Non è reato ricorrere alla maternità surrogata in Ucraina
Inviato: 31 dic 2014, 15:22
Non è reato ricorrere alla maternità surrogata in Ucraina e chiedere la trascrivibilità in Italia dell’atto di nascita
di Sergio Mameli - Avvocato
Il desiderio di essere madre o padre spesso spinge una coppia, che non può aver figli in via naturale, alla ricerca di un modo alternativo per procreare. La pratica della maternità surrogata ormai sta diffondendosi, a macchia d’olio, anche da noi coinvolgendo molte famiglie.
(Tribunale di Trieste, Ufficio del Giudice per l'udienza preliminare, sentenza 4 ottobre 2013)
Fino al 2004 in Italia vi era un vuoto normativo in materia, che rendeva astrattamente possibile la tecnica medica della fecondazione omologa o eterologa. Con l’entrata in vigore della legge n. 40/2004 in Italia, a differenza di altri Paesi europei ed extraeuropei, Ucraina, Gran Bretagna, Stati Uniti, Israele, Russia, India per citarne solo alcuni, dove tale tecnica è lecita e largamente diffusa, è stata vietata la maternità surrogata riconoscendo, ai sensi degli artt. 232 e 269 c.c., come madre solo colei che ha partorito il bambino. Di conseguenza molte coppie italiane si sono recate all’estero, nei paesi dove la maternità surrogata è legale e lo stesso Consolato o Ambasciata trasmettevano successivamente gli atti di nascita all’Ufficio di Stato Civile italiano. Potevano sorgere, però, dei problemi giuridici al momento della trascrizione. Dapprima solo di natura civilistica, conseguente al rifiuto della stessa da parte dell’Ufficiale di Stato Civile italiano. Di recente, alcune Procure hanno inteso contestare anche il secondo comma dell’art. 567 c.p. (alterazione di stato). Il GUP di Trieste, chiamato a pronunciarsi con la sentenza di data 6/06/2013, in seguito a rito abbreviato, ha assolto una coppia di coniugi triestini perché il fatto non costituisce reato. Il Giudice ha valutato preliminarmente la liceità di questa pratica medica in Ucraina giungendo a conclusioni affermative. Ha fatto propria la missiva del funzionario dell’Ambasciata d’Italia a Kiev che espressamente diceva che la «surrogazione di maternità, qui legalmente praticata» con citazione del riferimento normativo relativo al Decreto del Ministero della Salute dell’Ucraina n. 771/08, che prevede la praticabilità della c.d. maternità surrogata sia omologa che eterologa mediante donazioni di gameti. Vengono anche disciplinate le caratteristiche della coppia, della documentazione medica che essa deve presentare, delle caratteristiche della madre surrogata, del negozio che viene posto in essere, ivi compresa la rinuncia della partoriente ad alcuna pretesa sul bambino nato da questo tipo di concepimento. Detti certificati di nascita pertanto, solo perché l’uomo era il padre naturale, non potevano considerarsi ideologicamente falsi. Erano invece “formalmente validi”, proprio perché il ricorso alla maternità surrogata, in Ucraina, è legale. Appare dunque carente l’elemento psicologico di tale delitto caratterizzato dal dolo generico e cioè dalla piena consapevolezza della falsità della dichiarazione o certificazione.
di Sergio Mameli - Avvocato
Il desiderio di essere madre o padre spesso spinge una coppia, che non può aver figli in via naturale, alla ricerca di un modo alternativo per procreare. La pratica della maternità surrogata ormai sta diffondendosi, a macchia d’olio, anche da noi coinvolgendo molte famiglie.
(Tribunale di Trieste, Ufficio del Giudice per l'udienza preliminare, sentenza 4 ottobre 2013)
Fino al 2004 in Italia vi era un vuoto normativo in materia, che rendeva astrattamente possibile la tecnica medica della fecondazione omologa o eterologa. Con l’entrata in vigore della legge n. 40/2004 in Italia, a differenza di altri Paesi europei ed extraeuropei, Ucraina, Gran Bretagna, Stati Uniti, Israele, Russia, India per citarne solo alcuni, dove tale tecnica è lecita e largamente diffusa, è stata vietata la maternità surrogata riconoscendo, ai sensi degli artt. 232 e 269 c.c., come madre solo colei che ha partorito il bambino. Di conseguenza molte coppie italiane si sono recate all’estero, nei paesi dove la maternità surrogata è legale e lo stesso Consolato o Ambasciata trasmettevano successivamente gli atti di nascita all’Ufficio di Stato Civile italiano. Potevano sorgere, però, dei problemi giuridici al momento della trascrizione. Dapprima solo di natura civilistica, conseguente al rifiuto della stessa da parte dell’Ufficiale di Stato Civile italiano. Di recente, alcune Procure hanno inteso contestare anche il secondo comma dell’art. 567 c.p. (alterazione di stato). Il GUP di Trieste, chiamato a pronunciarsi con la sentenza di data 6/06/2013, in seguito a rito abbreviato, ha assolto una coppia di coniugi triestini perché il fatto non costituisce reato. Il Giudice ha valutato preliminarmente la liceità di questa pratica medica in Ucraina giungendo a conclusioni affermative. Ha fatto propria la missiva del funzionario dell’Ambasciata d’Italia a Kiev che espressamente diceva che la «surrogazione di maternità, qui legalmente praticata» con citazione del riferimento normativo relativo al Decreto del Ministero della Salute dell’Ucraina n. 771/08, che prevede la praticabilità della c.d. maternità surrogata sia omologa che eterologa mediante donazioni di gameti. Vengono anche disciplinate le caratteristiche della coppia, della documentazione medica che essa deve presentare, delle caratteristiche della madre surrogata, del negozio che viene posto in essere, ivi compresa la rinuncia della partoriente ad alcuna pretesa sul bambino nato da questo tipo di concepimento. Detti certificati di nascita pertanto, solo perché l’uomo era il padre naturale, non potevano considerarsi ideologicamente falsi. Erano invece “formalmente validi”, proprio perché il ricorso alla maternità surrogata, in Ucraina, è legale. Appare dunque carente l’elemento psicologico di tale delitto caratterizzato dal dolo generico e cioè dalla piena consapevolezza della falsità della dichiarazione o certificazione.