Ci vuole un mutuo per il post adozione?
Inviato: 03 giu 2015, 15:00
Le famiglie che hanno acceso un mutuo ad hoc per adottare sono circa 2mila e negli ultimi tre anni le richieste sono calate del 66%. Il segnale di una difficoltà che riguarda il prima ma - dicono banche ed enti - anche il post adozione. Mentre la CAI ancora non ha rimborsato chi ha adottato nel 2011
Il costo insostenibile della adozioni internazionali: per qualche giorno se ne sono occupati persino i quotidiani, fino a Repubblica che ha messo in fila tutti i prodotti ad hoc proposti dalle banche, proprio nei giorni in cui il Senato italiano bocciava sonoramente gli emendamenti alla legge di stabilità che introducevano la deducibilità completa delle spese per l’adozione, in nome dell’adozione come bene comune.
In tre anni mutui giù del 66%
Quante sono però le famiglie che in Italia hanno acceso un mutuo per poter fare un’adozione internazionale? A spanne però si può dire che si tratti di un po’ di più di 2mila coppie, non certo quel fenomeno di massa che i giornali ci hanno descritto per una manciata di giorni. Emilbanca ha acceso una cinquantina di mutui in dieci anni, al ritmo di 4 o 5 all’anno. La BCC di Busto Garolfo e Buguggiate arriva a una trentina in dieci anni, circa 2 o 3 ogni anno. La BCC di Treviglio è stata la prima in Italia a proporre un mutuo ad hoc per le coppie che desiderano adottare un bambino ma che non hanno da parte i (tanti) soldi necessari o che, più semplicemente, non hanno la liquidità necessaria nell’istante in cui, dopo tanta attesa, l’ente improvvisamente chiama e dice “si parte”: nei due giorni successivi al lancio del prodotto la banca fu subissata da 400 telefonate da tutta Italia, ricorda Diego Frazzini, responsabile marketing della BCC di Treviglio. «Il trend del prodotto ha seguito fino a tre anni fa i 10-15 mutui annui: attualmente non se ne fanno più di 5», dice Frazzini: una curva che ricalca bene o male il pesante calo che le adozioni internazionali stanno vivendo nel nostro Paese (nel 2012, -23%).
Il business
Mettere insieme il numero di quante famiglie in Italia siano state costrette a chiedere un mutuo per potersi permettere l’adozione internazionale è molto difficile: ogni banca è autonoma, anche quanto esiste un prodotto dal naming condiviso e il fatto di richiedere come unica garanzia il documento di idoneità del Tribunale dei Minori e copia dell’incarico conferito a un ente autorizzato, come è per Ad8, il prodotto con cui Federcasse ha accolto l’idea nata in quel di Treviglio. O per AdottAMI, del gruppo BNP Paribas, o di Adopto delle Casse Rurali Trentine. Nonostante ciò, l’attenzione al tema resta molto alta: «In primo luogo abbiamo aiutato dei bambini a trovare accoglienza in una famiglia e contemporaneamente alcune famiglie e genitori ad accogliere dei bambini abbandonati. Questo per me ha un valore immenso; si trattasse di un solo caso all’anno ne varrebbe la pena», dice Frazzini, che però non nasconde nemmeno il fatto che «oltre il 53% dei mutuatari di ad hoc era cliente di altre banche e adesso è nostro correntista. Gli altri sono clienti fidelizzati. C’è stato anche il business».
Il costo insostenibile della adozioni internazionali: per qualche giorno se ne sono occupati persino i quotidiani, fino a Repubblica che ha messo in fila tutti i prodotti ad hoc proposti dalle banche, proprio nei giorni in cui il Senato italiano bocciava sonoramente gli emendamenti alla legge di stabilità che introducevano la deducibilità completa delle spese per l’adozione, in nome dell’adozione come bene comune.
In tre anni mutui giù del 66%
Quante sono però le famiglie che in Italia hanno acceso un mutuo per poter fare un’adozione internazionale? A spanne però si può dire che si tratti di un po’ di più di 2mila coppie, non certo quel fenomeno di massa che i giornali ci hanno descritto per una manciata di giorni. Emilbanca ha acceso una cinquantina di mutui in dieci anni, al ritmo di 4 o 5 all’anno. La BCC di Busto Garolfo e Buguggiate arriva a una trentina in dieci anni, circa 2 o 3 ogni anno. La BCC di Treviglio è stata la prima in Italia a proporre un mutuo ad hoc per le coppie che desiderano adottare un bambino ma che non hanno da parte i (tanti) soldi necessari o che, più semplicemente, non hanno la liquidità necessaria nell’istante in cui, dopo tanta attesa, l’ente improvvisamente chiama e dice “si parte”: nei due giorni successivi al lancio del prodotto la banca fu subissata da 400 telefonate da tutta Italia, ricorda Diego Frazzini, responsabile marketing della BCC di Treviglio. «Il trend del prodotto ha seguito fino a tre anni fa i 10-15 mutui annui: attualmente non se ne fanno più di 5», dice Frazzini: una curva che ricalca bene o male il pesante calo che le adozioni internazionali stanno vivendo nel nostro Paese (nel 2012, -23%).
Il business
Mettere insieme il numero di quante famiglie in Italia siano state costrette a chiedere un mutuo per potersi permettere l’adozione internazionale è molto difficile: ogni banca è autonoma, anche quanto esiste un prodotto dal naming condiviso e il fatto di richiedere come unica garanzia il documento di idoneità del Tribunale dei Minori e copia dell’incarico conferito a un ente autorizzato, come è per Ad8, il prodotto con cui Federcasse ha accolto l’idea nata in quel di Treviglio. O per AdottAMI, del gruppo BNP Paribas, o di Adopto delle Casse Rurali Trentine. Nonostante ciò, l’attenzione al tema resta molto alta: «In primo luogo abbiamo aiutato dei bambini a trovare accoglienza in una famiglia e contemporaneamente alcune famiglie e genitori ad accogliere dei bambini abbandonati. Questo per me ha un valore immenso; si trattasse di un solo caso all’anno ne varrebbe la pena», dice Frazzini, che però non nasconde nemmeno il fatto che «oltre il 53% dei mutuatari di ad hoc era cliente di altre banche e adesso è nostro correntista. Gli altri sono clienti fidelizzati. C’è stato anche il business».