ARTICOLI & NEWS
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Re: ARTICOLI & NEWS
Una class action per l’accesso alla fecondazione assistita
Il diritto di accesso alle cure in Italia non è uguale per tutti. Dopo la decisione della regione Puglia di non rimborsare più le prestazioni di Procreazione Medicalmente Assistita sia omologa che eterologa ai propri cittadini diretti verso altre regioni italiane anche Calabria, Sicilia, Campania hanno deciso di accodarsi. Ancora incerta la situazione alla Regione Lazio.
Salta così uno dei pilastri del sistema sanitario pubblico: la garanzia per i cittadini italiani di poter accedere in condizioni di parità alla prestazione sanitaria su tutto il territorio nazionale a prescindere dalla regione di provenienza.
A farne le spese tutte quelle coppie del Sud che nell’impossibilità di ricevere una prestazione di fecondazione assistita per mancanza di centri pubblici o privati convenzionati in grado di effettuarla ovvero per gravi difficoltà o interminabili liste di attesa nella propria regione potevano recarsi in altre regioni per usufruire della prestazione. La mobilità tra Nord e sud del paese per questo tipo di prestazioni arriva fino a punte del 90% in Calabria.
Alcune regioni (Toscana, Emilia, Veneto) hanno inserito la Pma nei livelli essenziali di assistenza (Lea) regionali con la conseguenza di far pagare solo un ticket per la prestazioni. La maggior parte delle Regioni pur non avendo inserito questi trattamenti nei Lea regionali rimborsavano la prestazione alla regione in cui i propri cittadini si recavano utilizzando anche le somme predisposte in virtù di legge 40/04.
Infatti in forza delle sentenze della Corte Costituzionale della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che hanno profondamente modificato la legge 40/04, l’impossibilità ad avere una gravidanza a termine per la coppia è stata considerata patologia che limitando un diritto fondamentale quale è quello alla genitorialità e a costituire per questa via una famiglia, costituiscono un aspetto essenziale di tutela del diritto alla salute di cui il servizio sanitario pubblico non può non farsi carico.
Il ministro della salute Lorenzin ha dato per acquisito l’inserimento delle prestazioni di Pma (sia omologa che eterologa) nei Livelli Essenziali di Assistenza nazionali fermi al 2001, ma l’approvazione dei Lea da parte della Conferenza delle regioni ancora non è ancora avvenuta e quindi nei Lea in vigore non c’è traccia della Pma. Molteplici i problemi anche da un punto di vista legale che si pongono.Innazitutto, nell’immediato, la questione investe le prestazioni in corso. Infatti per questioni elementari di affidamento nonchè di tutela della salute chi ha già iniziato il percorso terapeutico, con esami e assunzioni di medicinali non potrà interromperlo. In tal senso sono già state inviate diffide ai centri pubblici e privati di Pma che alla luce delle decisioni regionali intendevano sospendere le prestazioni.
Più in generale, si pone il problema di una macroscopica lesione del diritto di uguaglianza tra tutti i cittadini rispetto alla medesima prestazione sanitaria con grave penalizzazione tra nord e sud e tra regione e regione. In pratica le coppie toscane potranno accedere alla prestazione di Pma (omologa ed eterologa) pagando un ticket di 500 euro, quelle calabresi, campane, pugliesi dovranno pagare di tasca propria la prestazione (da 4000 euro in su oltre alle spese di viaggio e soggiorno).
Decine le richieste giunte all’Associazione Luca Coscioni e alle varie associazioni di tutela dei pazienti per ricevere assistenza legale per la predisposizione delle diffide e di possibili ricorsi. In considerazione delle caratteristiche comuni delle domande e dei possibili percorsi giudiziali, è allo studio la realizzazione di una «class action» che possa unire le centinaia di coppie che subiranno un gravissimo danno da questi provvedimenti.
** Gli autori sono rispettivamente segretario Associazione Luca Coscioni e docente Biodiritto Università di Firenze
http://ilmanifesto.info/una-class-actio ... assistita/
Il diritto di accesso alle cure in Italia non è uguale per tutti. Dopo la decisione della regione Puglia di non rimborsare più le prestazioni di Procreazione Medicalmente Assistita sia omologa che eterologa ai propri cittadini diretti verso altre regioni italiane anche Calabria, Sicilia, Campania hanno deciso di accodarsi. Ancora incerta la situazione alla Regione Lazio.
Salta così uno dei pilastri del sistema sanitario pubblico: la garanzia per i cittadini italiani di poter accedere in condizioni di parità alla prestazione sanitaria su tutto il territorio nazionale a prescindere dalla regione di provenienza.
A farne le spese tutte quelle coppie del Sud che nell’impossibilità di ricevere una prestazione di fecondazione assistita per mancanza di centri pubblici o privati convenzionati in grado di effettuarla ovvero per gravi difficoltà o interminabili liste di attesa nella propria regione potevano recarsi in altre regioni per usufruire della prestazione. La mobilità tra Nord e sud del paese per questo tipo di prestazioni arriva fino a punte del 90% in Calabria.
Alcune regioni (Toscana, Emilia, Veneto) hanno inserito la Pma nei livelli essenziali di assistenza (Lea) regionali con la conseguenza di far pagare solo un ticket per la prestazioni. La maggior parte delle Regioni pur non avendo inserito questi trattamenti nei Lea regionali rimborsavano la prestazione alla regione in cui i propri cittadini si recavano utilizzando anche le somme predisposte in virtù di legge 40/04.
Infatti in forza delle sentenze della Corte Costituzionale della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che hanno profondamente modificato la legge 40/04, l’impossibilità ad avere una gravidanza a termine per la coppia è stata considerata patologia che limitando un diritto fondamentale quale è quello alla genitorialità e a costituire per questa via una famiglia, costituiscono un aspetto essenziale di tutela del diritto alla salute di cui il servizio sanitario pubblico non può non farsi carico.
Il ministro della salute Lorenzin ha dato per acquisito l’inserimento delle prestazioni di Pma (sia omologa che eterologa) nei Livelli Essenziali di Assistenza nazionali fermi al 2001, ma l’approvazione dei Lea da parte della Conferenza delle regioni ancora non è ancora avvenuta e quindi nei Lea in vigore non c’è traccia della Pma. Molteplici i problemi anche da un punto di vista legale che si pongono.Innazitutto, nell’immediato, la questione investe le prestazioni in corso. Infatti per questioni elementari di affidamento nonchè di tutela della salute chi ha già iniziato il percorso terapeutico, con esami e assunzioni di medicinali non potrà interromperlo. In tal senso sono già state inviate diffide ai centri pubblici e privati di Pma che alla luce delle decisioni regionali intendevano sospendere le prestazioni.
Più in generale, si pone il problema di una macroscopica lesione del diritto di uguaglianza tra tutti i cittadini rispetto alla medesima prestazione sanitaria con grave penalizzazione tra nord e sud e tra regione e regione. In pratica le coppie toscane potranno accedere alla prestazione di Pma (omologa ed eterologa) pagando un ticket di 500 euro, quelle calabresi, campane, pugliesi dovranno pagare di tasca propria la prestazione (da 4000 euro in su oltre alle spese di viaggio e soggiorno).
Decine le richieste giunte all’Associazione Luca Coscioni e alle varie associazioni di tutela dei pazienti per ricevere assistenza legale per la predisposizione delle diffide e di possibili ricorsi. In considerazione delle caratteristiche comuni delle domande e dei possibili percorsi giudiziali, è allo studio la realizzazione di una «class action» che possa unire le centinaia di coppie che subiranno un gravissimo danno da questi provvedimenti.
** Gli autori sono rispettivamente segretario Associazione Luca Coscioni e docente Biodiritto Università di Firenze
http://ilmanifesto.info/una-class-actio ... assistita/
Re: ARTICOLI & NEWS
Introduzione
La tecnologia di riproduzione assistita (ART, PMA in Italia) ha avuto incredibili miglioramenti dall'annuncio della prima nascita seguita all'uso della fertilizzazione in vitro (IVF) nel 1978. La crioconservazione dell'embrione, l'uso di gameti da donatori, la surrogazione, screening dell'embrione per problemi genetici, e, più recentemente, la crioconservazione di ovocita e tessuto ovarico sono procedure disponibili attraverso ART.
La prima gravidanza con successo a seguito di crioconservazione dell'ovocita è stata registrata nel 1986. La più ampia disponibilità del congelamento di ovociti, tuttavia, non è stata una realtà fino a molto più tardi, a causa di problemi tecnici legati alla procedura.
Gli ovociti maturi sono sensibili al congelamento, e le percentuali di sopravvivenza e conseguente fertilizzazione e sviluppo dell'embrione non erano accettabili. Miglioramenti tecnologici e l'introduzione della vitrificazione, tuttavia, sono stati associati con significativi miglioramenti nella crioconservazione dell'ovocita. Con l'attuale tecnologia, circa il 90% degli ovociti sopravvive al processo di congelamento-scongelamento. Sulla base degli ultimi risultati, nel 2013, le società della fertilità hanno riclassificato la crioconservazione degli ovociti come non più sperimentale.
Chi sono le pazienti che possono beneficiare di questa tecnologia?
La crioconservazione dell'ovocita è raccomandata in primo luogo alla pazienti che hanno una diagnosi di cancro e desiderano preservare la loro fertilità prima di cominciare la terapia. Le pazienti con condizioni mediche (malattie croniche autoimmuni, grave endometriosi) che possono aspettarsi di essere sottoposte a interventi chirurgici o medici che possono compromettere la funzione ovarica.
Gli ovuli possono essere crioconservati anche durante trattamenti standard IVF così come quando il partner non è in grado di fornire sperma il giorno del recupero dell'ovulo o quando, per ragioni etiche, la coppia vuole limitare il numero degli ovuli fertilizzati.
Il congelamento dell'ovulo rende possibile organizzare banche di ovuli di ovociti donati laddove le regole richiedano donazione anonima. Infine, la donazione dell'ovulo può essere considerata per successivo uso personale quando una donna, per varie ragioni, decide di post-porre il fare figli.
Come con ogni nuova tecnologia, la sua sicurezza deve essere stabilita. Questo articolo tratta di risultati ostetrici e perinatali con l'uso di ovociti vitrificati.
Lo studio
Il rapporto è un'analisi retrospettiva basata su trattamenti che coinvolgevano ovociti freschi e congelati da un unico centro di fertilità. I dati disponibili erano basati su rapporti da circa l'80% delle donne sottoposte a trattamento. La mancanza di percentuale di risposta completa da quelle trattate ha limitato l'ampiezza del campione a 1224 bambini nati seguendo l'uso di ovociti freschi e 1027 bambini nati secondo l'uso di ovociti vitrificati.
L'uso di ovociti propri o donati è stato analizzato insieme ed anche separatamente. I dati sono stati raccolti per caratteristiche del paziente e del trattamento, e le variabili di confondimento sono state controllate durante l'analisi.
Le donne che usavano ovociti vitrificati erano leggermente più vecchie, avevano più probabilità di aver avuto precedenti aborti spontanei e avevano meno parti pre-termine. Avevano anche più probabilità di essere cattivi rispondenti, perciò, l'uso di ovuli di donatore era più frequente fra loro. Il numero di ovociti maturi era più alto nel gruppo degli ovociti freschi.
Delle gravidanze con uso di ovociti freschi, 77,1% erano singole, mentre la cifra corrispondente era 72,6% nel gruppo con ovociti vitrificati. La percentuale di gravidanze anembrioniche era comparabile. Non sono stati forniti dati sulle perdite al primo trimestre o all'inizio del secondo. Età gestazionale al momento del parto, peso alla nascita e il rischio di basso peso alla nascita e piccolo per l'età gestazionale erano comparabili. L'incidenza di minori e maggiori difetti alla nascita non differiva fra i gruppi, e la necessità di ricovero in terapia intensiva era anche simile. Il rischio per problemi medici durante la gravidanza era comparabile fra i gruppi.
Quando l'analisi era limitata all'uso dei propri ovociti, ancora non c'era differenza nei risultati ostetrici e perinatali fra i gruppi di ovociti freschi e vetrificati. L'unica differenza era una percentuale lievemente maggiore di anomalie, ma questa osservazione era basata su un totale di solo cinque casi: Quando i confronti sono stati fatti per gravidanze multiple usando ovociti propri o singole o multiple gravidanze usando ovociti donati, non ci sono state differenze nei risultati ostetrici e perinatali con ovociti freschi contro vitrificati.
Gli autori hanno concluso che, sulla base della loro esperienza, l'uso di ovociti vitrificati non era associato a più alti rischi ostetrici o perinatali.
La tecnologia di riproduzione assistita (ART, PMA in Italia) ha avuto incredibili miglioramenti dall'annuncio della prima nascita seguita all'uso della fertilizzazione in vitro (IVF) nel 1978. La crioconservazione dell'embrione, l'uso di gameti da donatori, la surrogazione, screening dell'embrione per problemi genetici, e, più recentemente, la crioconservazione di ovocita e tessuto ovarico sono procedure disponibili attraverso ART.
La prima gravidanza con successo a seguito di crioconservazione dell'ovocita è stata registrata nel 1986. La più ampia disponibilità del congelamento di ovociti, tuttavia, non è stata una realtà fino a molto più tardi, a causa di problemi tecnici legati alla procedura.
Gli ovociti maturi sono sensibili al congelamento, e le percentuali di sopravvivenza e conseguente fertilizzazione e sviluppo dell'embrione non erano accettabili. Miglioramenti tecnologici e l'introduzione della vitrificazione, tuttavia, sono stati associati con significativi miglioramenti nella crioconservazione dell'ovocita. Con l'attuale tecnologia, circa il 90% degli ovociti sopravvive al processo di congelamento-scongelamento. Sulla base degli ultimi risultati, nel 2013, le società della fertilità hanno riclassificato la crioconservazione degli ovociti come non più sperimentale.
Chi sono le pazienti che possono beneficiare di questa tecnologia?
La crioconservazione dell'ovocita è raccomandata in primo luogo alla pazienti che hanno una diagnosi di cancro e desiderano preservare la loro fertilità prima di cominciare la terapia. Le pazienti con condizioni mediche (malattie croniche autoimmuni, grave endometriosi) che possono aspettarsi di essere sottoposte a interventi chirurgici o medici che possono compromettere la funzione ovarica.
Gli ovuli possono essere crioconservati anche durante trattamenti standard IVF così come quando il partner non è in grado di fornire sperma il giorno del recupero dell'ovulo o quando, per ragioni etiche, la coppia vuole limitare il numero degli ovuli fertilizzati.
Il congelamento dell'ovulo rende possibile organizzare banche di ovuli di ovociti donati laddove le regole richiedano donazione anonima. Infine, la donazione dell'ovulo può essere considerata per successivo uso personale quando una donna, per varie ragioni, decide di post-porre il fare figli.
Come con ogni nuova tecnologia, la sua sicurezza deve essere stabilita. Questo articolo tratta di risultati ostetrici e perinatali con l'uso di ovociti vitrificati.
Lo studio
Il rapporto è un'analisi retrospettiva basata su trattamenti che coinvolgevano ovociti freschi e congelati da un unico centro di fertilità. I dati disponibili erano basati su rapporti da circa l'80% delle donne sottoposte a trattamento. La mancanza di percentuale di risposta completa da quelle trattate ha limitato l'ampiezza del campione a 1224 bambini nati seguendo l'uso di ovociti freschi e 1027 bambini nati secondo l'uso di ovociti vitrificati.
L'uso di ovociti propri o donati è stato analizzato insieme ed anche separatamente. I dati sono stati raccolti per caratteristiche del paziente e del trattamento, e le variabili di confondimento sono state controllate durante l'analisi.
Le donne che usavano ovociti vitrificati erano leggermente più vecchie, avevano più probabilità di aver avuto precedenti aborti spontanei e avevano meno parti pre-termine. Avevano anche più probabilità di essere cattivi rispondenti, perciò, l'uso di ovuli di donatore era più frequente fra loro. Il numero di ovociti maturi era più alto nel gruppo degli ovociti freschi.
Delle gravidanze con uso di ovociti freschi, 77,1% erano singole, mentre la cifra corrispondente era 72,6% nel gruppo con ovociti vitrificati. La percentuale di gravidanze anembrioniche era comparabile. Non sono stati forniti dati sulle perdite al primo trimestre o all'inizio del secondo. Età gestazionale al momento del parto, peso alla nascita e il rischio di basso peso alla nascita e piccolo per l'età gestazionale erano comparabili. L'incidenza di minori e maggiori difetti alla nascita non differiva fra i gruppi, e la necessità di ricovero in terapia intensiva era anche simile. Il rischio per problemi medici durante la gravidanza era comparabile fra i gruppi.
Quando l'analisi era limitata all'uso dei propri ovociti, ancora non c'era differenza nei risultati ostetrici e perinatali fra i gruppi di ovociti freschi e vetrificati. L'unica differenza era una percentuale lievemente maggiore di anomalie, ma questa osservazione era basata su un totale di solo cinque casi: Quando i confronti sono stati fatti per gravidanze multiple usando ovociti propri o singole o multiple gravidanze usando ovociti donati, non ci sono state differenze nei risultati ostetrici e perinatali con ovociti freschi contro vitrificati.
Gli autori hanno concluso che, sulla base della loro esperienza, l'uso di ovociti vitrificati non era associato a più alti rischi ostetrici o perinatali.
Re: ARTICOLI & NEWS
Utilizzo della crioconservazione
Attualmente, l'indicazione più ampiamente accettata per la crioconservazione di ovocita è per la preservazione della fertilità prima di una terapia oncologica. La vitrificazione dell'ovocita è associata con oltre il 90% di percentuale di sopravvivenza e percentuali di gravidanza sono in continuo miglioramento. Una meta-analisi del 2011 ha confrontato i risultati di trattamento con ovociti freschi, vetrificati, e con congelamento lento basandosi sui risultati di cinque studi.
Fertilizzazione e percentuale di divisione, disponibilità di embrioni di alta qualità e percentuali di gravidanza clinica erano comparabili fra ovociti freschi e vetrificati. La vitrificazione era superiore per tutti questi parametri rispetto al congelamento lento. Goldman e colleghi non hanno riscontrato differenze nella percentuali di nascite vive quando hanno analizzato i risultati di trattamento con ovociti freschi o congelati.
Inoltre, Di Pietro e colleghi non hanno riscontrato effetti avversi sulla qualità biomolecolare degli ovociti vetrificati: Noyes e colleghi hanno riferito una percentuale di anomalia congenita dell'1,3% con l'uso di ovociti congelati-scongelati, che non era differente dalla percentuale osservata nelle concezioni naturali.
Levi Setti e colleghi hanno riferito una percentuale simile di anomalie fetali con ovociti congelati contro freschi ma una più alta percentuale di aborti spontanei con ovociti congelati (26,9% contro 17,6%). Non hanno osservato differenza nell'età media gestazionale al parto, ma il peso medio alla nascita era più basso sia in gravidanze singole che gemellari nel gruppo in cui erano usati ovuli freschi.
La vitrificazione dell'ovulo è spesso usata dai programmi di donazione dell'ovulo. La disponibilità di ovociti da donatore congelati-scongelati rende possibile garantire la donazione anonima e assistenza continua senza la necessità di sincronizzare il donatore e il ricevente.
Un'altra indicazione sempre più usata per la crioconservazione dell'ovocita è il congelamento sociale dell'ovocita. Le donne che desiderano posporre la riproduzione per ragioni di lavoro o educazionali o finché non trovano il partner giusto possono scegliere di crioconservare gli ovociti per un successivo uso. In questo modo possono usare ovuli più giovani e freschi anche quando sono nella quarantina.
Dovrebbe essere enfatizzato, tuttavia, che il risultato della gravidanza può non essere lo stesso, a causa di problemi uterini o medici che è più probabile si presentino in un età più avanzata. I risultati di questo studio circa le complicazioni ostetriche e perinatali non possono essere applicati a questi casi perché ci sarebbe bisogno di confrontarli con donne che concepiscono spontaneamente nella ventina o nella prima trentina.
Conclusioni
Le scoperte di questo studio sono rassicuranti. Gli autori hanno usato un ampio campione da una singola istituzione e questo è sicuramente una forza di questo studio. Una debolezza, tuttavia, è che non hanno avuto informazioni su tutte le pazienti e questo può aver influenzato negativamente i loro risultati, specialmente circa quei parametri in cui venivano riportati piccoli numeri, come per le anomalie congenite. Inoltre non hanno raccolto dati sul risultato di gravidanza prima della 24a settimana.
Una più alta percentuale di aborto e interruzione della gravidanza dovuta ad anormali risultati di screening può anche inficiare alcuni dei parametri riportati. Deve anche essere enfatizzato che in quasi tre quarti dei cicli sono stati usati ovuli donati.
Dato che la donatrice di un ovulo deve essere una donna giovane, fertile e in buona salute, ci si aspetta che i suoi ovuli siano di alta qualità. I risultati ottenuti con tali ovuli non possono necessariamente essere applicati alla popolazione infertile o alle pazienti di cancro. Una sotto-analisi dei dati riguardo gli ovuli propri è stata effettuata, ma in questo caso il numero dei casi e dei controlli era ovviamente molto più basso.
C'è necessita di mettere insieme ulteriori dati sui risultati ostetrici e perinatali così come sullo sviluppo nella prima e seconda infanzia a seguito dell'uso di ovociti vitrificati. E' tuttavia rassicurante in questa fase che, basandosi sulle informazioni disponibili, non si siano riscontrati effetti nocivi con questa tecnologia.
Fonte: PubMed
Attualmente, l'indicazione più ampiamente accettata per la crioconservazione di ovocita è per la preservazione della fertilità prima di una terapia oncologica. La vitrificazione dell'ovocita è associata con oltre il 90% di percentuale di sopravvivenza e percentuali di gravidanza sono in continuo miglioramento. Una meta-analisi del 2011 ha confrontato i risultati di trattamento con ovociti freschi, vetrificati, e con congelamento lento basandosi sui risultati di cinque studi.
Fertilizzazione e percentuale di divisione, disponibilità di embrioni di alta qualità e percentuali di gravidanza clinica erano comparabili fra ovociti freschi e vetrificati. La vitrificazione era superiore per tutti questi parametri rispetto al congelamento lento. Goldman e colleghi non hanno riscontrato differenze nella percentuali di nascite vive quando hanno analizzato i risultati di trattamento con ovociti freschi o congelati.
Inoltre, Di Pietro e colleghi non hanno riscontrato effetti avversi sulla qualità biomolecolare degli ovociti vetrificati: Noyes e colleghi hanno riferito una percentuale di anomalia congenita dell'1,3% con l'uso di ovociti congelati-scongelati, che non era differente dalla percentuale osservata nelle concezioni naturali.
Levi Setti e colleghi hanno riferito una percentuale simile di anomalie fetali con ovociti congelati contro freschi ma una più alta percentuale di aborti spontanei con ovociti congelati (26,9% contro 17,6%). Non hanno osservato differenza nell'età media gestazionale al parto, ma il peso medio alla nascita era più basso sia in gravidanze singole che gemellari nel gruppo in cui erano usati ovuli freschi.
La vitrificazione dell'ovulo è spesso usata dai programmi di donazione dell'ovulo. La disponibilità di ovociti da donatore congelati-scongelati rende possibile garantire la donazione anonima e assistenza continua senza la necessità di sincronizzare il donatore e il ricevente.
Un'altra indicazione sempre più usata per la crioconservazione dell'ovocita è il congelamento sociale dell'ovocita. Le donne che desiderano posporre la riproduzione per ragioni di lavoro o educazionali o finché non trovano il partner giusto possono scegliere di crioconservare gli ovociti per un successivo uso. In questo modo possono usare ovuli più giovani e freschi anche quando sono nella quarantina.
Dovrebbe essere enfatizzato, tuttavia, che il risultato della gravidanza può non essere lo stesso, a causa di problemi uterini o medici che è più probabile si presentino in un età più avanzata. I risultati di questo studio circa le complicazioni ostetriche e perinatali non possono essere applicati a questi casi perché ci sarebbe bisogno di confrontarli con donne che concepiscono spontaneamente nella ventina o nella prima trentina.
Conclusioni
Le scoperte di questo studio sono rassicuranti. Gli autori hanno usato un ampio campione da una singola istituzione e questo è sicuramente una forza di questo studio. Una debolezza, tuttavia, è che non hanno avuto informazioni su tutte le pazienti e questo può aver influenzato negativamente i loro risultati, specialmente circa quei parametri in cui venivano riportati piccoli numeri, come per le anomalie congenite. Inoltre non hanno raccolto dati sul risultato di gravidanza prima della 24a settimana.
Una più alta percentuale di aborto e interruzione della gravidanza dovuta ad anormali risultati di screening può anche inficiare alcuni dei parametri riportati. Deve anche essere enfatizzato che in quasi tre quarti dei cicli sono stati usati ovuli donati.
Dato che la donatrice di un ovulo deve essere una donna giovane, fertile e in buona salute, ci si aspetta che i suoi ovuli siano di alta qualità. I risultati ottenuti con tali ovuli non possono necessariamente essere applicati alla popolazione infertile o alle pazienti di cancro. Una sotto-analisi dei dati riguardo gli ovuli propri è stata effettuata, ma in questo caso il numero dei casi e dei controlli era ovviamente molto più basso.
C'è necessita di mettere insieme ulteriori dati sui risultati ostetrici e perinatali così come sullo sviluppo nella prima e seconda infanzia a seguito dell'uso di ovociti vitrificati. E' tuttavia rassicurante in questa fase che, basandosi sulle informazioni disponibili, non si siano riscontrati effetti nocivi con questa tecnologia.
Fonte: PubMed
Re: ARTICOLI & NEWS
Ai figli il dna della mamma (anche se infertile)?
Anche le mamme che ricorrono alla donazione di ovociti riuscirebbero a trasmettere il Dna ai figli. Ecco come
Quando una coppia aspetta un bebè è del tutto normale fantasticare su come sarà. I futuri genitori trascorrono parte della gravidanza a chiedersi se il figlio avrà il viso della mamma, se sarà determinato come il papà o se magari assomiglierà ai nonni. E una volta nato il piccolo, lo scruteranno attentamente per trovare tracce del loro Dna. Tuttavia, nel momento la coppia è costretta a ricorrere alla fecondazione eterologa, il sogno di avere un piccolo “clone” di sé svanisce. In realtà, non è detto che sia così, perlomeno nel caso in cui si utilizzino gli ovuli di una donatrice. La speranza arriva da uno studio condotto da un team di ricercatori britannici, dell’Università di Southampton, pubblicato sulla rivista Development.
Che cosa succede con la fecondazione eterologa
La fecondazione eterologa si basa sull’utilizzo di ovuli femminili o di spermatozoi maschili donati da membri esterni alla coppia. In genere, si ricorre a questa soluzione quando uno dei due genitori ha problemi di fertilità. In pratica, si mettono a contatto i gameti donati con quelli del genitore fertile e si spera che avvenga la fecondazione. Nel caso in cui il procedimento vada a buon fine, il feto non ha alcun legame biologico con il genitore infertile, il quale non può quindi trasmettere il proprio Dna al figlio. Questo perlomeno era quanto si pensava fino a poco tempo fa. In realtà, il nuovo studio suggerisce che nel caso delle mamme non è così.
Tracce di Dna nel liquido amniotico
Lo studio è stato condotto su alcune donne incinte che erano ricorse alla fecondazione eterologa. Gli autori hanno prelevato una piccola quantità di liquido uterino, all’interno del quale cresce il feto, e l’hanno sottoposto a sofisticate indagini di laboratorio. Hanno così scoperto che in tutti i campioni prelevati erano presenti diverse tracce di Dna materno. Non solo. Hanno anche visto che questo materiale partecipa allo sviluppo dell’embrione, giocando un ruolo importante da questo punto di vista.
Fra mamma e bebè c’è sempre uno scambio
Serviranno nuove ricerche per confermare se la mamma riesca a trasmettere il proprio Dna al figlio, anche se ha fatto ricorso alla fecondazione eterologa. Tuttavia, secondo gli esperti già ora ci sono gli elementi per concludere che fra le donne che concepiscono grazie al ricorso a ovuli donati e i figli che portano in grembo c’è uno scambio di materiale genetico. “Uno dei crucci principali delle donne che si sottopongono ai trattamenti che prevedono l’uso di ovuli di donatrici è proprio quello di avere la consapevolezza che il bambino che porteranno in grembo non avrà nulla di loro. Ora sappiamo che non è proprio del tutto così” hanno spiegato gli autori della ricerca.
Anche le mamme che ricorrono alla donazione di ovociti riuscirebbero a trasmettere il Dna ai figli. Ecco come
Quando una coppia aspetta un bebè è del tutto normale fantasticare su come sarà. I futuri genitori trascorrono parte della gravidanza a chiedersi se il figlio avrà il viso della mamma, se sarà determinato come il papà o se magari assomiglierà ai nonni. E una volta nato il piccolo, lo scruteranno attentamente per trovare tracce del loro Dna. Tuttavia, nel momento la coppia è costretta a ricorrere alla fecondazione eterologa, il sogno di avere un piccolo “clone” di sé svanisce. In realtà, non è detto che sia così, perlomeno nel caso in cui si utilizzino gli ovuli di una donatrice. La speranza arriva da uno studio condotto da un team di ricercatori britannici, dell’Università di Southampton, pubblicato sulla rivista Development.
Che cosa succede con la fecondazione eterologa
La fecondazione eterologa si basa sull’utilizzo di ovuli femminili o di spermatozoi maschili donati da membri esterni alla coppia. In genere, si ricorre a questa soluzione quando uno dei due genitori ha problemi di fertilità. In pratica, si mettono a contatto i gameti donati con quelli del genitore fertile e si spera che avvenga la fecondazione. Nel caso in cui il procedimento vada a buon fine, il feto non ha alcun legame biologico con il genitore infertile, il quale non può quindi trasmettere il proprio Dna al figlio. Questo perlomeno era quanto si pensava fino a poco tempo fa. In realtà, il nuovo studio suggerisce che nel caso delle mamme non è così.
Tracce di Dna nel liquido amniotico
Lo studio è stato condotto su alcune donne incinte che erano ricorse alla fecondazione eterologa. Gli autori hanno prelevato una piccola quantità di liquido uterino, all’interno del quale cresce il feto, e l’hanno sottoposto a sofisticate indagini di laboratorio. Hanno così scoperto che in tutti i campioni prelevati erano presenti diverse tracce di Dna materno. Non solo. Hanno anche visto che questo materiale partecipa allo sviluppo dell’embrione, giocando un ruolo importante da questo punto di vista.
Fra mamma e bebè c’è sempre uno scambio
Serviranno nuove ricerche per confermare se la mamma riesca a trasmettere il proprio Dna al figlio, anche se ha fatto ricorso alla fecondazione eterologa. Tuttavia, secondo gli esperti già ora ci sono gli elementi per concludere che fra le donne che concepiscono grazie al ricorso a ovuli donati e i figli che portano in grembo c’è uno scambio di materiale genetico. “Uno dei crucci principali delle donne che si sottopongono ai trattamenti che prevedono l’uso di ovuli di donatrici è proprio quello di avere la consapevolezza che il bambino che porteranno in grembo non avrà nulla di loro. Ora sappiamo che non è proprio del tutto così” hanno spiegato gli autori della ricerca.
Re: ARTICOLI & NEWS
Fecondazione eterologa, perché la ministro Lorenzin la sta sabotando
Da oltre un anno la fecondazione eterologa è, sulla carta, legale. Nel maggio 2014, infatti, la Corte costituzionale ha distrutto il divieto contenuto nella legge 40 che per 10 anni ha condannato all’esilio procreativo decine di migliaia di coppie. Ma la fecondazione etorologa è quasi inaccessibile in Italia, e rischia di esserlo sempre di più.
La ministro Beatrice Lorenzin non solo non ha ancora ottenuto l’inserimento della tecniche di fecondazione medicalmente assistita nei livelli essenziali di assistenza per farle praticare più facilmente nel pubblico, non solo non ha predisposto alcuna campagna informativa per la ricerca dei donatori per l’eterologa, ma ha anche previsto nuovi ostacoli.
Nel nuovo regolamento proposto alla Conferenza Stato-Regioni Lorenzin vorrebbe esigere una consulenza genetica scritta obbligatoria per i donatori di gameti. Risultato? Ostacolare ancora di più la donazione in Italia e, soprattutto, impedire l’utilizzo di gameti dall’estero, visto che nessuno prevede un obbligo del genere.
Ma non basta. Filomena Gallo, Segretaria dell’associazione Luca Coscioni, ha oggi mostrato le prove di come il Centro Nazionale Trapianti abbia per mesi violato la privacy dei donatori di gameti, non rispettando l’anonimato garantito per legge, facendo circolare i dati personali in chiaro dei donatori di gameti, esponendo loro e le coppie che hanno ricevuto i gameti a un danno enorme.
Alla ministro Lorenzin chiediamo due cose: le dimissioni immediate di Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, responsabile di quanto accaduto (altrimenti la responsabile diventerebbe la stessa Lorenzin, e dunque si dovrebbe dimettere lei); il ritiro del regolamento discriminatorio e contrario all’applicazione dell’eterologa stabilita dalla Corte costituzionale. Il sabotaggio della fecondazione eterologa da parte della ministra Lorenzin deve terminare.
Da oltre un anno la fecondazione eterologa è, sulla carta, legale. Nel maggio 2014, infatti, la Corte costituzionale ha distrutto il divieto contenuto nella legge 40 che per 10 anni ha condannato all’esilio procreativo decine di migliaia di coppie. Ma la fecondazione etorologa è quasi inaccessibile in Italia, e rischia di esserlo sempre di più.
La ministro Beatrice Lorenzin non solo non ha ancora ottenuto l’inserimento della tecniche di fecondazione medicalmente assistita nei livelli essenziali di assistenza per farle praticare più facilmente nel pubblico, non solo non ha predisposto alcuna campagna informativa per la ricerca dei donatori per l’eterologa, ma ha anche previsto nuovi ostacoli.
Nel nuovo regolamento proposto alla Conferenza Stato-Regioni Lorenzin vorrebbe esigere una consulenza genetica scritta obbligatoria per i donatori di gameti. Risultato? Ostacolare ancora di più la donazione in Italia e, soprattutto, impedire l’utilizzo di gameti dall’estero, visto che nessuno prevede un obbligo del genere.
Ma non basta. Filomena Gallo, Segretaria dell’associazione Luca Coscioni, ha oggi mostrato le prove di come il Centro Nazionale Trapianti abbia per mesi violato la privacy dei donatori di gameti, non rispettando l’anonimato garantito per legge, facendo circolare i dati personali in chiaro dei donatori di gameti, esponendo loro e le coppie che hanno ricevuto i gameti a un danno enorme.
Alla ministro Lorenzin chiediamo due cose: le dimissioni immediate di Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, responsabile di quanto accaduto (altrimenti la responsabile diventerebbe la stessa Lorenzin, e dunque si dovrebbe dimettere lei); il ritiro del regolamento discriminatorio e contrario all’applicazione dell’eterologa stabilita dalla Corte costituzionale. Il sabotaggio della fecondazione eterologa da parte della ministra Lorenzin deve terminare.
Re: ARTICOLI & NEWS
Fecondazione assistita, quel che manca è il buon senso
Dai divieti introdotti undici anni fa dal governo, al referendum fallito, alla raffica di sentenze che li hanno già rimossi. Restano proibizioni assurde, che tra l'altro ostacolano la ricerca su malattie degenerative.
Era il giugno 2005 quando fummo chiamati a votare nel referendum sull'abrogazione di alcuni articoli della Legge 40, che regola la procreazione assistita. Molti ricorderanno i lunghi dibattiti televisivi tra coloro che ne sostenevano la validità (pochi, invero, tra medici e scienziati, ma con il Vaticano pesantemente schierato) e i tanti che invece ne volevano l'abolizione.
La Legge 40, promulgata un anno prima dal Governo Berlusconi, aveva introdotto delle norme restrittive e penalizzanti: divieto alla produzione di più di tre embrioni per volta, divieto della fecondazione eterologa, divieto alla diagnosi pre-impianto, divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche e, infine, divieto di usare embrioni non idonei per la ricerca scientifica.
La grande maggioranza (88.1%) di chi andò alle urne votò a favore dell'abrogazione degli articoli discriminatori, ma furono pochi (25.9% degli aventi diritto) per superare il quorum: spinti vuoi dalla complicatezza del referendum vuoi dal suggerimento della Cei a disertare i seggi, gli italiani quella domenica se ne andarono al mare.
Da quel momento a oggi, però, sono state ben 34 diverse sentenze a smantellare di fatto, e pezzo per pezzo, quella legge così mal concepita. Rimosso il divieto diagnosi preimpianto nel 2008, rimosso l'obbligo di impianto contemporaneo di tutti gli embrioni nel 2009, abbattuto il divieto di fecondazione eterologa nel 2014, rimosso il divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche nel 2015. Oltre alle sentenze della nostra Corte Costituzionale, nel 2012, la Corte Europea dei Diritti Umani ha bocciato il divieto di accesso alla fecondazione in vitro di coppie con difetti genetici, respingendo poi anche il ricorso che il Governo Monti aveva presentato.
Ed è proprio dell'altra settimana l'ultima picconata: secondo la Consulta, non è più reato selezionare gli embrioni in caso di gravi malattie: i genitori portatori di malattie ereditarie potranno ora avere la certezza dell'impianto nell'utero soltanto degli embrioni sani.
Rimangono peraltro altre assurdità ancora in vigore. In particolare: nei frigoriferi dei centri per la procreazione assistita ci sono decine di migliaia di embrioni senza possibile utilizzo, che ora comprenderanno anche quelli dichiaratamente con difetti genetici. La Legge 40, infatti, vieta la possibilità di utilizzarli per derivarne cellule staminali embrionali, fondamentali invece per sviluppare terapie contro le malattie degenerative. Con una beffa: in Italia queste cellule è però possibile studiarle, a patto di farsele mandare da qualche altro Paese. Mortificando ricerca e buon senso.
Dai divieti introdotti undici anni fa dal governo, al referendum fallito, alla raffica di sentenze che li hanno già rimossi. Restano proibizioni assurde, che tra l'altro ostacolano la ricerca su malattie degenerative.
Era il giugno 2005 quando fummo chiamati a votare nel referendum sull'abrogazione di alcuni articoli della Legge 40, che regola la procreazione assistita. Molti ricorderanno i lunghi dibattiti televisivi tra coloro che ne sostenevano la validità (pochi, invero, tra medici e scienziati, ma con il Vaticano pesantemente schierato) e i tanti che invece ne volevano l'abolizione.
La Legge 40, promulgata un anno prima dal Governo Berlusconi, aveva introdotto delle norme restrittive e penalizzanti: divieto alla produzione di più di tre embrioni per volta, divieto della fecondazione eterologa, divieto alla diagnosi pre-impianto, divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche e, infine, divieto di usare embrioni non idonei per la ricerca scientifica.
La grande maggioranza (88.1%) di chi andò alle urne votò a favore dell'abrogazione degli articoli discriminatori, ma furono pochi (25.9% degli aventi diritto) per superare il quorum: spinti vuoi dalla complicatezza del referendum vuoi dal suggerimento della Cei a disertare i seggi, gli italiani quella domenica se ne andarono al mare.
Da quel momento a oggi, però, sono state ben 34 diverse sentenze a smantellare di fatto, e pezzo per pezzo, quella legge così mal concepita. Rimosso il divieto diagnosi preimpianto nel 2008, rimosso l'obbligo di impianto contemporaneo di tutti gli embrioni nel 2009, abbattuto il divieto di fecondazione eterologa nel 2014, rimosso il divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche nel 2015. Oltre alle sentenze della nostra Corte Costituzionale, nel 2012, la Corte Europea dei Diritti Umani ha bocciato il divieto di accesso alla fecondazione in vitro di coppie con difetti genetici, respingendo poi anche il ricorso che il Governo Monti aveva presentato.
Ed è proprio dell'altra settimana l'ultima picconata: secondo la Consulta, non è più reato selezionare gli embrioni in caso di gravi malattie: i genitori portatori di malattie ereditarie potranno ora avere la certezza dell'impianto nell'utero soltanto degli embrioni sani.
Rimangono peraltro altre assurdità ancora in vigore. In particolare: nei frigoriferi dei centri per la procreazione assistita ci sono decine di migliaia di embrioni senza possibile utilizzo, che ora comprenderanno anche quelli dichiaratamente con difetti genetici. La Legge 40, infatti, vieta la possibilità di utilizzarli per derivarne cellule staminali embrionali, fondamentali invece per sviluppare terapie contro le malattie degenerative. Con una beffa: in Italia queste cellule è però possibile studiarle, a patto di farsele mandare da qualche altro Paese. Mortificando ricerca e buon senso.
Re: ARTICOLI & NEWS
Roma, Irollo: “Linee guida insufficienti, limiti assurdi e troppa ignoranza”
Alfonso Maria Irollo
(AGENPARL)- Roma 18 NOV 2015 – In Italia facciamo pochi figli e li facciamo più tardi (quasi 10 anni
in più rispetto agli anni ‘80), gli spermatozoi nei maschi si sono ridotti della metà e 1 coppia
su 5 non riesce a procreare (Dati Istat). E di anno in anno, aumentano le coppie che
ricorrono a tecniche di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita).
Nonostante le nuove linee guida approvate dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, la
situazione in Italia non è tra le migliori. La carenza di donatori e le difficoltà economiche di
molte Regioni stanno creando non pochi problemi. Negli ultimi mesi, alcune amministrazioni
come la Campania sono state costrette a decidere per una stretta anche sui rimborsi ad
un’altra Regione. Al Sud l’offerta è quasi tutta privata, così si continua ad andare all’estero per
l’eterologa e a fare le code nelle altre regioni per l’omologa. Ma ora lo stop. La Toscana ha
detto basta alle prestazioni gratuite per chi arriva da regioni che non rimborsano.
“Il problema vero è che continuiamo a buttare soldi e allo stesso tempo non sappiamo informare
la gente – dichiara il dott. Alfonso Maria Irollo, responsabile Pma di Omnia Fertilitatis e
direttore responsabile del centro Pma Chianciano Salute, convenzionato con il Servizio
Sanitario Nazionale – Prima le coppie andavano all’estero. Erano un po’ carne da macello. Ma
l’Italia non si faceva certo una buona pubblicità. Si è parlato per anni di ‘vendita di gameti’,
come fosse un mercato nero. Non siamo mai stati capaci di comunicare nel modo giusto e questo
ha portato ad una grande speculazione nel settore. Privatamente si può arrivare a spendere dai
5 mila euro ai 12 mila per un solo trattamento. E’ giusto che lo Stato aiuti le coppie e rimborsi le
spese che sostengono. Ora anche alcuni centri privati, fortunatamente, sono convenzionati, ma
sono pochi quelli che funzionano veramente. E la prima assurdità è questa. Allo Stato costerebbe
molto meno rimborsare un trattamento nella regione di appartenenza del paziente, piuttosto
che obbligare il paziente ad andare in un’altra regione, per evitare le liste di attesa ottenere il
rimborso del ticket. Si potrebbe risparmiare fino a un terzo di quello che sperpera”.
Ma anche tante incongruenze che lo Stato e il Sistema Sanitario Nazionale dovrebbero
“La cosa più assurda è che si autorizza la fecondazione solo al di sotto dei 43 anni – continua il
dott. Irollo– Se ci pensate è un vero paradosso. Tutte le difficoltà che può avere una donna in età
avanzata sono ancora più gravi dopo i 43 anni! Aiutiamo chi ne ha bisogno. Le case
farmaceutiche sono una delle più grandi lobby in Italia, e il trattamento farmacologico costa
migliaia e migliaia di euro. Perché lo stato rimborsa fino a 45 anni i farmaci e limita invece la
tecnica ai 43 anni? Qual è il criterio logico scelto? Se vale il criterio dei 43 anni dovrebbe valere
anche per i farmaci. C’è chi parla di rischio di mamme/nonne… Sì, ma chi stabilisce il limite di
età per diventare madri? Il limite è biologico. Una donna più fare figli finché non entra in
menopausa. Il limite è la natura umana. Si può iniziare a parlare comunque di mamma/nonna
dopo i 55 anni”.
Il vero problema, a volte, è però comunicativo e, di conseguenza, psicologico.
“Spesso la Chiesa e alcuni ‘benpensanti’ parlano di qualcosa di innaturale, di ‘figli surrogato’ –
spiega il dott. Alfonso Maria Irollo – Surrogato a chi? E’ figlio come lo sono gli altri. E’ identico
e nasce dallo stesso amore e dalla stessa voglia, viene solo aiutato. La medicina dà una mano alla
natura. E’ come dire che i bambini che nascono dal parto cesareo non sono naturali perché non
passano dal giusto canale. Una follia. Sono queste le cavolate che portano molte donne a vivere
questo passaggio con difficoltà a vederci qualcosa di innaturale. Questo aggiunto al fatto che
sente la colpa di non riuscire a procreare come una maledizione”.
Problemi di comunicazione e di psicologia che per anni hanno condizionato la legislazione
italiana impedendo di fatto la Fecondazione Eterologa e che ora sono solo in parte risolti.
“Prima di tutto, ritengo sia completamente errato e fuorviante il termine ‘eterologa’ – afferma il
dott. Irollo – Non parliamo mica di specie diverse. Non creiamo figli tra donne e cavalli. In Italia
manca la giusta informazione. C’è grossa ignoranza. Molti hanno paura di fare trattamenti o di
seguire dei percorsi terapeutici solo perché non gli sono stati spiegati. Prendiamo l’eterologa. C’è
una paura di fondo comune nelle donne: il timore di sentirsi meno madri perché l’ovulo è donato.
Perché mai un trapianto di cuore, che salva una vita, è moralmente accettabile e un trapianto di
ovocita, che dà la vita, non lo è? Nessuno spiega loro che la donna non è solo un contenitore e
contribuisce in tutto e per tutto alla crescita dell’embrione. Il legame tra la mamma e l’embrione
è elevatissimo. E poi, una volta incinta, qualsiasi donna smette di farsi domande a riguardo e
inizia a pensare solo a suo figlio”.
L’assenza di donatori in Italia, dopo un iniziale rallentamento della “migrazione procreativa”
verso paesi più attrezzati del nostro, ha portato ora le coppie italiane a riprendere
nuovamente la via della Spagna, della Grecia e della Svizzera in cerca di una gravidanza.
“In Italia è ormai possibile eseguire l’eterologa, noi lo facciamo spesso – conclude il dott. Irollo
– il problema è che siamo costretti a mettere i pazienti in attesa perché in Italia mancano
donatori. E anche qui dovrebbe intervenire lo Stato incentivando la donazione e comunicando,
per una volta, in maniera corretta ed efficace a tutte quelle coppie che inseguono solo il sogno di
avere un figlio”.
Alfonso Maria Irollo
(AGENPARL)- Roma 18 NOV 2015 – In Italia facciamo pochi figli e li facciamo più tardi (quasi 10 anni
in più rispetto agli anni ‘80), gli spermatozoi nei maschi si sono ridotti della metà e 1 coppia
su 5 non riesce a procreare (Dati Istat). E di anno in anno, aumentano le coppie che
ricorrono a tecniche di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita).
Nonostante le nuove linee guida approvate dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, la
situazione in Italia non è tra le migliori. La carenza di donatori e le difficoltà economiche di
molte Regioni stanno creando non pochi problemi. Negli ultimi mesi, alcune amministrazioni
come la Campania sono state costrette a decidere per una stretta anche sui rimborsi ad
un’altra Regione. Al Sud l’offerta è quasi tutta privata, così si continua ad andare all’estero per
l’eterologa e a fare le code nelle altre regioni per l’omologa. Ma ora lo stop. La Toscana ha
detto basta alle prestazioni gratuite per chi arriva da regioni che non rimborsano.
“Il problema vero è che continuiamo a buttare soldi e allo stesso tempo non sappiamo informare
la gente – dichiara il dott. Alfonso Maria Irollo, responsabile Pma di Omnia Fertilitatis e
direttore responsabile del centro Pma Chianciano Salute, convenzionato con il Servizio
Sanitario Nazionale – Prima le coppie andavano all’estero. Erano un po’ carne da macello. Ma
l’Italia non si faceva certo una buona pubblicità. Si è parlato per anni di ‘vendita di gameti’,
come fosse un mercato nero. Non siamo mai stati capaci di comunicare nel modo giusto e questo
ha portato ad una grande speculazione nel settore. Privatamente si può arrivare a spendere dai
5 mila euro ai 12 mila per un solo trattamento. E’ giusto che lo Stato aiuti le coppie e rimborsi le
spese che sostengono. Ora anche alcuni centri privati, fortunatamente, sono convenzionati, ma
sono pochi quelli che funzionano veramente. E la prima assurdità è questa. Allo Stato costerebbe
molto meno rimborsare un trattamento nella regione di appartenenza del paziente, piuttosto
che obbligare il paziente ad andare in un’altra regione, per evitare le liste di attesa ottenere il
rimborso del ticket. Si potrebbe risparmiare fino a un terzo di quello che sperpera”.
Ma anche tante incongruenze che lo Stato e il Sistema Sanitario Nazionale dovrebbero
“La cosa più assurda è che si autorizza la fecondazione solo al di sotto dei 43 anni – continua il
dott. Irollo– Se ci pensate è un vero paradosso. Tutte le difficoltà che può avere una donna in età
avanzata sono ancora più gravi dopo i 43 anni! Aiutiamo chi ne ha bisogno. Le case
farmaceutiche sono una delle più grandi lobby in Italia, e il trattamento farmacologico costa
migliaia e migliaia di euro. Perché lo stato rimborsa fino a 45 anni i farmaci e limita invece la
tecnica ai 43 anni? Qual è il criterio logico scelto? Se vale il criterio dei 43 anni dovrebbe valere
anche per i farmaci. C’è chi parla di rischio di mamme/nonne… Sì, ma chi stabilisce il limite di
età per diventare madri? Il limite è biologico. Una donna più fare figli finché non entra in
menopausa. Il limite è la natura umana. Si può iniziare a parlare comunque di mamma/nonna
dopo i 55 anni”.
Il vero problema, a volte, è però comunicativo e, di conseguenza, psicologico.
“Spesso la Chiesa e alcuni ‘benpensanti’ parlano di qualcosa di innaturale, di ‘figli surrogato’ –
spiega il dott. Alfonso Maria Irollo – Surrogato a chi? E’ figlio come lo sono gli altri. E’ identico
e nasce dallo stesso amore e dalla stessa voglia, viene solo aiutato. La medicina dà una mano alla
natura. E’ come dire che i bambini che nascono dal parto cesareo non sono naturali perché non
passano dal giusto canale. Una follia. Sono queste le cavolate che portano molte donne a vivere
questo passaggio con difficoltà a vederci qualcosa di innaturale. Questo aggiunto al fatto che
sente la colpa di non riuscire a procreare come una maledizione”.
Problemi di comunicazione e di psicologia che per anni hanno condizionato la legislazione
italiana impedendo di fatto la Fecondazione Eterologa e che ora sono solo in parte risolti.
“Prima di tutto, ritengo sia completamente errato e fuorviante il termine ‘eterologa’ – afferma il
dott. Irollo – Non parliamo mica di specie diverse. Non creiamo figli tra donne e cavalli. In Italia
manca la giusta informazione. C’è grossa ignoranza. Molti hanno paura di fare trattamenti o di
seguire dei percorsi terapeutici solo perché non gli sono stati spiegati. Prendiamo l’eterologa. C’è
una paura di fondo comune nelle donne: il timore di sentirsi meno madri perché l’ovulo è donato.
Perché mai un trapianto di cuore, che salva una vita, è moralmente accettabile e un trapianto di
ovocita, che dà la vita, non lo è? Nessuno spiega loro che la donna non è solo un contenitore e
contribuisce in tutto e per tutto alla crescita dell’embrione. Il legame tra la mamma e l’embrione
è elevatissimo. E poi, una volta incinta, qualsiasi donna smette di farsi domande a riguardo e
inizia a pensare solo a suo figlio”.
L’assenza di donatori in Italia, dopo un iniziale rallentamento della “migrazione procreativa”
verso paesi più attrezzati del nostro, ha portato ora le coppie italiane a riprendere
nuovamente la via della Spagna, della Grecia e della Svizzera in cerca di una gravidanza.
“In Italia è ormai possibile eseguire l’eterologa, noi lo facciamo spesso – conclude il dott. Irollo
– il problema è che siamo costretti a mettere i pazienti in attesa perché in Italia mancano
donatori. E anche qui dovrebbe intervenire lo Stato incentivando la donazione e comunicando,
per una volta, in maniera corretta ed efficace a tutte quelle coppie che inseguono solo il sogno di
avere un figlio”.
Re: ARTICOLI & NEWS
Eterologa, Garante della Privacy: "L'Italia ha violato anonimato dei donatori di gameti"
ROMA - L'Italia avrebbe violato l'anonimato dei donatori di gameti nelle procedure per la fecondazione eterologa. Nome, professione, codice fiscale, stato civile, residenza sono i dati che avrebbero dovuto restare anonimi, ma che invece sono stati diffusi senza protezione per tre mesi. Dopo una segnalazione dell'Associazione Luca Coscioni, il Garante per la protezione dei dati personali ha infatti accertato che la violazione c'è stata da aprile a fine giugno 2015. Ora "sta valutando le sanzioni amministrative da applicare"
La denuncia. L'annuncio è stato diffuso nel corso di una conferenza stampa alla Camera convocata dalla stessa associazione, che ha definito questo fatto "gravissimo" chiedendo al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, le dimissioni del direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt), Nanni Costa, responsabile del Registro dei donatori. "Lo scorso aprile il Cnt ha chiesto a Regioni e Centri di mandare tramite fax dei dati in chiaro dei donatori e quelli della circonferenza cranica e malformazioni dei nati da eterologa - ha spiegato il segretario dell'associazione Coscioni, Filomena Gallo - . Questo nonostante la Legge 40 sulla procreazione assistita preveda che i donatori siano anonimi ed i loro dati criptati e che lo stesso garante nel 2005 abbia stabilito che non possono essere creati registri speciali dei nati".
Si valutano sanzioni. La violazione è stata ora rilevata dal Garante, che sta valutando sanzioni, anche se, ha precisato, da luglio il Cnt ha modificato la procedura di raccolta dati prevedendo un algoritmo di cifrature per la tracciabilità. Ma la violazione, denuncia l'associazione Coscioni, "resta ed è gravissima". "Nome, professione, codice fiscale, stato civile, residenza dei donatori - ha affermato Marco Cappato, tesoriere dellìassociazione Coscioni - hanno circolato nelle Regioni e, anche se da luglio è stato adottato un algoritmo di cifratura criptato, quegli elenchi hanno di fatto una potenzialità di uso criminale anche per i prossimi anni, gettando in una situazione di pericolo donatori e coppie".
Si tratta di un episodio "estremamente grave perché è in contrasto con ogni normativa attualmente in vigore e non ha alcuna giustificazione né di tipo medico, né scientifico", commenta la Siose (Società italiana ospedaliera di sterilità ed embriologia).
"No alla consulenza genetica obbligatoria". Ma l'associazione Coscioni interviene anche su un altro punto, la proposta del ministero della Salute di prevedere la consulenza genetica obbligatoria scritta per i donatori di gameti. Un punto presentato - ha aggiunto Gallo - senza accolgiere "gli emendamenti contrari pervenuti dal tavolo tecnico e dalla Regione Toscana", in questo modo "si blocca di fatto l'esecuzione dell'eterologa". Questo - ha detto l'avvocato Gianni Baldini, "perchè la figura del genetista medico è scarsamente presente, ci sarebbe un aggravio di spesa di oltre mila euro e si avrebbe anche un conseguente blocco dell'importazione di gameti dalle banche estere". E' "chiaro - ha commentato la deputata Pia Locatelli - che questa è una forma di boicottaggio e presenteremo un'interrogazione al ministro".
"Chieremo il risarcimento danni". Non si conosce al momento l'entità dei dati trasmessi o il numero dei donatori interessati ma, l'associazione Coscioni agirà "per una richiesta di risarcimento danni". Di fatto, con queste misure, ha concluso Gallo - si chiude il cerchio delle azioni messe in campo dal ministero per impedire la tecnica duedell'eterologa, con il ministro Lorenzin che sta violando i diritti di quella parte di cittadini che chiedono accesso alla tecnica".
Le associzioni. Scendono in campo per protestare anche le associazioni l'Altra Cicogna Onlus, Cerco un bimbo, Hera, Amica Cicogna che da tempo lavorano accanto alle famiglie. Chiedono una "sanzione esemplare" e chiedono: "Quale sarà il prossimo passo: un registro speciale dei nati da eterologa? I nostri figli trattati come esseri da monitorare?". Mentre l'Associazione italiana per la donazione altruistica e gratuita di gameti (Aidagg), chiede "al ministro della Salute di attuare la legge 40 con campagne informative e integrando le linee guida come indicato dai Giudici della Corte Costituzionale, nelle parte relativa al numero di donazioni per donatore, secondo il modello francese e inglese".
ROMA - L'Italia avrebbe violato l'anonimato dei donatori di gameti nelle procedure per la fecondazione eterologa. Nome, professione, codice fiscale, stato civile, residenza sono i dati che avrebbero dovuto restare anonimi, ma che invece sono stati diffusi senza protezione per tre mesi. Dopo una segnalazione dell'Associazione Luca Coscioni, il Garante per la protezione dei dati personali ha infatti accertato che la violazione c'è stata da aprile a fine giugno 2015. Ora "sta valutando le sanzioni amministrative da applicare"
La denuncia. L'annuncio è stato diffuso nel corso di una conferenza stampa alla Camera convocata dalla stessa associazione, che ha definito questo fatto "gravissimo" chiedendo al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, le dimissioni del direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt), Nanni Costa, responsabile del Registro dei donatori. "Lo scorso aprile il Cnt ha chiesto a Regioni e Centri di mandare tramite fax dei dati in chiaro dei donatori e quelli della circonferenza cranica e malformazioni dei nati da eterologa - ha spiegato il segretario dell'associazione Coscioni, Filomena Gallo - . Questo nonostante la Legge 40 sulla procreazione assistita preveda che i donatori siano anonimi ed i loro dati criptati e che lo stesso garante nel 2005 abbia stabilito che non possono essere creati registri speciali dei nati".
Si valutano sanzioni. La violazione è stata ora rilevata dal Garante, che sta valutando sanzioni, anche se, ha precisato, da luglio il Cnt ha modificato la procedura di raccolta dati prevedendo un algoritmo di cifrature per la tracciabilità. Ma la violazione, denuncia l'associazione Coscioni, "resta ed è gravissima". "Nome, professione, codice fiscale, stato civile, residenza dei donatori - ha affermato Marco Cappato, tesoriere dellìassociazione Coscioni - hanno circolato nelle Regioni e, anche se da luglio è stato adottato un algoritmo di cifratura criptato, quegli elenchi hanno di fatto una potenzialità di uso criminale anche per i prossimi anni, gettando in una situazione di pericolo donatori e coppie".
Si tratta di un episodio "estremamente grave perché è in contrasto con ogni normativa attualmente in vigore e non ha alcuna giustificazione né di tipo medico, né scientifico", commenta la Siose (Società italiana ospedaliera di sterilità ed embriologia).
"No alla consulenza genetica obbligatoria". Ma l'associazione Coscioni interviene anche su un altro punto, la proposta del ministero della Salute di prevedere la consulenza genetica obbligatoria scritta per i donatori di gameti. Un punto presentato - ha aggiunto Gallo - senza accolgiere "gli emendamenti contrari pervenuti dal tavolo tecnico e dalla Regione Toscana", in questo modo "si blocca di fatto l'esecuzione dell'eterologa". Questo - ha detto l'avvocato Gianni Baldini, "perchè la figura del genetista medico è scarsamente presente, ci sarebbe un aggravio di spesa di oltre mila euro e si avrebbe anche un conseguente blocco dell'importazione di gameti dalle banche estere". E' "chiaro - ha commentato la deputata Pia Locatelli - che questa è una forma di boicottaggio e presenteremo un'interrogazione al ministro".
"Chieremo il risarcimento danni". Non si conosce al momento l'entità dei dati trasmessi o il numero dei donatori interessati ma, l'associazione Coscioni agirà "per una richiesta di risarcimento danni". Di fatto, con queste misure, ha concluso Gallo - si chiude il cerchio delle azioni messe in campo dal ministero per impedire la tecnica duedell'eterologa, con il ministro Lorenzin che sta violando i diritti di quella parte di cittadini che chiedono accesso alla tecnica".
Le associzioni. Scendono in campo per protestare anche le associazioni l'Altra Cicogna Onlus, Cerco un bimbo, Hera, Amica Cicogna che da tempo lavorano accanto alle famiglie. Chiedono una "sanzione esemplare" e chiedono: "Quale sarà il prossimo passo: un registro speciale dei nati da eterologa? I nostri figli trattati come esseri da monitorare?". Mentre l'Associazione italiana per la donazione altruistica e gratuita di gameti (Aidagg), chiede "al ministro della Salute di attuare la legge 40 con campagne informative e integrando le linee guida come indicato dai Giudici della Corte Costituzionale, nelle parte relativa al numero di donazioni per donatore, secondo il modello francese e inglese".
Re: ARTICOLI & NEWS
In Italia pochi donatori e costi alti, fecondazione eterologa difficile anche dopo il sì della Consulta
In Emilia Romagna il servizio è pressoché gratuito mentre in altre Regioni si applicano ticket fino a 1500 euro. Nel privato mediamente il costo è di 7mila
Pochi donatori e centri pubblici al palo. Questi gli elementi usciti dal primo convegno nazionale sulla protezione della fertilità organizzato a Roma dal segretario nazionale dell’Aipf, professor Antonio Colicchia. Pochi ovociti, pochi gameti, e soprattutto come ha accennato in apertura di lavori proprio Colicchia, un quadro assai complicato di relazioni e interventi tra Regioni e apparati sanitari pubblici. E’ in questo contesto che faticano a farsi largo le disposizioni maturate dopo la sentenza della Corte Costituzionale numero 162 del 2014 che di fatto ha sancito che il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale.
Ma da sole le norme non bastano, e come ha spiegato il professor Moscarini oltre le norme deve esserci la volontà: la volontà di rendere veloci, tracciabili, e certe, le prestazioni sanitarie per tutti i cittadini. Invece, nel nostro Paese, stando almeno ai dati censiti nel corso dello scorso anno, solo 9 regioni sono in linea o si avvicinano ai criteri impartiti dal ministero della sanità, mentre è soprattutto il settore privato a fare ancora la differenza sul pubblico. I numeri del pubblico, infatti, viene sottolineato durante al tavola rotonda (alla quale hanno preso parte i responsabili delle Regioni) restano irrisori rispetto alla domanda (Le aziende pubbliche, infatti, sono pressoché tagliate fuori dall’importazione ovocitaria all’estero). E questo, di fatto, «rende sostanzialmente inapplicata la sentenza della Consulta» diversamente a quello che accade nei centri privati che per rispondere alla quasi totale assenza di donatrici chiedono a centri esteri di fornire il servizio di approvvigionamento ovocitario con costi importanti, naturalmente, a carico delle pazienti.
Da qui, allarme: un allarme per chiedere alle istituzioni pubbliche non solo di rendere più competitivo il pubblico con il privato ma di unificare, su base regionali, le grandi differenza in tema di eterologa tra Enti. Tant’è che se in Emilia il servizio è pressoché gratuito in altre Regioni si applicano ticket fino a mille 500 euro (nel privato mediamente il costo è di 7mila euro). «E’ naturale, però – osserva Giulia Scaravelli Istituto superiore di sanità – che quando si cambiano leggi non si possa ipotizzare che la bacchetta magica renda tutto più immediato e efficiente, ma sono comunque ottimista e che ben presto arriveranno anche i primi donatori. Per questo sarà necessario informare meglio e di più la popolazione che non è sufficientemente informata e attivare una serie di campagne di sensibilizzazione che allo stato attuale sono completamenti assenti». Insomma, il tempo ci dirà se a breve l’Italia sarà al passo con gli altri paesi europei. Per ora la distanza resta abissale. E nelle maglie delle differenze a crescere sono solo i centri privati pronti e efficienti a rispondere alle richieste delle coppie che desidera avere dei figli.
In Emilia Romagna il servizio è pressoché gratuito mentre in altre Regioni si applicano ticket fino a 1500 euro. Nel privato mediamente il costo è di 7mila
Pochi donatori e centri pubblici al palo. Questi gli elementi usciti dal primo convegno nazionale sulla protezione della fertilità organizzato a Roma dal segretario nazionale dell’Aipf, professor Antonio Colicchia. Pochi ovociti, pochi gameti, e soprattutto come ha accennato in apertura di lavori proprio Colicchia, un quadro assai complicato di relazioni e interventi tra Regioni e apparati sanitari pubblici. E’ in questo contesto che faticano a farsi largo le disposizioni maturate dopo la sentenza della Corte Costituzionale numero 162 del 2014 che di fatto ha sancito che il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale.
Ma da sole le norme non bastano, e come ha spiegato il professor Moscarini oltre le norme deve esserci la volontà: la volontà di rendere veloci, tracciabili, e certe, le prestazioni sanitarie per tutti i cittadini. Invece, nel nostro Paese, stando almeno ai dati censiti nel corso dello scorso anno, solo 9 regioni sono in linea o si avvicinano ai criteri impartiti dal ministero della sanità, mentre è soprattutto il settore privato a fare ancora la differenza sul pubblico. I numeri del pubblico, infatti, viene sottolineato durante al tavola rotonda (alla quale hanno preso parte i responsabili delle Regioni) restano irrisori rispetto alla domanda (Le aziende pubbliche, infatti, sono pressoché tagliate fuori dall’importazione ovocitaria all’estero). E questo, di fatto, «rende sostanzialmente inapplicata la sentenza della Consulta» diversamente a quello che accade nei centri privati che per rispondere alla quasi totale assenza di donatrici chiedono a centri esteri di fornire il servizio di approvvigionamento ovocitario con costi importanti, naturalmente, a carico delle pazienti.
Da qui, allarme: un allarme per chiedere alle istituzioni pubbliche non solo di rendere più competitivo il pubblico con il privato ma di unificare, su base regionali, le grandi differenza in tema di eterologa tra Enti. Tant’è che se in Emilia il servizio è pressoché gratuito in altre Regioni si applicano ticket fino a mille 500 euro (nel privato mediamente il costo è di 7mila euro). «E’ naturale, però – osserva Giulia Scaravelli Istituto superiore di sanità – che quando si cambiano leggi non si possa ipotizzare che la bacchetta magica renda tutto più immediato e efficiente, ma sono comunque ottimista e che ben presto arriveranno anche i primi donatori. Per questo sarà necessario informare meglio e di più la popolazione che non è sufficientemente informata e attivare una serie di campagne di sensibilizzazione che allo stato attuale sono completamenti assenti». Insomma, il tempo ci dirà se a breve l’Italia sarà al passo con gli altri paesi europei. Per ora la distanza resta abissale. E nelle maglie delle differenze a crescere sono solo i centri privati pronti e efficienti a rispondere alle richieste delle coppie che desidera avere dei figli.
Re: ARTICOLI & NEWS
Ma se l’eterologa fatica a svilupparsi le cose non vanno meglio nemmeno sul fronte della conservazione ovocitaria. In Italia, infatti, circa 47mila donne ogni anno ricevono una diagnosi di carcinoma alla mammella e di queste il 45 per cento ha meno di 39 anni. Ora, l’età media delle donne che desiderano avere una gravidanza, negli ultimi 20 anni, è arrivata a 34 anni. Questi dati dimostrano, dunque, che più che mai è indispensabile pensare alla fertilità di questo gruppo di donne che insieme a quella che sono colpite da una patologia tumorale in età riproduttiva hanno necessità di conservare la loro fertilità per gli anni successivi.
«Purtroppo in Italia – spiegano i relatori al convegno organizzato dall’Aipf, tra questi anche il dottor Palermo – esistono solo due banche dati di ovociti (Bologna e Milano) assolutamente insufficienti a far fronte alle necessità. E ancora di più, sono troppo pochi gli oncologi che discutono di queste possibilità con le loro pazienti». Per questa ragione, un altro sforzo da compiere, infatti, è quello di sensibilizzare oncologi e ginecologi a vincere le resistenze e offrire questa metodica a tutte le pazienti, essendo stato dimostrato che la gravidanza non modifica affatto la prognosi della malattia in quanto a speranza di vita.
«Purtroppo in Italia – spiegano i relatori al convegno organizzato dall’Aipf, tra questi anche il dottor Palermo – esistono solo due banche dati di ovociti (Bologna e Milano) assolutamente insufficienti a far fronte alle necessità. E ancora di più, sono troppo pochi gli oncologi che discutono di queste possibilità con le loro pazienti». Per questa ragione, un altro sforzo da compiere, infatti, è quello di sensibilizzare oncologi e ginecologi a vincere le resistenze e offrire questa metodica a tutte le pazienti, essendo stato dimostrato che la gravidanza non modifica affatto la prognosi della malattia in quanto a speranza di vita.