quel sentimento di Pasolini altro non è che la paura di essere in quanto omosessuale rifiutato prima di nascere dalla propria adorata madre.
Trovo pertanto folle e tutto sommato contraddittorio che SNOQ e femministe d'antan si pongano con tanta veemenza a vietare l'uso dell'utero e del corpo ad altre donne, che magari ne trarranno un beneficio economico discreto. Alcuni idealisti già pretendono che si dia l'utero gratuitamente in prestito, ma questo contraddice ogni idea di contratto e di libero mercato, come se appunto Marx, Foucault o De Beauvoir fossero sepolti da una nuova idea francescana delle relazioni sociali, che sappiamo nascondere una vecchia idea maschilista: darla via gratis...
L'ipotesi cardine di questo discorso omofobo si basa ovviamente sul mancato diritto del neonato, come se a ciascuno di noi avessero mai chiesto di nascere!
Quest'idea paranoica sul diritto del neonato, di cui si appropriano gli omofobi occidentali e slavi è davvero assurda, il che rende ancora più assurda la posizione delle femministe. A nessun neonato è chiesto di nascere né a casa di chi nascere né in quali circostanze storiche sociali etniche religiose e familiari. Non si vede perché l'unico diritto del neonato dovrebbe diventare un divieto. Il divieto di nascere in una famiglia gay evidentemente benestante ed occidentale.
Il neonato di una coppia gay che faccia uso di GDA avrà tra l'altro in uno dei due gay il padre naturale mentre con la madre che lo partorisce non avrà nessun altro legame biologico essendo, come nella gravidanza Eterologa, l'ovulo e quindi la maternità biologica di una diversa donna donatrice, generalmente anonima.
Ancora più assurda mi sembra il discorso di SNOQ se inizio il pensiero al rovescio, il cosiddetto ragionamento per assurdo.
Se è vera questa assurda crociata omofoba contro la GDA, allora i maschi omosessuali che donano il seme per la gravidanza Eterologa, essendo i padri biologici non dovrebbero essere allontanati dai propri figli, idem per le donne lesbiche che donino ovuli per GDA o per gravidanze Eterologhe, senza parlare dei padri delle donne che chiedano l'IVG, tornerebbe di corsa a tutti loro il diritto di paternità.
Esiste evidentemente un diritto alla Paternità o meglio di genitorialità più complesso, che le femministe si sono completamente dimenticate, quelle del padre gay biologico, tanto per dirne una, oppure del donatore di seme, oppure il padre della donna che chiede di abortire, o del padre che divorzia e via dicendo, che esse semplicemente cancellano d'un tratto.
Di fatto proprio il divorzio crea le condizioni per l'ultimo mio pensiero di questa mia ennesima lettera, di solito poco letta.
Le famiglie di tutte le oppositrici ed oppositori dei diritti della GDA e della genitorialità omosessuale sono di fatto delle famiglie di fatto o delle famiglie di pluridivorziati, e non cito gli ultimi casi di cronaca celeste...
07 DIC - Gentile direttore,
riprendo il mio dialogo interiore ed i miei dubbi sul tema della GDA, gestazione per altri, Gestazione D'Appoggio. Le femministe italiane finalmente si vendicano di Pasolini. Dopo essere state perseguitate negli anni settanta dall'unico intellettuale omosessuale di rilievo, che era profondamente antiabortista in un senso che farebbe invidia al più feroce fanatico Pro-Vita, sono oggi proprio le femministe di quegli anni e le giovani promesse di Se Non Ora Quando (SNOQ) ad avere stilato una condanna senza appello a chi osasse parlare in Italia di Maternità Surrogata.
I commenti sulla 27ma ora del corriere.it non sono meno aggressivi ed unanimi, confondendo gli animi umani e trascinandoli verso l'ultima conquista della caccia alle streghe e dell'omofobia.
Sicuramente il tema è complesso, ma esiste da 30 anni e se ne parla solo adesso in Italia, perché noi omosessuali stiamo per avere, forse, uno straccio di diritto al riconoscimento come coppia e come famiglia. Tutto questo discorso è quindi fondamentalmente omofobo anche se il 96% delle GDA sono ovviamente a favore di coppie eterosessuali, spesso anche sposate.
Il tema divide, anche la mia coscienza. Nel merito sono a favore dell'interruzione volontaria di gravidanza, ma provo orrore all'idea che una donna lo pratichi, e da psichiatra so benissimo che questo e quel sentimento di Pasolini altro non è che la paura di essere in quanto omosessuale rifiutato prima di nascere dalla propria adorata madre.
Trovo pertanto folle e tutto sommato contraddittorio che SNOQ e femministe d'antan si pongano con tanta veemenza a vietare l'uso dell'utero e del corpo ad altre donne, che magari ne trarranno un beneficio economico discreto. Alcuni idealisti già pretendono che si dia l'utero gratuitamente in prestito, ma questo contraddice ogni idea di contratto e di libero mercato, come se appunto Marx, Foucault o De Beauvoir fossero sepolti da una nuova idea francescana delle relazioni sociali, che sappiamo nascondere una vecchia idea maschilista: darla via gratis...
L'ipotesi cardine di questo discorso omofobo si basa ovviamente sul mancato diritto del neonato, come se a ciascuno di noi avessero mai chiesto di nascere!
Quest'idea paranoica sul diritto del neonato, di cui si appropriano gli omofobi occidentali e slavi è davvero assurda, il che rende ancora più assurda la posizione delle femministe. A nessun neonato è chiesto di nascere né a casa di chi nascere né in quali circostanze storiche sociali etniche religiose e familiari. Non si vede perché l'unico diritto del neonato dovrebbe diventare un divieto. Il divieto di nascere in una famiglia gay evidentemente benestante ed occidentale.
Il neonato di una coppia gay che faccia uso di GDA avrà tra l'altro in uno dei due gay il padre naturale mentre con la madre che lo partorisce non avrà nessun altro legame biologico essendo, come nella gravidanza Eterologa, l'ovulo e quindi la maternità biologica di una diversa donna donatrice, generalmente anonima.
Ancora più assurda mi sembra il discorso di SNOQ se inizio il pensiero al rovescio, il cosiddetto ragionamento per assurdo.
Se è vera questa assurda crociata omofoba contro la GDA, allora i maschi omosessuali che donano il seme per la gravidanza Eterologa, essendo i padri biologici non dovrebbero essere allontanati dai propri figli, idem per le donne lesbiche che donino ovuli per GDA o per gravidanze Eterologhe, senza parlare dei padri delle donne che chiedano l'IVG, tornerebbe di corsa a tutti loro il diritto di paternità.
Esiste evidentemente un diritto alla Paternità o meglio di genitorialità più complesso, che le femministe si sono completamente dimenticate, quelle del padre gay biologico, tanto per dirne una, oppure del donatore di seme, oppure il padre della donna che chiede di abortire, o del padre che divorzia e via dicendo, che esse semplicemente cancellano d'un tratto.
Di fatto proprio il divorzio crea le condizioni per l'ultimo mio pensiero di questa mia ennesima lettera, di solito poco letta.
Le famiglie di tutte le oppositrici ed oppositori dei diritti della GDA e della genitorialità omosessuale sono di fatto delle famiglie di fatto o delle famiglie di pluridivorziati, e non cito gli ultimi casi di cronaca celeste...
Re: ARTICOLI & NEWS
Parlamento UE: sì alle nozze gay, no all’utero in affitto
Questa è la posizione presa a Strasburgo nella relazione sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell’Unione in materia
di Valeria Zeppilli – Anche quest'anno arriva da Strasburgo la Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione Europea in materia.
Con un sì e con un no.
Il sì va alle nozze tra persone dello stesso sesso.
Il no va alla maternità surrogata, ovverosia il cd. "utero in affitto".
È chiaro che queste non sono le sole tematiche delle quali si occupa il documento, che tocca anche le questioni dei rifugiati, della pena di morte e della libertà di pensiero.
Ma sono di certo tematiche sulle quali la relazione si è soffermata in maniera particolare, approfondendole in un intero paragrafo.
Del resto, si tratta di aspetti molto "scottanti" e sulla bocca di tutti.
Più nel dettaglio, sulle nozze gay l'impegno è quello verso il rispetto dei diritti degli omosessuali, dei bisessuali, dei transessuali e delle persone intersessuate.
Sulla maternità surrogata, invece, il rigetto è netto e deciso: con tale prassi si nega, a parere del Parlamento europeo, la dignità della donna attraverso una completa mercificazione del suo corpo e delle sue funzioni riproduttive.
Di conseguenza, con particolare riferimento alle donne dei paesi in via di sviluppo, tale pratica deve essere trattata come una questione urgente negli strumenti per i diritti umani. Essa, infatti, è uno sfruttamento, per un ritorno economico o di altro genere, che per il Parlamento deve essere proibito.
Fonte: Parlamento UE: sì alle nozze gay, no all’utero in affitto
(www.StudioCataldi.it)
Questa è la posizione presa a Strasburgo nella relazione sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell’Unione in materia
di Valeria Zeppilli – Anche quest'anno arriva da Strasburgo la Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione Europea in materia.
Con un sì e con un no.
Il sì va alle nozze tra persone dello stesso sesso.
Il no va alla maternità surrogata, ovverosia il cd. "utero in affitto".
È chiaro che queste non sono le sole tematiche delle quali si occupa il documento, che tocca anche le questioni dei rifugiati, della pena di morte e della libertà di pensiero.
Ma sono di certo tematiche sulle quali la relazione si è soffermata in maniera particolare, approfondendole in un intero paragrafo.
Del resto, si tratta di aspetti molto "scottanti" e sulla bocca di tutti.
Più nel dettaglio, sulle nozze gay l'impegno è quello verso il rispetto dei diritti degli omosessuali, dei bisessuali, dei transessuali e delle persone intersessuate.
Sulla maternità surrogata, invece, il rigetto è netto e deciso: con tale prassi si nega, a parere del Parlamento europeo, la dignità della donna attraverso una completa mercificazione del suo corpo e delle sue funzioni riproduttive.
Di conseguenza, con particolare riferimento alle donne dei paesi in via di sviluppo, tale pratica deve essere trattata come una questione urgente negli strumenti per i diritti umani. Essa, infatti, è uno sfruttamento, per un ritorno economico o di altro genere, che per il Parlamento deve essere proibito.
Fonte: Parlamento UE: sì alle nozze gay, no all’utero in affitto
(www.StudioCataldi.it)
Re: ARTICOLI & NEWS
Utero in affitto, Roccella: "Rapporto Ue è inefficace. Vi annuncio che ddl Cirinnà sarà in Aula il 26/1"
Stop agli "uteri in affitto", che riducono la donna, il suo grembo e i bambini a una merce, con lo sfruttamento soprattutto delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo. L'importante messaggio è emerso questa mattina in assemblea plenaria al Parlamento europeo, all’interno del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo – riferito al 2014 – e la politica dell’Unione Europea in materia, preparato dal popolare rumeno Cristian Dan Preda.
IntelligoNews ne ha parlato con un'esperta del tema, la deputata Eugenia Roccella...
Siamo davanti ad una piccola rivoluzione?
«Si tratta di acqua fresca. Non ha nessunissima efficacia, è un atto dovuto in una relazione sui diritti umani. Non si può che condannare la commercializzazione del corpo umano, tra l'altro è un emendamento fatto da politici che vengono da Paesi dell'Est, area a cui ricorrono spesso gli europei per ottenere la maternità surrogata».
La condanna però è nero su bianco.
«La condanna è in linea di principio, ma molto blanda. In Francia piuttosto ci sarà un grande appuntamento del femminismo internazionale su questo, dunque c'è semmai un richiamo di attualità a cui non ci si può sottrarre. L'inefficacia di una condanna in linea di principio è chiara, tant'è vero che c'è stato un altro emendamento bocciato che chiedeva una qualche applicazione del principio, sollecitando una riflessione sul piano delle legislazioni. Emendamento puntualmente bocciato...».
Utero in affitto, Roccella: 'Rapporto Ue è inefficace. Vi annuncio che ddl Cirinnà sarà in Aula il 26/1'
Non è dunque la prima condanna di questo tipo dell'Ue?
Assolutamente no, ce ne sono state altre. Ne ricordo una molto più forte e non in un rapporto, bensì in una risoluzione. Mi ricordo che parlava di donne e bambini ridotti a merce, era molto consistente sul piano della condanna, ma non ha avuto nessuna efficacia».
Veniamo all'Italia. Cambierà qualcosa per voi in Parlamento, può essere questo rapporto un elemento di forza per le vostre battaglie politiche contro il Ddl Cirinnà?
«No, condanne internazionali ce ne sono già state. Insisto, ce ne sono di più antiche e più forti. Sono cose che lasciano il tempo che trovano, in un rapporto sui diritti umani non si poteva dire che le donne dei Paesi terzi utilizzate come contenitori a pagamento non siano lese nei loro diritti. Semmai in questi anni abbiamo visto passi indietro anziché avanti. Proprio in questo momento ho appreso che il Ddl Cirinnà è stato calendarizzato il 26 gennaio».
Utero in affitto, Roccella: 'Rapporto Ue è inefficace. Vi annuncio che ddl Cirinnà sarà in Aula il 26/1'
Nel paragrafo in questione del rapporto, il 114, si parla di urgenza. Che tipo di segnale è questo?
«Ripeto, è un qualcosa di scontato. C'è stata in Europa persino una risoluzione contro la compravendita degli ovociti, ma anche lì nessun effetto. Il vero segnale semmai oggi è l'Agacinski».
La Francia dunque.
«Sì, questa nuova possibile presa di posizione del femminismo francese e dell'Agacinski in particolare. Una donna molto libera, appartenente alla sinistra. La sua presa di posizione, molto rispettabile, apre la prima vera contraddizione all'interno della sinistra. Il convegno francese che si terrà prossimamente ha un'importanza notevole anche per questo aspetto. Non dimentichiamo che è la moglie dell'ex premier Jospin».
Stop agli "uteri in affitto", che riducono la donna, il suo grembo e i bambini a una merce, con lo sfruttamento soprattutto delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo. L'importante messaggio è emerso questa mattina in assemblea plenaria al Parlamento europeo, all’interno del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo – riferito al 2014 – e la politica dell’Unione Europea in materia, preparato dal popolare rumeno Cristian Dan Preda.
IntelligoNews ne ha parlato con un'esperta del tema, la deputata Eugenia Roccella...
Siamo davanti ad una piccola rivoluzione?
«Si tratta di acqua fresca. Non ha nessunissima efficacia, è un atto dovuto in una relazione sui diritti umani. Non si può che condannare la commercializzazione del corpo umano, tra l'altro è un emendamento fatto da politici che vengono da Paesi dell'Est, area a cui ricorrono spesso gli europei per ottenere la maternità surrogata».
La condanna però è nero su bianco.
«La condanna è in linea di principio, ma molto blanda. In Francia piuttosto ci sarà un grande appuntamento del femminismo internazionale su questo, dunque c'è semmai un richiamo di attualità a cui non ci si può sottrarre. L'inefficacia di una condanna in linea di principio è chiara, tant'è vero che c'è stato un altro emendamento bocciato che chiedeva una qualche applicazione del principio, sollecitando una riflessione sul piano delle legislazioni. Emendamento puntualmente bocciato...».
Utero in affitto, Roccella: 'Rapporto Ue è inefficace. Vi annuncio che ddl Cirinnà sarà in Aula il 26/1'
Non è dunque la prima condanna di questo tipo dell'Ue?
Assolutamente no, ce ne sono state altre. Ne ricordo una molto più forte e non in un rapporto, bensì in una risoluzione. Mi ricordo che parlava di donne e bambini ridotti a merce, era molto consistente sul piano della condanna, ma non ha avuto nessuna efficacia».
Veniamo all'Italia. Cambierà qualcosa per voi in Parlamento, può essere questo rapporto un elemento di forza per le vostre battaglie politiche contro il Ddl Cirinnà?
«No, condanne internazionali ce ne sono già state. Insisto, ce ne sono di più antiche e più forti. Sono cose che lasciano il tempo che trovano, in un rapporto sui diritti umani non si poteva dire che le donne dei Paesi terzi utilizzate come contenitori a pagamento non siano lese nei loro diritti. Semmai in questi anni abbiamo visto passi indietro anziché avanti. Proprio in questo momento ho appreso che il Ddl Cirinnà è stato calendarizzato il 26 gennaio».
Utero in affitto, Roccella: 'Rapporto Ue è inefficace. Vi annuncio che ddl Cirinnà sarà in Aula il 26/1'
Nel paragrafo in questione del rapporto, il 114, si parla di urgenza. Che tipo di segnale è questo?
«Ripeto, è un qualcosa di scontato. C'è stata in Europa persino una risoluzione contro la compravendita degli ovociti, ma anche lì nessun effetto. Il vero segnale semmai oggi è l'Agacinski».
La Francia dunque.
«Sì, questa nuova possibile presa di posizione del femminismo francese e dell'Agacinski in particolare. Una donna molto libera, appartenente alla sinistra. La sua presa di posizione, molto rispettabile, apre la prima vera contraddizione all'interno della sinistra. Il convegno francese che si terrà prossimamente ha un'importanza notevole anche per questo aspetto. Non dimentichiamo che è la moglie dell'ex premier Jospin».
Re: ARTICOLI & NEWS
Veronesi: Il mio si all’utero in affitto
È un sì senza riserve alla maternità surrogata quello espresso dal comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi in un parere scritto dalla coordinatrice di questo pensatoio indipendente, la bioeticista Cinzia Caporale: «È moralmente accettabile».
Il testo è stato approvato all’unanimità, due gli astenuti. È destinato a far discutere e a innestarsi con clamore nell’infuocato dibattito italiano. «Bisogna guardare al futuro e anticipare i tempi. L’infertilità maschile e femminile è in aumento e non si può escludere a priori una soluzione che nei prossimi anni sarà una necessità», sostiene con forza l’oncologo, citando casi di madri surrogate di cui racconta la Bibbia, ad esempio la schiava di Abramo da cui nacque Israele: «I cristiani dunque non devono scandalizzarsi». Certo, all’epoca la fecondazione artificiale non esisteva.
Veronesi ha contribuito alla elaborazione del documento assieme agli esperti esterni Carlo Flamigni (ginecologo, università di Bologna) ed Elena Mancini (Cnr). È il primo parere di orientamento «che struttura il tema in modo razionale e analizza gli argomenti per cui non dovrebbero esserci proibizioni», spiega la Caporale. Innanzitutto si fa chiarezza sulla definizione. Per maternità surrogata si intende quella di una donna che volontariamente e liberamente ospita nel proprio utero un embrione prodotto con tecniche di fecondazione in vitro e che si è impegnata a consegnare il neonato.
Nelle conclusioni il Comitato dichiara che la donazione di utero «per solidarietà va sempre ammessa, subordinandola unicamente all’accertamento dei legami affettivi o sociali tra gestante e i genitori committenti nonché all’accertamento dell’idoneità della coppia richiedente alla genitorialità e della madre surrogata a ricoprire tale ruolo dal punto di vista psicofisico».
Giudicate favorevolmente le forme di compenso, a patto che «non si configurino come pagamento per la prestazione ma come semplice rimborso delle spese mediche dirette e indirette», intendendo per queste ultime la perdita di reddito cui va incontro la gestante nei mesi prima durante e dopo la gravidanza.
È un sì senza riserve alla maternità surrogata quello espresso dal comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi in un parere scritto dalla coordinatrice di questo pensatoio indipendente, la bioeticista Cinzia Caporale: «È moralmente accettabile».
Il testo è stato approvato all’unanimità, due gli astenuti. È destinato a far discutere e a innestarsi con clamore nell’infuocato dibattito italiano. «Bisogna guardare al futuro e anticipare i tempi. L’infertilità maschile e femminile è in aumento e non si può escludere a priori una soluzione che nei prossimi anni sarà una necessità», sostiene con forza l’oncologo, citando casi di madri surrogate di cui racconta la Bibbia, ad esempio la schiava di Abramo da cui nacque Israele: «I cristiani dunque non devono scandalizzarsi». Certo, all’epoca la fecondazione artificiale non esisteva.
Veronesi ha contribuito alla elaborazione del documento assieme agli esperti esterni Carlo Flamigni (ginecologo, università di Bologna) ed Elena Mancini (Cnr). È il primo parere di orientamento «che struttura il tema in modo razionale e analizza gli argomenti per cui non dovrebbero esserci proibizioni», spiega la Caporale. Innanzitutto si fa chiarezza sulla definizione. Per maternità surrogata si intende quella di una donna che volontariamente e liberamente ospita nel proprio utero un embrione prodotto con tecniche di fecondazione in vitro e che si è impegnata a consegnare il neonato.
Nelle conclusioni il Comitato dichiara che la donazione di utero «per solidarietà va sempre ammessa, subordinandola unicamente all’accertamento dei legami affettivi o sociali tra gestante e i genitori committenti nonché all’accertamento dell’idoneità della coppia richiedente alla genitorialità e della madre surrogata a ricoprire tale ruolo dal punto di vista psicofisico».
Giudicate favorevolmente le forme di compenso, a patto che «non si configurino come pagamento per la prestazione ma come semplice rimborso delle spese mediche dirette e indirette», intendendo per queste ultime la perdita di reddito cui va incontro la gestante nei mesi prima durante e dopo la gravidanza.