ARTICOLI & NEWS
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Utero in affitto legale in Italia: ecco le sentenze creative dei giudici
L’utero in affitto è vietato dalla legge 40, ma la signora rientrata dall’Ucraina con due neonati gemelli è comunque ‘madre sociale’. E visto che il marito della signora è a tutti gli effetti il padre biologico, i gemelli restano al sicuro nella casa familiare. È l’innovativa sentenza emessa dal tribunale dei minori di Firenze che, nel vuoto legislativo italiano, ha scelto di seguire le evoluzioni giurisprudenziali europee, che riconoscono una genitorialità ‘di tipo sociale’ accanto a quella biologica e genetica, si legge su “la Repubblica”.
Una coppia etero si è comprata due gemelli in Ucraina
Tutto comincia quando, di ritorno da Kiev con due gemelli nati il 23 dicembre 2014 da madre surrogata, la coppia mente di fronte alla polizia di frontiera dell’aeroporto di Fiumicino. Dichiara che i gemelli sono figli biologici, finendo sotto inchiesta per alterazione di stato. E a seguito delle dichiarazioni ‘incoerenti’ rilasciate, la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, ritenendo che i gemelli nati a Kiev non fossero figli biologici della coppia, decide di avvia una procedura per violazione della legge sull’adozione internazionale.
Per anni l’ingegnere e la biologa hanno tentato di avere figli con la procreazione medicalmente assistita
Poi si sono rivolti ad una clínica di Kiev: in Ucraina la maternità surrogata è consentita, se effettuata con almeno il 50% del patrimonio genetico di uno dei genitori. Cosa poi effettivamente confermata dai test del Dna: i gemelli sono figli biologici del padre. Solo che, per poter rientrare in Italia, la coppia ha dovuto mentire dichiarando che i bambini erano figli biologici anche della donna. Ma alla fine, il curatore speciale dei gemelli e la stessa procura si sono convinti a chiedere la chiusura del procedimento di adottabilità. «La nostra visione deve avere sempre al centro il bene del bambino», spiega la presidente del tribunale dei minori di Firense Laura Laera.
L’utero in affitto è vietato dalla legge 40, ma la signora rientrata dall’Ucraina con due neonati gemelli è comunque ‘madre sociale’. E visto che il marito della signora è a tutti gli effetti il padre biologico, i gemelli restano al sicuro nella casa familiare. È l’innovativa sentenza emessa dal tribunale dei minori di Firenze che, nel vuoto legislativo italiano, ha scelto di seguire le evoluzioni giurisprudenziali europee, che riconoscono una genitorialità ‘di tipo sociale’ accanto a quella biologica e genetica, si legge su “la Repubblica”.
Una coppia etero si è comprata due gemelli in Ucraina
Tutto comincia quando, di ritorno da Kiev con due gemelli nati il 23 dicembre 2014 da madre surrogata, la coppia mente di fronte alla polizia di frontiera dell’aeroporto di Fiumicino. Dichiara che i gemelli sono figli biologici, finendo sotto inchiesta per alterazione di stato. E a seguito delle dichiarazioni ‘incoerenti’ rilasciate, la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, ritenendo che i gemelli nati a Kiev non fossero figli biologici della coppia, decide di avvia una procedura per violazione della legge sull’adozione internazionale.
Per anni l’ingegnere e la biologa hanno tentato di avere figli con la procreazione medicalmente assistita
Poi si sono rivolti ad una clínica di Kiev: in Ucraina la maternità surrogata è consentita, se effettuata con almeno il 50% del patrimonio genetico di uno dei genitori. Cosa poi effettivamente confermata dai test del Dna: i gemelli sono figli biologici del padre. Solo che, per poter rientrare in Italia, la coppia ha dovuto mentire dichiarando che i bambini erano figli biologici anche della donna. Ma alla fine, il curatore speciale dei gemelli e la stessa procura si sono convinti a chiedere la chiusura del procedimento di adottabilità. «La nostra visione deve avere sempre al centro il bene del bambino», spiega la presidente del tribunale dei minori di Firense Laura Laera.
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Il falso mito dell’Ucraina: per gay e single niente utero in affitto
La ricerca tra le cliniche all’estero per la maternità surrogata, tra truffe e rifiuti
Per avere informazioni sulla maternità surrogata dal sito di un centro indiano specializzato, We Care IVF Surrogacy di Delhi, ci si trova a chattare online presumibilmente con un «bot» che fa alcune domande base. Poi chiede i dati, la mail e ti manda una scheda su una clinica russa. Forse perché avevo detto di essere una donna single, e in India la pratica è aperta solo a coppie etero. Stesso discorso in Ucraina, dove la clinica La Vita Nova mi informa che come donna single od omosessuale non posso accedere al programma.
Il fatto è che la maternità surrogata da un lato è praticata da anni in molti Paesi, dall’altro resta una giungla, specie per chi viene da luoghi, come l’Italia, dove il quadro legale è ancora incerto. Per una coppia omosessuale, le opzioni sono limitatissime, e fondamentalmente ricadono nei due Paesi che più al mondo tutelano tutti i soggetti coinvolti nella procedura, ovvero Stati Uniti e Canada. E infatti sono i forum femminili che pullulano di spasmodiche domande al riguardo, laddove ci sono donne che da anni cercano invano di avere un figlio col proprio marito, per cui la maternità surrogata è l’ultima spiaggia di un percorso doloroso.
Al North Cyprus IVF di Nicosia, Cipro, dove in teoria accettano coppie omosessuali perché di fatto passano attraverso gli Stati Uniti, mi rispondono al telefono in turco.
Insomma, anche solo ottenere informazioni affidabili è una lotteria. Come se non bastasse, le legislazioni dei vari Stati cambiano di anno in anno. Il Messico, dove andavano alcuni single ed omosessuali, ha chiuso recentemente la maternità surrogata a queste categorie. La Thailandia l’ha blindata agli stranieri dal 2013. La Grecia è una delle mete più recenti, europea, economica, in teoria accessibile anche a donne single. In Russia si trovano cliniche che dicono di essere aperte a single e gay, ma gli avvocati sconsigliano quel Paese a queste specifiche categorie.
«Nella pratica per le coppie omosessuali restano solo gli Stati Uniti», commenta alla Stampa Franco Antonio Zenna, avvocato che lavora in Subrogalia, uno studio legale di Barcellona che gestisce la surrogazione per i suoi clienti, provenienti da vari Stati, anche l’Italia. «Il fenomeno riguarda soprattutto coppie etero che stanno assieme da anni». Zenna stima una decina di coppie tricolori al mese. Molte vanno in Ucraina perché economico, ma non mancano casi di truffe. Alimentate dall’incertezza del quadro giuridico di molti Stati.
La ricerca tra le cliniche all’estero per la maternità surrogata, tra truffe e rifiuti
Per avere informazioni sulla maternità surrogata dal sito di un centro indiano specializzato, We Care IVF Surrogacy di Delhi, ci si trova a chattare online presumibilmente con un «bot» che fa alcune domande base. Poi chiede i dati, la mail e ti manda una scheda su una clinica russa. Forse perché avevo detto di essere una donna single, e in India la pratica è aperta solo a coppie etero. Stesso discorso in Ucraina, dove la clinica La Vita Nova mi informa che come donna single od omosessuale non posso accedere al programma.
Il fatto è che la maternità surrogata da un lato è praticata da anni in molti Paesi, dall’altro resta una giungla, specie per chi viene da luoghi, come l’Italia, dove il quadro legale è ancora incerto. Per una coppia omosessuale, le opzioni sono limitatissime, e fondamentalmente ricadono nei due Paesi che più al mondo tutelano tutti i soggetti coinvolti nella procedura, ovvero Stati Uniti e Canada. E infatti sono i forum femminili che pullulano di spasmodiche domande al riguardo, laddove ci sono donne che da anni cercano invano di avere un figlio col proprio marito, per cui la maternità surrogata è l’ultima spiaggia di un percorso doloroso.
Al North Cyprus IVF di Nicosia, Cipro, dove in teoria accettano coppie omosessuali perché di fatto passano attraverso gli Stati Uniti, mi rispondono al telefono in turco.
Insomma, anche solo ottenere informazioni affidabili è una lotteria. Come se non bastasse, le legislazioni dei vari Stati cambiano di anno in anno. Il Messico, dove andavano alcuni single ed omosessuali, ha chiuso recentemente la maternità surrogata a queste categorie. La Thailandia l’ha blindata agli stranieri dal 2013. La Grecia è una delle mete più recenti, europea, economica, in teoria accessibile anche a donne single. In Russia si trovano cliniche che dicono di essere aperte a single e gay, ma gli avvocati sconsigliano quel Paese a queste specifiche categorie.
«Nella pratica per le coppie omosessuali restano solo gli Stati Uniti», commenta alla Stampa Franco Antonio Zenna, avvocato che lavora in Subrogalia, uno studio legale di Barcellona che gestisce la surrogazione per i suoi clienti, provenienti da vari Stati, anche l’Italia. «Il fenomeno riguarda soprattutto coppie etero che stanno assieme da anni». Zenna stima una decina di coppie tricolori al mese. Molte vanno in Ucraina perché economico, ma non mancano casi di truffe. Alimentate dall’incertezza del quadro giuridico di molti Stati.
Re: ARTICOLI & NEWS
Umberto Veronesi: "L'utero in affitto è un gesto nobile, è una donazione"
"Sono a favore della maternità surrogata perché è una forma di donazione: una donna dona a una persona che può essere una sorella, una cugina o un'amica" o una perfetta sconosciuta "una maternità che quella non può avere". E' la posizione espressa all'AdnKronos Salute dall'oncologo Umberto Veronesi, oggi a Milano a margine della presentazione del primo numero della rivista 'The Future of Science and Ethics' edita dalla Fondazione che porta il suo nome. Il professore interviene su uno dei 'temi caldi' di queste settimane. Mentre il Parlamento discute di unioni civili e stepchild adoption, infatti, nel Paese il dibattito è aperto anche sull'utero in affitto.
Anche se il ddl Cirinnà non riguarda questo tema, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha recentemente preso posizione in merito, firmando la Carta di Parigi, un documento proposto dalle femministe francesi per dire 'no' a questa tecnica, che prevede che una donna metta a disposizione il proprio utero portando avanti una gravidanza per conto di altri. "La scienza prepara il terreno, rende le cose possibili - sottolinea Veronesi - La maternità surrogata oggi è possibile. Sta poi all'interpretazione morale di una società accettarla, regolamentarla o rifiutarla".
"L'uomo può donare un proprio organo, un rene, una parte del fegato, il sangue, i gameti, le cellule midollari - ricorda Veronesi - Quindi penso che la maternità surrogata sia una cosa nobile, anche perché mettere al mondo una persona nuova è sempre un evento positivo. Se pensiamo che nascere è meglio che non nascere - non siamo sicuri che sia così, ma è plausibile - allora questa donna fa nascere un bambino che non sarebbe mai nato", conclude il professore.
"Sono a favore della maternità surrogata perché è una forma di donazione: una donna dona a una persona che può essere una sorella, una cugina o un'amica" o una perfetta sconosciuta "una maternità che quella non può avere". E' la posizione espressa all'AdnKronos Salute dall'oncologo Umberto Veronesi, oggi a Milano a margine della presentazione del primo numero della rivista 'The Future of Science and Ethics' edita dalla Fondazione che porta il suo nome. Il professore interviene su uno dei 'temi caldi' di queste settimane. Mentre il Parlamento discute di unioni civili e stepchild adoption, infatti, nel Paese il dibattito è aperto anche sull'utero in affitto.
Anche se il ddl Cirinnà non riguarda questo tema, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha recentemente preso posizione in merito, firmando la Carta di Parigi, un documento proposto dalle femministe francesi per dire 'no' a questa tecnica, che prevede che una donna metta a disposizione il proprio utero portando avanti una gravidanza per conto di altri. "La scienza prepara il terreno, rende le cose possibili - sottolinea Veronesi - La maternità surrogata oggi è possibile. Sta poi all'interpretazione morale di una società accettarla, regolamentarla o rifiutarla".
"L'uomo può donare un proprio organo, un rene, una parte del fegato, il sangue, i gameti, le cellule midollari - ricorda Veronesi - Quindi penso che la maternità surrogata sia una cosa nobile, anche perché mettere al mondo una persona nuova è sempre un evento positivo. Se pensiamo che nascere è meglio che non nascere - non siamo sicuri che sia così, ma è plausibile - allora questa donna fa nascere un bambino che non sarebbe mai nato", conclude il professore.
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Generazione uteri: cicogne in affitto e donate
Utero donato, maternità senza limiti
In questi giorni di gran parlare di stepchild adoption, uteri in affitto, famiglie arcobaleno e di diritti più o meno negati che coinvolgono una discreta parte della nostra società, la scienza fa il suo corso e pigia il piede sull’acceleratore della fecondazione medicalmente assistita. Che lo si voglia o meno, i bambini nascono comunque e comunque vengono iscritti all’anagrafe. Il nodo, semmai, sta nel dichiarare chi siano i genitori e come sia composta la famiglia. Ma per i ricercatori questi sono dettagli di relativa importanza: la loro missione è di dare concretezza a un sogno e di consegnare un bebè in braccio a una coppia felice di accoglierlo, etero oppure omossessuale che sia. Un bimbo che assuma il ruolo di un frutto prezioso ricevuto grazie a un aiuto senza il quale non si sarebbe potuto dar seguito a uno dei più potenti istinti di tutto il regno animale, uomo compreso: lasciare una traccia di sé (e del proprio patrimonio genetico) dopo la morte. Senza questa poderosa spinta, l’umanità e tutto il regno animale avrebbe rischiato l’estinzione. E allora?
Se un tempo la colpa della sterilità era tutta femminile, al punto che le mogli venivano ripudiate se non mettevano al mondo uno stuolo di eredi, si è poi scoperto che anche per gli uomini può esistere un problema di fertilità: a quel punto, è iniziata una nuova sfida ad ampio raggio per permettere a coppie eterosessuali di avere dei figli. In poche parole, di “sopperire” a una natura ostile, che non consente di procreare per i più svariati motivi, e di dare voce a uno dei desideri più naturali che esistano. Anche perché i problemi di fertilità sono sempre più frequenti e sempre più spesso legati all’età anagrafica e biologica, soprattutto della donna, ma pure alle malattie sessualmente trasmesse, a tumori, anomalie fisiche, genetiche, a liquido seminale dallo scarso o nullo potere fecondante… È la natura che cambia, ma sono anche gli stili di vita che vanno a interferire: nella nostra società, l’età biologica migliore per avere un figlio non coincide praticamente più con il momento più adatto nella vita delle persone. In genere, si è spostato tutto più in là nel tempo, cioè quando si è raggiunta una certa stabilità economica e incontrato il partner adatto. Un figlio è sempre più un lusso o un ostacolo alla propria vita professionale, è un impegno verso la coppia genitoriale e, soprattutto, verso il nuovo nato e richiede sacrifici in termini economici, di tempo e di scelte. Inoltre, non sempre si trova al primo colpo il compagno della propria vita. Si rimanda e, alla fine, magari, ci si ritrova con il proprio orologio biologico che decreta la fine dei giochi o, anche, ci si accorge di avere problemi silenti che non consentono più di avere un bebè.
Non tutto è perduto. Gli esperti di fertilità, negli anni, hanno studiato e applicato con successo varie tecniche di procreazione medicalmente assistita. Perché rinunciare alla gioia di un figlio proprio se è possibile ricorrere a soluzioni mediche? Soprattutto con il congelamento degli ovuli e dello sperma, ma anche degli embrioni, si può conservare, nel tempo, il potenziale generativo proprio o di donatori anonimi. Senza entrare nel merito di questioni etiche, che comunque meritano certamente attenzione, è interessante ricordare in modo essenziale qual è il ventaglio di possibilità che la procreazione medicalmente assistita offre. Prima di tutto, la fecondazione omologa, ossia quella che avviene attraverso ovulo e spermatozoo della coppia, con una gravidanza portata a termine dalla donna. La fecondazione eterologa, invece, utilizza una, o entrambe le cellule germinali di donatori terzi alla coppia, con una gestazione che, però, avviene all’interno della coppia. In Italia, oggi, questo tipo di fecondazione è consentito e non si deve più andare all’estero. Non è una scelta semplice perché uno dei due partner, o entrambi, non si ‘riconoscono’ in quel bimbo, frutto del potere generativo di altre persone. In passato, quando gli uomini esercitavano un potere assoluto sulle donne, il solo sospetto che il figlio in arrivo non fosse proprio, ma frutto di un tradimento, legittimava azioni sanguinarie per lavare l’onta e riacquistare l’onore e la supremazia generativa. Avviene spesso anche nel regno animale: eliminare la prole del maschio rivale per garantire alla propria stirpe un maggiore vantaggio e possibilità di sopravvivenza. Si tratta di una legge atavica.
La questione non è semplice. Senza voler approfondire e banalizzare gli aspetti psicologici ed etici che riguardano queste nascite, si deve dire o no la verità? Si deve rivelare al figlio, e alle nonne, ai nonni e a tutto il parentado, che non è del tutto appartenente al clan in cui muoverà i primi passi, oppure è meglio scegliere la via della riservatezza e lasciare che si trovino somiglianze che in realtà sono dovute alla ricerca di un donatore con le caratteristiche fisiche più vicine alla felice coppia di neo-genitori? Non solo: portare in grembo il figlio del proprio compagno, ma generato grazie all’ovulo di una sconosciuta, oppure il contrario, vedere la propria partner dare alla luce il figlio di un altro crea o no problemi alla stabilità della coppia? Si ‘sentirà’ quel bebè come proprio? Se questi sono aspetti da non sottovalutare, esiste anche un problema più pratico legato all’anonimato del donatore e all’accesso alla sua cartella clinica: può essere che, nel tempo, si manifestino dei problemi di salute legati alla sua familiarità e alla sua genetica. Il bambino dovrebbe poter accedere ai dati sensibili che lo riguardano, ne va della sua salute. Ma potrebbe anche voler conoscere e dare un volto a chi gli ha permesso di venire al mondo…
Utero donato, maternità senza limiti
In questi giorni di gran parlare di stepchild adoption, uteri in affitto, famiglie arcobaleno e di diritti più o meno negati che coinvolgono una discreta parte della nostra società, la scienza fa il suo corso e pigia il piede sull’acceleratore della fecondazione medicalmente assistita. Che lo si voglia o meno, i bambini nascono comunque e comunque vengono iscritti all’anagrafe. Il nodo, semmai, sta nel dichiarare chi siano i genitori e come sia composta la famiglia. Ma per i ricercatori questi sono dettagli di relativa importanza: la loro missione è di dare concretezza a un sogno e di consegnare un bebè in braccio a una coppia felice di accoglierlo, etero oppure omossessuale che sia. Un bimbo che assuma il ruolo di un frutto prezioso ricevuto grazie a un aiuto senza il quale non si sarebbe potuto dar seguito a uno dei più potenti istinti di tutto il regno animale, uomo compreso: lasciare una traccia di sé (e del proprio patrimonio genetico) dopo la morte. Senza questa poderosa spinta, l’umanità e tutto il regno animale avrebbe rischiato l’estinzione. E allora?
Se un tempo la colpa della sterilità era tutta femminile, al punto che le mogli venivano ripudiate se non mettevano al mondo uno stuolo di eredi, si è poi scoperto che anche per gli uomini può esistere un problema di fertilità: a quel punto, è iniziata una nuova sfida ad ampio raggio per permettere a coppie eterosessuali di avere dei figli. In poche parole, di “sopperire” a una natura ostile, che non consente di procreare per i più svariati motivi, e di dare voce a uno dei desideri più naturali che esistano. Anche perché i problemi di fertilità sono sempre più frequenti e sempre più spesso legati all’età anagrafica e biologica, soprattutto della donna, ma pure alle malattie sessualmente trasmesse, a tumori, anomalie fisiche, genetiche, a liquido seminale dallo scarso o nullo potere fecondante… È la natura che cambia, ma sono anche gli stili di vita che vanno a interferire: nella nostra società, l’età biologica migliore per avere un figlio non coincide praticamente più con il momento più adatto nella vita delle persone. In genere, si è spostato tutto più in là nel tempo, cioè quando si è raggiunta una certa stabilità economica e incontrato il partner adatto. Un figlio è sempre più un lusso o un ostacolo alla propria vita professionale, è un impegno verso la coppia genitoriale e, soprattutto, verso il nuovo nato e richiede sacrifici in termini economici, di tempo e di scelte. Inoltre, non sempre si trova al primo colpo il compagno della propria vita. Si rimanda e, alla fine, magari, ci si ritrova con il proprio orologio biologico che decreta la fine dei giochi o, anche, ci si accorge di avere problemi silenti che non consentono più di avere un bebè.
Non tutto è perduto. Gli esperti di fertilità, negli anni, hanno studiato e applicato con successo varie tecniche di procreazione medicalmente assistita. Perché rinunciare alla gioia di un figlio proprio se è possibile ricorrere a soluzioni mediche? Soprattutto con il congelamento degli ovuli e dello sperma, ma anche degli embrioni, si può conservare, nel tempo, il potenziale generativo proprio o di donatori anonimi. Senza entrare nel merito di questioni etiche, che comunque meritano certamente attenzione, è interessante ricordare in modo essenziale qual è il ventaglio di possibilità che la procreazione medicalmente assistita offre. Prima di tutto, la fecondazione omologa, ossia quella che avviene attraverso ovulo e spermatozoo della coppia, con una gravidanza portata a termine dalla donna. La fecondazione eterologa, invece, utilizza una, o entrambe le cellule germinali di donatori terzi alla coppia, con una gestazione che, però, avviene all’interno della coppia. In Italia, oggi, questo tipo di fecondazione è consentito e non si deve più andare all’estero. Non è una scelta semplice perché uno dei due partner, o entrambi, non si ‘riconoscono’ in quel bimbo, frutto del potere generativo di altre persone. In passato, quando gli uomini esercitavano un potere assoluto sulle donne, il solo sospetto che il figlio in arrivo non fosse proprio, ma frutto di un tradimento, legittimava azioni sanguinarie per lavare l’onta e riacquistare l’onore e la supremazia generativa. Avviene spesso anche nel regno animale: eliminare la prole del maschio rivale per garantire alla propria stirpe un maggiore vantaggio e possibilità di sopravvivenza. Si tratta di una legge atavica.
La questione non è semplice. Senza voler approfondire e banalizzare gli aspetti psicologici ed etici che riguardano queste nascite, si deve dire o no la verità? Si deve rivelare al figlio, e alle nonne, ai nonni e a tutto il parentado, che non è del tutto appartenente al clan in cui muoverà i primi passi, oppure è meglio scegliere la via della riservatezza e lasciare che si trovino somiglianze che in realtà sono dovute alla ricerca di un donatore con le caratteristiche fisiche più vicine alla felice coppia di neo-genitori? Non solo: portare in grembo il figlio del proprio compagno, ma generato grazie all’ovulo di una sconosciuta, oppure il contrario, vedere la propria partner dare alla luce il figlio di un altro crea o no problemi alla stabilità della coppia? Si ‘sentirà’ quel bebè come proprio? Se questi sono aspetti da non sottovalutare, esiste anche un problema più pratico legato all’anonimato del donatore e all’accesso alla sua cartella clinica: può essere che, nel tempo, si manifestino dei problemi di salute legati alla sua familiarità e alla sua genetica. Il bambino dovrebbe poter accedere ai dati sensibili che lo riguardano, ne va della sua salute. Ma potrebbe anche voler conoscere e dare un volto a chi gli ha permesso di venire al mondo…
Re: ARTICOLI & NEWS
E non è tutto: si verificano anche soluzioni ‘intrafamiliari’, con la donazione di ovuli da sorelle, o anche mamme, ancora fertili: il bimbo che nascerà sarà biologicamente figlio del padre e della zia… Nel guardare quel bimbo, la zia o la nonna cosa proveranno? Lo sentiranno ‘loro’ o riusciranno a superare questo ‘dettaglio’? Sono solo alcune riflessioni, ma appare chiaro un aspetto: questi bimbi sono frutto di un amore e di un desiderio così forte da far accantonare e superare ostacoli davvero impensabili. Il percorso della fecondazione assistita è una strada difficile, quasi sempre dolorosa, legata a insuccessi, ansie e orizzonti spesso bui. È una scelta da rispettare sempre e comunque. È una sorta di via crucis che ha un unico obiettivo, quello di stringere a sé un frugoletto che appartiene principalmente all’amore di due persone che desiderano rispecchiarsi negli occhi di un bebè. E questo è davvero un sentimento che non si può non condividere.
Genitori ‘diversi': ultime frontiere. A parte il discorso delle coppie omosessuali, che qui non è il caso di prendere in esame, il problema nasce quando ‘lei’ non è in grado di avere un figlio per i più svariati problemi di salute: per esempio, una donna cardiopatica o epilettica potrebbe essere fertile, ma avere il divieto medico di affrontare una gravidanza perché dovrebbe interrompere delle terapie salvavita, ma dannose per il feto, oppure potrebbe non reggere la fatica di una gestazione… E qui entra in gioco la madre surrogata, il famoso ‘utero in affitto’, alla quale impiantare un embrione figlio, di fatto, della coppia, ma nato grazie a questa ‘incubatrice’ naturale. Lasciamo perdere le considerazioni etiche e il discorso dello sfruttamento delle donne delle aree povere… Non è questo il punto. Questi bambini nascono e nasceranno comunque. Ma nasceranno anche bambini attraverso l’ultima frontiera della medicina riproduttiva: il trapianto di utero in donne che ne sono prive.
Non si tratta di fantascienza: al 20° Congresso mondiale su “Controversies in Obstetric, Gynecology and Infertility” che si è tenuto a settembre 2015 a Budapest, la dottoressa Johannesson, che fa parte del gruppo svedese coordinato dal professor Mats Brännström, ha annunciato che è stato realizzato il sogno di un bimbo da utero donato. Sono già quattro le donne e una quinta dovrebbe essere ormai giunta a termine, ad aver coronato il sogno di avere un proprio figlio, cresciuto dentro di sé, ma nato per un dono, l’utero da altre persone. La difficoltà di questo risultato è immediatamente immaginabile: i problemi tecnici e immunologici, legati al rischio di rigetto di organo, sono immensi. Mamme, sorelle o altre parenti che, oramai, avevano finito il loro ciclo riproduttivo, hanno regalato la possibilità di diventare mamme a figlie e sorelle con un’infertilità uterina assoluta, cioè che, per motivi genetici o sconosciuti, sono prive di utero, oppure che ne hanno subito l’asportazione a causa di un carcinoma. La donazione d’organo da parenti riduce il rischio di rigetto e consente di avere una possibilità di successo superiore rispetto alla donazione da estranei. Questo è un atto di amore preziosissimo. Felici neo-mamme, ma anche felici neo-nonne e neo-zie che hanno consentito di dare forma e profumo a un sogno che altrimenti sarebbe stato negato. Una generosità che oltrepassa le barriere fisiche, che fa affrontare il dolore e i preconcetti, per far sì che un’altra persona provi una delle gioie più intense che si possano provare a questo mondo: diventare genitori e scrivere il proprio futuro. Che dire di più?
http://www.lindro.it/generazione-uteri- ... o-e-donate
Genitori ‘diversi': ultime frontiere. A parte il discorso delle coppie omosessuali, che qui non è il caso di prendere in esame, il problema nasce quando ‘lei’ non è in grado di avere un figlio per i più svariati problemi di salute: per esempio, una donna cardiopatica o epilettica potrebbe essere fertile, ma avere il divieto medico di affrontare una gravidanza perché dovrebbe interrompere delle terapie salvavita, ma dannose per il feto, oppure potrebbe non reggere la fatica di una gestazione… E qui entra in gioco la madre surrogata, il famoso ‘utero in affitto’, alla quale impiantare un embrione figlio, di fatto, della coppia, ma nato grazie a questa ‘incubatrice’ naturale. Lasciamo perdere le considerazioni etiche e il discorso dello sfruttamento delle donne delle aree povere… Non è questo il punto. Questi bambini nascono e nasceranno comunque. Ma nasceranno anche bambini attraverso l’ultima frontiera della medicina riproduttiva: il trapianto di utero in donne che ne sono prive.
Non si tratta di fantascienza: al 20° Congresso mondiale su “Controversies in Obstetric, Gynecology and Infertility” che si è tenuto a settembre 2015 a Budapest, la dottoressa Johannesson, che fa parte del gruppo svedese coordinato dal professor Mats Brännström, ha annunciato che è stato realizzato il sogno di un bimbo da utero donato. Sono già quattro le donne e una quinta dovrebbe essere ormai giunta a termine, ad aver coronato il sogno di avere un proprio figlio, cresciuto dentro di sé, ma nato per un dono, l’utero da altre persone. La difficoltà di questo risultato è immediatamente immaginabile: i problemi tecnici e immunologici, legati al rischio di rigetto di organo, sono immensi. Mamme, sorelle o altre parenti che, oramai, avevano finito il loro ciclo riproduttivo, hanno regalato la possibilità di diventare mamme a figlie e sorelle con un’infertilità uterina assoluta, cioè che, per motivi genetici o sconosciuti, sono prive di utero, oppure che ne hanno subito l’asportazione a causa di un carcinoma. La donazione d’organo da parenti riduce il rischio di rigetto e consente di avere una possibilità di successo superiore rispetto alla donazione da estranei. Questo è un atto di amore preziosissimo. Felici neo-mamme, ma anche felici neo-nonne e neo-zie che hanno consentito di dare forma e profumo a un sogno che altrimenti sarebbe stato negato. Una generosità che oltrepassa le barriere fisiche, che fa affrontare il dolore e i preconcetti, per far sì che un’altra persona provi una delle gioie più intense che si possano provare a questo mondo: diventare genitori e scrivere il proprio futuro. Che dire di più?
http://www.lindro.it/generazione-uteri- ... o-e-donate
Re: ARTICOLI & NEWS
Sull’utero in affitto è assoluzione continua
Una nuova sentenza ha sdoganato in Italia la maternità surrogata, dimostrando ancora una volta come il divieto imposto dalla legge 40 sia facilmente aggirabile: basta che l’utero sia affittato all’estero, in un Paese che consente la pratica, per veder riconosciuti in Italia i suoi effetti. Il dispositivo della pronuncia è stato letto l’altro giorno dalla Corte d’appello di Milano: ribaltata la sentenza di primo grado, che aveva condannato due coniugi della Valle del Seprio (Varese) – ai tempi dei fatti, quattro anni fa, lui era 61enne, lei 58enne – per false dichiarazioni a pubblico ufficiale, ne ha disposto l’assoluzione.
I due, volendo un figlio pur non essendo più in grado di procreare, erano volati in Ucraina presso una clinica specializzata della capitale.
Lì avevano "ordinato" i bimbi, che poi – dietro pagamento – erano stati concepiti in provetta col seme di lui, gli ovociti di un’anonima "donatrice" (anch’essa ricompensata in denaro) e poi impiantati nel grembo di un’altra donna ancora che aveva condotto la gravidanza e li aveva partoriti. In base alla legge ucraina, poi, i due committenti italiani avevano potuto ottenere un certificato di nascita che li definiva genitori. A questo punto era entrato in gioco il diritto internazionale: la coppia varesina aveva dovuto recarsi presso la cancelleria consolare dell’ambasciata italiana a Kiev per chiedere la trasmissione dell’atto al Comune di residenza. Attenzione: gli stessi, tacendo le circostanze in cui erano venuti al mondo quei due bimbi, avevano dichiarato di essere i loro veri genitori. Ma i funzionari italiani in Ucraina non sono nuovi a questo tipo di traffici. E quando sospettano che il certificato di nascita ha a che fare con un caso di maternità surrogata hanno da Viminale e Farnesina ordini ben precisi: trasmettere l’atto ma comunicando notizia di reato alla Procura italiana competente per territorio. Varese, nel caso specifico.
Qui parte l’indagine giudiziaria, e presto emerge che, geneticamente, quei bimbi sono figli dell’uomo ma non anche di sua moglie. Scatta quindi l’imputazione per false dichiarazioni a pubblico ufficiale (i funzionari consolari) finalizzate alla recezione di notizie false in atti di stato civile. Il Tribunale di Varese condanna, ma la coppia ricorre in appello a Milano. E vince. Su quali motivazioni? Al momento, non lo si può dire con certezza: la Corte ha due mesi di tempo per depositare la sentenza integrale, quella con i ragionamenti giuridici sulla scorta dei quali ha deciso. Per ora, dunque, ci si può basare solo sul contenuto dell’atto difensivo vergato dall’avvocato della coppia, che sembra aver impostato il processo su due capisaldi. Innanzitutto, il fatto che i due non avrebbero detto nulla di falso perché secondo la legge ucraina erano davvero i genitori (le convenzioni internazionali farebbero prevalere l’atto formato secondo la legge del luogo in cui è stato rilasciato).
Poi il difensore aveva ricordato ai giudici la condanna dell’Italia – pronunciata il 27 gennaio 2015 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) – comminata per il fatto che il Tribunale dei minori di Campobasso aveva sottratto a un’altra coppia committente 2 bambini nati in circostanze simili (in Russia). Vicenda che per i giudici di Strasburgo aveva pregiudicato il «miglior interesse del minore». Per la verità, entrambe le argomentazioni erano già state smontate in un altro caso ancora dalla Corte di Cassazione, il nostro maggiore organo giudiziario, alla cui interpretazione dovrebbero uniformarsi tutte le magistrature di rango inferiore. Non solo. La sentenza Cedu è tuttora oggetto di ricorso presso la Grande Chambre (l’organismo di appello), per cui anche questa sentenza potrebbe essere rovesciata. Rimane un’evidenza: chi affitta un utero all’estero, quasi sempre la fa franca. In barba alla legge 40.
http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/uter ... tinua.aspx
Una nuova sentenza ha sdoganato in Italia la maternità surrogata, dimostrando ancora una volta come il divieto imposto dalla legge 40 sia facilmente aggirabile: basta che l’utero sia affittato all’estero, in un Paese che consente la pratica, per veder riconosciuti in Italia i suoi effetti. Il dispositivo della pronuncia è stato letto l’altro giorno dalla Corte d’appello di Milano: ribaltata la sentenza di primo grado, che aveva condannato due coniugi della Valle del Seprio (Varese) – ai tempi dei fatti, quattro anni fa, lui era 61enne, lei 58enne – per false dichiarazioni a pubblico ufficiale, ne ha disposto l’assoluzione.
I due, volendo un figlio pur non essendo più in grado di procreare, erano volati in Ucraina presso una clinica specializzata della capitale.
Lì avevano "ordinato" i bimbi, che poi – dietro pagamento – erano stati concepiti in provetta col seme di lui, gli ovociti di un’anonima "donatrice" (anch’essa ricompensata in denaro) e poi impiantati nel grembo di un’altra donna ancora che aveva condotto la gravidanza e li aveva partoriti. In base alla legge ucraina, poi, i due committenti italiani avevano potuto ottenere un certificato di nascita che li definiva genitori. A questo punto era entrato in gioco il diritto internazionale: la coppia varesina aveva dovuto recarsi presso la cancelleria consolare dell’ambasciata italiana a Kiev per chiedere la trasmissione dell’atto al Comune di residenza. Attenzione: gli stessi, tacendo le circostanze in cui erano venuti al mondo quei due bimbi, avevano dichiarato di essere i loro veri genitori. Ma i funzionari italiani in Ucraina non sono nuovi a questo tipo di traffici. E quando sospettano che il certificato di nascita ha a che fare con un caso di maternità surrogata hanno da Viminale e Farnesina ordini ben precisi: trasmettere l’atto ma comunicando notizia di reato alla Procura italiana competente per territorio. Varese, nel caso specifico.
Qui parte l’indagine giudiziaria, e presto emerge che, geneticamente, quei bimbi sono figli dell’uomo ma non anche di sua moglie. Scatta quindi l’imputazione per false dichiarazioni a pubblico ufficiale (i funzionari consolari) finalizzate alla recezione di notizie false in atti di stato civile. Il Tribunale di Varese condanna, ma la coppia ricorre in appello a Milano. E vince. Su quali motivazioni? Al momento, non lo si può dire con certezza: la Corte ha due mesi di tempo per depositare la sentenza integrale, quella con i ragionamenti giuridici sulla scorta dei quali ha deciso. Per ora, dunque, ci si può basare solo sul contenuto dell’atto difensivo vergato dall’avvocato della coppia, che sembra aver impostato il processo su due capisaldi. Innanzitutto, il fatto che i due non avrebbero detto nulla di falso perché secondo la legge ucraina erano davvero i genitori (le convenzioni internazionali farebbero prevalere l’atto formato secondo la legge del luogo in cui è stato rilasciato).
Poi il difensore aveva ricordato ai giudici la condanna dell’Italia – pronunciata il 27 gennaio 2015 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) – comminata per il fatto che il Tribunale dei minori di Campobasso aveva sottratto a un’altra coppia committente 2 bambini nati in circostanze simili (in Russia). Vicenda che per i giudici di Strasburgo aveva pregiudicato il «miglior interesse del minore». Per la verità, entrambe le argomentazioni erano già state smontate in un altro caso ancora dalla Corte di Cassazione, il nostro maggiore organo giudiziario, alla cui interpretazione dovrebbero uniformarsi tutte le magistrature di rango inferiore. Non solo. La sentenza Cedu è tuttora oggetto di ricorso presso la Grande Chambre (l’organismo di appello), per cui anche questa sentenza potrebbe essere rovesciata. Rimane un’evidenza: chi affitta un utero all’estero, quasi sempre la fa franca. In barba alla legge 40.
http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/uter ... tinua.aspx
Re: ARTICOLI & NEWS
Vendola padre con maternità surrogata Lega e FI: “Disgustoso, turpe”. Lui: “Volgarità da squadristi della politica”
Lega e Forza Italia attaccano Nichi Vendola dopo che Libero ha dato la notizia della nascita, in una clinica della California, di Tobia Antonio Testa, figlio del leader di Sel e del compagno Eddy Testa. Ma il fuoco azzurro suscita reazioni fredde anche a sinistra. Al centro delle polemiche c’è il fatto che la coppia, che convive dal 2004, ha fatto ricorso alla maternità surrogata, cioè l’utero in affitto, legale in diversi Stati Usa mentre in Italia è fuori legge. Tobia Antonio è stato partorito, stando alle indiscrezioni raccolte dal quotidiano, da una donna di origine indonesiana, mentre la madre genetica, che ha fornito l’ovulo, è californiana.
Il neopapà pare non raccogliere le provocazioni e a proposito dei commenti relativi alla nascita di Tobia Antonio replica: “Non c’è volgarità degli squadristi della politica che possa turbare la grande felicità che la nascita di un bimbo provoca”. In relazione al tanto contestato tema della maternità surrogata, l’ex governatore aggiunge: “Condivido con il mio compagno una scelta e un percorso che sono lontani anni luce dalla espressione ‘utero in affitto’. Questo bambino è figlio di una bellissima storia d’amore, la donna che lo ha portato in grembo e la sua famiglia sono parte della nostra vita. Quelli che insultano e bestemmiano nei bassifondi della politica e dei social network mi ricordano quel verso che dice: ‘ognuno dal proprio cuor l’altro misura'”.
Le polemiche erano venute dal leader del Carroccio Matteo Salvini, che ha commentato scrivendo su Twitter: “Vendola e compagno sono diventati papà, affittando utero di una donna californiana. Questo per me non è futuro, questo è disgustoso egoismo“. Critiche anche da Maurizio Gasparri, che ha detto: “questa è la sinistra italiana. A parole sono contro l’utero in affitto. Ma poi usano questo turpe metodo per inventarsi genitori dei figli di altri”. Il senatore di FI chiede poi “un po’ di trasparenza su scelte e costi”: “Chi paga chi? Quanto? Coerenza e chiarezza. Per noi l’impegno continua. Inutile che corrano per rafforzare adozioni gay e utero in affitto già facilitati dal testo incostituzionale imposto al Senato con tecniche da trafficanti di persone”. Il riferimento è alla legge sulle unioni civili approvata dal Senato tre giorni fa, ma solo dopo l’esclusione dal ddl dell’articolo sulla stepchild adoption, l’adozione del figlio naturale del partner da parte del compagno. Di conseguenza la paternità di Vendola, scrive Libero, potrà essere riconosciuta in Canada, il Paese del compagno 38enne che è il padre biologico, ma non in Italia, dove l’ex governatore della Puglia e Testa torneranno con il bambino probabilmente dopo Pasqua.
L’unica possibilità per Vendola e Testa sarà quella di rivolgersi a un giudice. Eugenia Roccella, parlamentare di Idea, ha detto che “se la coppia ricorrerà alla nuova legge, il tribunale consentirà l’adozione a Nichi Vendola senza problemi e senza neppure aspettare la nuova legge sulle adozioni. È chiaro a tutti così che la stepchild adoption è già una realtà, e che lo scopo della legge è la legittimazione dell’utero in affitto e della nuova filiazione “di mercato”.
Se il Gay Center fa “gli auguri a Nichi Vendola e al suo compagno” ma chiede che ora ci sia “un dibattito maturo sui diritti dei bambini e dei genitori gay”, i toni dei commenti che arrivano dalla stessa parte politica dell’ex governatore sono cauti. “Congratulazioni a Vendola e Testa, ma non condivido la tecnica della maternità surrogata, soprattutto se fatta dietro pagamento di denaro”, afferma Adriano Zaccagnini, deputato di Sinistra Italiana – Sel. “Nulla in contrario se una donna vuole per altruismo concedere il suo corpo per una gravidanza ad una coppia che non può concepire un figlio. Ma per soldi diventa un lavoro come un altro, una transazione come altre e il figlio un oggetto di un desiderio di chi se lo può permettere. In questo mondo ci sono tanti bambini senza genitori da aiutare, sostenere o adottare. Non abbiamo bisogno di dare legittimità ad una pratica del genere”.
Vendola lo scorso anno aveva raccontato a Repubblica di volere un figlio, spiegando: “E’ un pensiero che riposa nella mia vita e che ho sempre rimandato”. “Uso provocatoriamente questo mio sogno”, aveva detto, “contro la pigrizia della politica sul tema dei diritti civili”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... a/2503387/
Lega e Forza Italia attaccano Nichi Vendola dopo che Libero ha dato la notizia della nascita, in una clinica della California, di Tobia Antonio Testa, figlio del leader di Sel e del compagno Eddy Testa. Ma il fuoco azzurro suscita reazioni fredde anche a sinistra. Al centro delle polemiche c’è il fatto che la coppia, che convive dal 2004, ha fatto ricorso alla maternità surrogata, cioè l’utero in affitto, legale in diversi Stati Usa mentre in Italia è fuori legge. Tobia Antonio è stato partorito, stando alle indiscrezioni raccolte dal quotidiano, da una donna di origine indonesiana, mentre la madre genetica, che ha fornito l’ovulo, è californiana.
Il neopapà pare non raccogliere le provocazioni e a proposito dei commenti relativi alla nascita di Tobia Antonio replica: “Non c’è volgarità degli squadristi della politica che possa turbare la grande felicità che la nascita di un bimbo provoca”. In relazione al tanto contestato tema della maternità surrogata, l’ex governatore aggiunge: “Condivido con il mio compagno una scelta e un percorso che sono lontani anni luce dalla espressione ‘utero in affitto’. Questo bambino è figlio di una bellissima storia d’amore, la donna che lo ha portato in grembo e la sua famiglia sono parte della nostra vita. Quelli che insultano e bestemmiano nei bassifondi della politica e dei social network mi ricordano quel verso che dice: ‘ognuno dal proprio cuor l’altro misura'”.
Le polemiche erano venute dal leader del Carroccio Matteo Salvini, che ha commentato scrivendo su Twitter: “Vendola e compagno sono diventati papà, affittando utero di una donna californiana. Questo per me non è futuro, questo è disgustoso egoismo“. Critiche anche da Maurizio Gasparri, che ha detto: “questa è la sinistra italiana. A parole sono contro l’utero in affitto. Ma poi usano questo turpe metodo per inventarsi genitori dei figli di altri”. Il senatore di FI chiede poi “un po’ di trasparenza su scelte e costi”: “Chi paga chi? Quanto? Coerenza e chiarezza. Per noi l’impegno continua. Inutile che corrano per rafforzare adozioni gay e utero in affitto già facilitati dal testo incostituzionale imposto al Senato con tecniche da trafficanti di persone”. Il riferimento è alla legge sulle unioni civili approvata dal Senato tre giorni fa, ma solo dopo l’esclusione dal ddl dell’articolo sulla stepchild adoption, l’adozione del figlio naturale del partner da parte del compagno. Di conseguenza la paternità di Vendola, scrive Libero, potrà essere riconosciuta in Canada, il Paese del compagno 38enne che è il padre biologico, ma non in Italia, dove l’ex governatore della Puglia e Testa torneranno con il bambino probabilmente dopo Pasqua.
L’unica possibilità per Vendola e Testa sarà quella di rivolgersi a un giudice. Eugenia Roccella, parlamentare di Idea, ha detto che “se la coppia ricorrerà alla nuova legge, il tribunale consentirà l’adozione a Nichi Vendola senza problemi e senza neppure aspettare la nuova legge sulle adozioni. È chiaro a tutti così che la stepchild adoption è già una realtà, e che lo scopo della legge è la legittimazione dell’utero in affitto e della nuova filiazione “di mercato”.
Se il Gay Center fa “gli auguri a Nichi Vendola e al suo compagno” ma chiede che ora ci sia “un dibattito maturo sui diritti dei bambini e dei genitori gay”, i toni dei commenti che arrivano dalla stessa parte politica dell’ex governatore sono cauti. “Congratulazioni a Vendola e Testa, ma non condivido la tecnica della maternità surrogata, soprattutto se fatta dietro pagamento di denaro”, afferma Adriano Zaccagnini, deputato di Sinistra Italiana – Sel. “Nulla in contrario se una donna vuole per altruismo concedere il suo corpo per una gravidanza ad una coppia che non può concepire un figlio. Ma per soldi diventa un lavoro come un altro, una transazione come altre e il figlio un oggetto di un desiderio di chi se lo può permettere. In questo mondo ci sono tanti bambini senza genitori da aiutare, sostenere o adottare. Non abbiamo bisogno di dare legittimità ad una pratica del genere”.
Vendola lo scorso anno aveva raccontato a Repubblica di volere un figlio, spiegando: “E’ un pensiero che riposa nella mia vita e che ho sempre rimandato”. “Uso provocatoriamente questo mio sogno”, aveva detto, “contro la pigrizia della politica sul tema dei diritti civili”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... a/2503387/
Re: ARTICOLI & NEWS
Cirinnà: ma alla fine chi ha "vinto"?
29/02/2016 - Passata la versione "stralciata" del ddl che ha fatto discutere per mesi. Ma cosa dice di nuovo il testo approvato dal Senato? E quali dinamiche hanno portato al fallimento del primo disegno? Prova a rispondere una costituzionalista
Matteo Renzi con Monica Cirinnà in Parlamento.
Matteo Renzi con Monica Cirinnà in Parlamento.
Qualche primo commento sugli esiti del maxiemendamento del Governo conseguente al fallimento al ddl Cirinnà originario, fallimento dovuto soprattutto al rifiuto del Movimento 5 stelle di appoggiare tale progetto.
La scelta del Governo di riformulare il primo testo introduce qualche miglioramento nella normativa in corso di approvazione. Innanzitutto: il nuovo testo si apre con una definizione di “unione civile” , assente nel ddl originario e sancisce: «La presente legge istituisce l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto». Con tale definizione si introduce una differenziazione tra l’unione e il matrimonio, che invece ha come riferimento costituzionale l’articolo 29 della Costituzione.
Secondariamente, sempre nel nuovo testo si alleggeriscono i richiami (ossessivi) al matrimonio contenuti nel disegno di legge originale e si riorganizza la materia in modo più razionale e chiaro; invero, i molti richiami alla disciplina del matrimonio, che pure restano, sono meglio distribuiti per argomento e perdono la natura pervasiva che avevano nella precedente disciplina. Tra i fattori che possono contribuire a distinguere il matrimonio dall’unione va ricordato, come hanno fatto i media con grande clamore, il venir meno dell’obbligo di fedeltà che, oltre ad avere un tenue significato simbolico, conta in sede di separazione legale; in particolare, esso non rileva in sé ma solo se unito ad un’altra serie di comportamenti che provano essere diventato il vincolo insostenibile. Si tratta, pertanto, di un elemento di contorno della disciplina dell’unione (come del matrimonio, del resto) che può - ma solo marginalmente - confermare la differenza tra le due discipline.
Per questi due aspetti il testo nuovo è migliore della prima versione, anche dal punto di vista sistemico. In tal modo, infatti, il testo attuale vive di vita più autonoma rispetto al precedente, che era invece fortemente incentrato sulla riproposizione della normativa sul matrimonio, mentre fa emergere come criterio interpretativo per i casi dubbi (che certamente si porranno) quello che parte dalla specificità della fattispecie “unioni civili” e non da una automatica, quanto irriflessa, identificazione col (o parificazione al) matrimonio.
In sintesi, il nuovo progetto - approvato al Senato - pone le basi per identificare una linea di demarcazione tra i due casi (matrimonio da una parte e unione civile dall’altra), e consente pertanto di individuare qual è l’intenzione del legislatore, intenzione intesa in senso tecnico, cioè come criterio interpretativo vero e proprio, rilevante per il giudice che dovrà applicare la legge - e non solo una “intenzione” di tipo morale, priva di conseguenze giuridiche.
Stralcio della stepchild
Anche la scelta di stralciare la stepchild adoption, quanto mai opportuna, comporta diverse conseguenze sul piano della tecnica normativa. Inserendo tale forma di adozione nella normativa sulle unioni civili si accentuava, infatti, la similitudine con il matrimonio, con tutte le conseguenze che ne sarebbero potute emergere sul piano interpretativo e si creava anche una sorta di ambiguità rispetto all’adozione, che veniva vista come una sorta di “diritto al figlio”.
Nel distinguere tra le due fattispecie (unione civile e adozione) si tengono correttamente separate due fattispecie profondamente diverse. L’unione civile è un nuovo stato giuridico che riguarda la persona che entra a far parte di una coppia ma che resta uno stato personale (e non di coppia) fonte di diritti (e di corrispondenti doveri). La stepchild adoption riguarda, invece, un altro settore della vita dell’ordinamento, quello relativo alla filiazione adottiva. Si tratta di una normativa che si basa su principi molto diversi da quelli tipici dello status personae proprio del matrimonio (o unione civile). Nonostante quello che spesso di pensa, l’adozione non serve a dare un figlio a chi non ce l’ha, ma a dare un contesto familiare a chi ne sia privo; in particolare, non esiste nell’ordinamento il cosiddetto “diritto al figlio” (o “diritto a diventare genitore”), né potrebbe esistere fondandosi sulla disciplina dell’adozione, che vive di vita propria, profondamente diversa da quella inerente ai diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. Nel primo caso infatti (adozione), i pubblici poteri compiono molti accertamenti per verificare la capacità (psicologica e anche finanziaria) della coppia di adottare, accertamenti che sarebbero impensabili nella logica dei diritti, i quali si basano su obblighi di astensione del potere pubblico rispetto alla sfera di libertà che il diritto protegge.
29/02/2016 - Passata la versione "stralciata" del ddl che ha fatto discutere per mesi. Ma cosa dice di nuovo il testo approvato dal Senato? E quali dinamiche hanno portato al fallimento del primo disegno? Prova a rispondere una costituzionalista
Matteo Renzi con Monica Cirinnà in Parlamento.
Matteo Renzi con Monica Cirinnà in Parlamento.
Qualche primo commento sugli esiti del maxiemendamento del Governo conseguente al fallimento al ddl Cirinnà originario, fallimento dovuto soprattutto al rifiuto del Movimento 5 stelle di appoggiare tale progetto.
La scelta del Governo di riformulare il primo testo introduce qualche miglioramento nella normativa in corso di approvazione. Innanzitutto: il nuovo testo si apre con una definizione di “unione civile” , assente nel ddl originario e sancisce: «La presente legge istituisce l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto». Con tale definizione si introduce una differenziazione tra l’unione e il matrimonio, che invece ha come riferimento costituzionale l’articolo 29 della Costituzione.
Secondariamente, sempre nel nuovo testo si alleggeriscono i richiami (ossessivi) al matrimonio contenuti nel disegno di legge originale e si riorganizza la materia in modo più razionale e chiaro; invero, i molti richiami alla disciplina del matrimonio, che pure restano, sono meglio distribuiti per argomento e perdono la natura pervasiva che avevano nella precedente disciplina. Tra i fattori che possono contribuire a distinguere il matrimonio dall’unione va ricordato, come hanno fatto i media con grande clamore, il venir meno dell’obbligo di fedeltà che, oltre ad avere un tenue significato simbolico, conta in sede di separazione legale; in particolare, esso non rileva in sé ma solo se unito ad un’altra serie di comportamenti che provano essere diventato il vincolo insostenibile. Si tratta, pertanto, di un elemento di contorno della disciplina dell’unione (come del matrimonio, del resto) che può - ma solo marginalmente - confermare la differenza tra le due discipline.
Per questi due aspetti il testo nuovo è migliore della prima versione, anche dal punto di vista sistemico. In tal modo, infatti, il testo attuale vive di vita più autonoma rispetto al precedente, che era invece fortemente incentrato sulla riproposizione della normativa sul matrimonio, mentre fa emergere come criterio interpretativo per i casi dubbi (che certamente si porranno) quello che parte dalla specificità della fattispecie “unioni civili” e non da una automatica, quanto irriflessa, identificazione col (o parificazione al) matrimonio.
In sintesi, il nuovo progetto - approvato al Senato - pone le basi per identificare una linea di demarcazione tra i due casi (matrimonio da una parte e unione civile dall’altra), e consente pertanto di individuare qual è l’intenzione del legislatore, intenzione intesa in senso tecnico, cioè come criterio interpretativo vero e proprio, rilevante per il giudice che dovrà applicare la legge - e non solo una “intenzione” di tipo morale, priva di conseguenze giuridiche.
Stralcio della stepchild
Anche la scelta di stralciare la stepchild adoption, quanto mai opportuna, comporta diverse conseguenze sul piano della tecnica normativa. Inserendo tale forma di adozione nella normativa sulle unioni civili si accentuava, infatti, la similitudine con il matrimonio, con tutte le conseguenze che ne sarebbero potute emergere sul piano interpretativo e si creava anche una sorta di ambiguità rispetto all’adozione, che veniva vista come una sorta di “diritto al figlio”.
Nel distinguere tra le due fattispecie (unione civile e adozione) si tengono correttamente separate due fattispecie profondamente diverse. L’unione civile è un nuovo stato giuridico che riguarda la persona che entra a far parte di una coppia ma che resta uno stato personale (e non di coppia) fonte di diritti (e di corrispondenti doveri). La stepchild adoption riguarda, invece, un altro settore della vita dell’ordinamento, quello relativo alla filiazione adottiva. Si tratta di una normativa che si basa su principi molto diversi da quelli tipici dello status personae proprio del matrimonio (o unione civile). Nonostante quello che spesso di pensa, l’adozione non serve a dare un figlio a chi non ce l’ha, ma a dare un contesto familiare a chi ne sia privo; in particolare, non esiste nell’ordinamento il cosiddetto “diritto al figlio” (o “diritto a diventare genitore”), né potrebbe esistere fondandosi sulla disciplina dell’adozione, che vive di vita propria, profondamente diversa da quella inerente ai diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. Nel primo caso infatti (adozione), i pubblici poteri compiono molti accertamenti per verificare la capacità (psicologica e anche finanziaria) della coppia di adottare, accertamenti che sarebbero impensabili nella logica dei diritti, i quali si basano su obblighi di astensione del potere pubblico rispetto alla sfera di libertà che il diritto protegge.
Re: ARTICOLI & NEWS
Una valutazione complessiva
Oltre a quanto detto, va ricordato che il progetto è fallito per i motivi politici detti sopra e, almeno contingentemente, non per altre forme di opposizione, che pure possono avere influito ma la cui influenza è molto difficile da dimostrare. Il progetto originario è stato fermato da una contingenza politica dall’apparenza casuale, che mostra - più di ogni altra - come le maggioranze parlamentari in questo momento siano mobili e non coincidono con gli schieramenti ideologici tradizionali né con la tradizionale distinzione tra maggioranza e opposizione.
Ciò comporta che, in presenza di questioni moralmente sensibili, alleanze strategiche devono o possono essere fatte indipendentemente dalle concezioni che certe forze politiche hanno e che per bloccare un progetto “immorale” si può ricorrere a qualunque mezzo? Ovviamente no e sarebbe miope dire, come si è sentito, che occorre ringraziare il Movimento 5 stelle.
Si può leggere invece questa paradossale situazione, che è nuova sul piano delle dinamiche istituzionali proprie della democrazia, come richiamo a guardare con un certo disincanto a guerre fatte per affermare principi. Si è rivelata cruciale, invece, la pressione costante di parte della maggioranza che sostiene il Governo a modificare il disegno di legge Cirinnà offrendo al Governo stesso, in un momento di difficoltà, la sponda per arrivare al risultato da molti voluto. In altre parole, è stato utile che vi siano state delle persone, dentro e fuori i partiti di maggioranza, che avevano fin dall’inizio puntato ad ottenere un livello di “compromesso” legislativo: questo ha aiutato a giungere al risultato che oggi pare ottenuto, un risultato minimale ma non insignificante.
Siamo in una fase in cui, forse, è più utile cercare di migliorare i processi di produzione normativa, senza aspettarsi dalla legge quello che essa non può più dare, cioè rispecchiare, in modo speculare, le proprie visioni moralmente connotate, come del resto fu il caso della legge 40 sulla fecondazione assistita.
Alcune riflessioni
Volendo trarre da questa vicenda politica contingente qualche spunto per un giudizio più ampio (forse anche di tipo “culturale”), va detto che il momento presente sembra all’insegna di una sorta di crollo degli steccati a tutti i livelli della vita politica e sociale o, forse - più radicalmente - del venir meno della logica che porta a interpretare il confronto tra diversi come contrapposizione ideologicamente connotata, tanto cara ai media, ai talk show e al populismo crescente. Essa fa sì che si eviti un approfondimento delle tematiche in discussione per fermarsi alla superficie, senza fare la fatica di scendere in profondità alla ricerca di punti comuni di incontro (sul piano del pensiero, ma soprattutto sul piano dell’esperienza concreta) quali sono i desideri ultimi del cuore umano, comuni a tutti, da dettagliare - ovviamente - anche rispetto all’esperienza e alla cultura degli interlocutori. Sarebbe interessante mettere in atto tentativi che documentino queste tensioni di ricerca e non fermarsi, anche noi, a pensare e ad agire come se le barriere ideologiche fossero reali e non frutto di un potere cui fa comodo dividere (ed imperare).
Rischiamo così di “annacquare” il messaggio cristiano e scendere a compromessi, morali o di semplice comunicazione del messaggio stesso? Non c’è momento storico né posizione culturale che siano esenti da questo rischio e anche da altri rischi. La verifica nell’esperienza e il tempo diranno se il mondo cattolico italiano ha “perso” di più giocando certe carte piuttosto che altre, posto che si possano fare questi bilanci (ultimamente strategici e non di sostanza).
Personalmente, mi pare di rilevare, per il contesto lavorativo in cui passo molto del mio tempo, che oggi - caduti gli steccati - siamo nel pieno di relazioni sociali completamente “liquefatte”, che si compongono e scompongono in modo così svariato da apparire totalmente casuali. Siccome occorre necessariamente entrare in queste relazioni (e, in un certo senso, è anche molto interessante farlo), è importante che tale accesso non sia dettato né da uno schema né da una “ragione” determinata dallo schieramento di appartenenza, ma unicamente dal tentativo (ironico, perché libero dal ricatto dei risultati) di cogliere gli attimi di verità che ciascuno non può esimersi dall’avere, e da questi partire per una costruzione i cui esiti si vedranno solo a distanza. Spesso, per esperienza diretta, mi pare di poter dire che la convinzione morale si comunichi meglio non per dialettica ma per osmosi, per uno sguardo che sia positivo verso l’interlocutore; o almeno questo è quello su cui - ultimamente ed esistenzialmente - puntare.
Oltre a quanto detto, va ricordato che il progetto è fallito per i motivi politici detti sopra e, almeno contingentemente, non per altre forme di opposizione, che pure possono avere influito ma la cui influenza è molto difficile da dimostrare. Il progetto originario è stato fermato da una contingenza politica dall’apparenza casuale, che mostra - più di ogni altra - come le maggioranze parlamentari in questo momento siano mobili e non coincidono con gli schieramenti ideologici tradizionali né con la tradizionale distinzione tra maggioranza e opposizione.
Ciò comporta che, in presenza di questioni moralmente sensibili, alleanze strategiche devono o possono essere fatte indipendentemente dalle concezioni che certe forze politiche hanno e che per bloccare un progetto “immorale” si può ricorrere a qualunque mezzo? Ovviamente no e sarebbe miope dire, come si è sentito, che occorre ringraziare il Movimento 5 stelle.
Si può leggere invece questa paradossale situazione, che è nuova sul piano delle dinamiche istituzionali proprie della democrazia, come richiamo a guardare con un certo disincanto a guerre fatte per affermare principi. Si è rivelata cruciale, invece, la pressione costante di parte della maggioranza che sostiene il Governo a modificare il disegno di legge Cirinnà offrendo al Governo stesso, in un momento di difficoltà, la sponda per arrivare al risultato da molti voluto. In altre parole, è stato utile che vi siano state delle persone, dentro e fuori i partiti di maggioranza, che avevano fin dall’inizio puntato ad ottenere un livello di “compromesso” legislativo: questo ha aiutato a giungere al risultato che oggi pare ottenuto, un risultato minimale ma non insignificante.
Siamo in una fase in cui, forse, è più utile cercare di migliorare i processi di produzione normativa, senza aspettarsi dalla legge quello che essa non può più dare, cioè rispecchiare, in modo speculare, le proprie visioni moralmente connotate, come del resto fu il caso della legge 40 sulla fecondazione assistita.
Alcune riflessioni
Volendo trarre da questa vicenda politica contingente qualche spunto per un giudizio più ampio (forse anche di tipo “culturale”), va detto che il momento presente sembra all’insegna di una sorta di crollo degli steccati a tutti i livelli della vita politica e sociale o, forse - più radicalmente - del venir meno della logica che porta a interpretare il confronto tra diversi come contrapposizione ideologicamente connotata, tanto cara ai media, ai talk show e al populismo crescente. Essa fa sì che si eviti un approfondimento delle tematiche in discussione per fermarsi alla superficie, senza fare la fatica di scendere in profondità alla ricerca di punti comuni di incontro (sul piano del pensiero, ma soprattutto sul piano dell’esperienza concreta) quali sono i desideri ultimi del cuore umano, comuni a tutti, da dettagliare - ovviamente - anche rispetto all’esperienza e alla cultura degli interlocutori. Sarebbe interessante mettere in atto tentativi che documentino queste tensioni di ricerca e non fermarsi, anche noi, a pensare e ad agire come se le barriere ideologiche fossero reali e non frutto di un potere cui fa comodo dividere (ed imperare).
Rischiamo così di “annacquare” il messaggio cristiano e scendere a compromessi, morali o di semplice comunicazione del messaggio stesso? Non c’è momento storico né posizione culturale che siano esenti da questo rischio e anche da altri rischi. La verifica nell’esperienza e il tempo diranno se il mondo cattolico italiano ha “perso” di più giocando certe carte piuttosto che altre, posto che si possano fare questi bilanci (ultimamente strategici e non di sostanza).
Personalmente, mi pare di rilevare, per il contesto lavorativo in cui passo molto del mio tempo, che oggi - caduti gli steccati - siamo nel pieno di relazioni sociali completamente “liquefatte”, che si compongono e scompongono in modo così svariato da apparire totalmente casuali. Siccome occorre necessariamente entrare in queste relazioni (e, in un certo senso, è anche molto interessante farlo), è importante che tale accesso non sia dettato né da uno schema né da una “ragione” determinata dallo schieramento di appartenenza, ma unicamente dal tentativo (ironico, perché libero dal ricatto dei risultati) di cogliere gli attimi di verità che ciascuno non può esimersi dall’avere, e da questi partire per una costruzione i cui esiti si vedranno solo a distanza. Spesso, per esperienza diretta, mi pare di poter dire che la convinzione morale si comunichi meglio non per dialettica ma per osmosi, per uno sguardo che sia positivo verso l’interlocutore; o almeno questo è quello su cui - ultimamente ed esistenzialmente - puntare.
Re: ARTICOLI & NEWS
Mamme surrogate, ecco come motivano la loro scelta
Maternità
29 febbraio 2016
di Elisabetta Pinna
Una delle cose più semplici che si possa fare è quella di puntare il dito contro e giudicare chi la pensa in modo diverso dal nostro. Questi giorni che l'argomento unioni civili tra coppie omosessuali e stepchild adoption sta impazzando in ogni dove, tutti giudicano tutto.
Ma se ci si fermasse un attimo a scoprire quali sono le motivazioni che spingono a prendere una determinata decisione piuttosto che un'altra? E se ci si chiedesse il perché invece di sentenziare? Magari pur rimanendo, con ogni buon diritto, della propria opinione che però sarà espressa con cognizione di causa.
Ecco allora le motivazioni di alcune mamme surrogate, ovvero quelle mamme che vengono etichettate come surrogate perché scelgono, chi per un motivo, chi per un altro, di affittare il proprio utero permettendo a chi non può avere figli, che siano coppie etero o omosessuali, di averne.
Lasciamo perdere per un momento il discorso etico, sul quale ogni parere è lecito, si può essere favorevoli, magari per federe religiosa, o meno. Lasciamo perdere per un momento anche la sessualità della coppia adottiva e concentriamoci invece sulle motivazioni che spingono alcune donne a mettere a disposizioni di estranei il proprio corpo.
Perché diventare mamme surrogate?
Troppo facile pensare subito al denaro. Le gravidanze surrogate possono essere anche a pagamento (in certi paesi ricevere compensi è illegale, come in Canada), non si può negare.
Non lo nega Mandy Stores, che grazie anche a un'infanzia particolare ha deciso di diventare madre surrogata per vocazione, al punto che lavora per l'ufficio stampa di "Growing Generations", una delle agenzie di maternità più importanti degli Usa.
O Carrie Sylvester, 41 anni, sposata da 22 e con due bambini, ha surrogato il suo utero ben tre volte. La donna afferma che è riuscita a far capire ai suoi figli quando si tratta di una pancia e non di un fratellino. L'input per surrogare l'utero è arrivato in seguito alle difficoltà che ebbe la sorella per rimanere incinta e che quando finalmente ci riuscì partorì un figlio con gravi problemi cognitivi. Mandy ammette tranquillamente che per surrogare viene pagata, e non si vergogna di prendere del denaro perché offre il suo corpo con coscienza e cognizione.
C'è poi Jasmine, una donna canadese che affitta l'utero a titolo gratuito, anche perché in Canada non si possono ricevere compensi, e che si presta solamente per coppie omosessuali.
Insomma, nobili le motivazioni di tutte, scaturite da diversi percorsi. Per quanto riguarda i compensi, laddove si possono ricevere, si oscilla tra i 25 e i 32 mila euro. Chi richiede la surroga però deve aggiungere ulteriori spese come quella dell'impianto degli embrioni e delle spese mediche arrivando quindi a un totale di circa 140 mila euro.
Maternità
29 febbraio 2016
di Elisabetta Pinna
Una delle cose più semplici che si possa fare è quella di puntare il dito contro e giudicare chi la pensa in modo diverso dal nostro. Questi giorni che l'argomento unioni civili tra coppie omosessuali e stepchild adoption sta impazzando in ogni dove, tutti giudicano tutto.
Ma se ci si fermasse un attimo a scoprire quali sono le motivazioni che spingono a prendere una determinata decisione piuttosto che un'altra? E se ci si chiedesse il perché invece di sentenziare? Magari pur rimanendo, con ogni buon diritto, della propria opinione che però sarà espressa con cognizione di causa.
Ecco allora le motivazioni di alcune mamme surrogate, ovvero quelle mamme che vengono etichettate come surrogate perché scelgono, chi per un motivo, chi per un altro, di affittare il proprio utero permettendo a chi non può avere figli, che siano coppie etero o omosessuali, di averne.
Lasciamo perdere per un momento il discorso etico, sul quale ogni parere è lecito, si può essere favorevoli, magari per federe religiosa, o meno. Lasciamo perdere per un momento anche la sessualità della coppia adottiva e concentriamoci invece sulle motivazioni che spingono alcune donne a mettere a disposizioni di estranei il proprio corpo.
Perché diventare mamme surrogate?
Troppo facile pensare subito al denaro. Le gravidanze surrogate possono essere anche a pagamento (in certi paesi ricevere compensi è illegale, come in Canada), non si può negare.
Non lo nega Mandy Stores, che grazie anche a un'infanzia particolare ha deciso di diventare madre surrogata per vocazione, al punto che lavora per l'ufficio stampa di "Growing Generations", una delle agenzie di maternità più importanti degli Usa.
O Carrie Sylvester, 41 anni, sposata da 22 e con due bambini, ha surrogato il suo utero ben tre volte. La donna afferma che è riuscita a far capire ai suoi figli quando si tratta di una pancia e non di un fratellino. L'input per surrogare l'utero è arrivato in seguito alle difficoltà che ebbe la sorella per rimanere incinta e che quando finalmente ci riuscì partorì un figlio con gravi problemi cognitivi. Mandy ammette tranquillamente che per surrogare viene pagata, e non si vergogna di prendere del denaro perché offre il suo corpo con coscienza e cognizione.
C'è poi Jasmine, una donna canadese che affitta l'utero a titolo gratuito, anche perché in Canada non si possono ricevere compensi, e che si presta solamente per coppie omosessuali.
Insomma, nobili le motivazioni di tutte, scaturite da diversi percorsi. Per quanto riguarda i compensi, laddove si possono ricevere, si oscilla tra i 25 e i 32 mila euro. Chi richiede la surroga però deve aggiungere ulteriori spese come quella dell'impianto degli embrioni e delle spese mediche arrivando quindi a un totale di circa 140 mila euro.