Aborto spontaneo, un dolore da condividere
Inviato: 26 mar 2016, 22:19
Molte coppie non ne parlano, ma si tratta di un vero lutto che deve ricevere attenzione
Un post di Mark Zuckerberg non passa inosservato.E l’ultimo, scritto con la moglie Priscilla Chan, ha la forza della bella notizia (la coppia aspetta una bambina) e il peso di una denuncia. Il fondatore di Facebook getta un’ombra di tristezza sull’annuncio, raccontando dei 3 aborti spontanei subiti in 2 anni dalla partner. «È un’esperienza solitaria. Non se ne parla, forse perché si teme che gli altri possano pensare a responsabilità dirette», scrive l’imprenditore americano.
E’ un vero lutto
«Zuckerberg ha ragione», afferma Claudia Ravaldi, medico, psicoterapeuta e fondatrice di Ciao Lapo, una onlus che offre sostegno alle donne che hanno perso il loro bambino (ciaolapo. it). «L’aborto spontaneo entro il primo trimestre è un evento da mettere in conto, quando si cerca una gravidanza.
Molte coppie non ne parlano per non subire discorsi superficiali. Non si sentono neppure in diritto di soffrire o chiedere aiuto, perché una perdita così precoce viene banalizzata. In realtà è un lutto vero e proprio, che richiede attenzione. Perché la relazione madrefiglio inizia fin dai primi giorni».
Rabbia e senso di colpa
Sono molte, le donne che ogni anno vedono infrangersi il sogno di una maternità: entro il primo trimestre si interrompe il 18-25% delle gravidanze. «In Italia non è previsto un sostegno psicologico, ma sarebbe molto utile» prosegue Ravaldi.
«Dopo la perdita, il primo mese è il più delicato: si stenta a realizzare quello che è accaduto. Poi arriva la rabbia, accompagnato dalla difficoltà a riprendere i rapporti sessuali con il partner. Infine, il senso di colpa: ci si sente incapaci di dare e proteggere la vita».
Condividere, scrivere, comunicare
Come affrontare tutto questo? «Dando sfogo al dolore», spiega Ravaldi. «Parlandone con qualcuno o scrivendo un diario. I gruppi di autoaiuto sono una grande risorsa. Sarebbe utile dedicarsi a un’attività artistica perché serve a potenziare le aree del cervello che ci aiutano a superare i traumi.
Inoltre, è importante non pretendere che il partner abbia la nostra stessa reazione: spesso i papà faticano a esprimere il loro dolore». Serve tempo e le donne dovrebbero poterselo concedere, anche in vista di un nuovo tentativo. «Consiglio di far passare almeno 3-4 mesi prima di pensare a un’altra gravidanza», conclude la psicoterapeuta.
Un post di Mark Zuckerberg non passa inosservato.E l’ultimo, scritto con la moglie Priscilla Chan, ha la forza della bella notizia (la coppia aspetta una bambina) e il peso di una denuncia. Il fondatore di Facebook getta un’ombra di tristezza sull’annuncio, raccontando dei 3 aborti spontanei subiti in 2 anni dalla partner. «È un’esperienza solitaria. Non se ne parla, forse perché si teme che gli altri possano pensare a responsabilità dirette», scrive l’imprenditore americano.
E’ un vero lutto
«Zuckerberg ha ragione», afferma Claudia Ravaldi, medico, psicoterapeuta e fondatrice di Ciao Lapo, una onlus che offre sostegno alle donne che hanno perso il loro bambino (ciaolapo. it). «L’aborto spontaneo entro il primo trimestre è un evento da mettere in conto, quando si cerca una gravidanza.
Molte coppie non ne parlano per non subire discorsi superficiali. Non si sentono neppure in diritto di soffrire o chiedere aiuto, perché una perdita così precoce viene banalizzata. In realtà è un lutto vero e proprio, che richiede attenzione. Perché la relazione madrefiglio inizia fin dai primi giorni».
Rabbia e senso di colpa
Sono molte, le donne che ogni anno vedono infrangersi il sogno di una maternità: entro il primo trimestre si interrompe il 18-25% delle gravidanze. «In Italia non è previsto un sostegno psicologico, ma sarebbe molto utile» prosegue Ravaldi.
«Dopo la perdita, il primo mese è il più delicato: si stenta a realizzare quello che è accaduto. Poi arriva la rabbia, accompagnato dalla difficoltà a riprendere i rapporti sessuali con il partner. Infine, il senso di colpa: ci si sente incapaci di dare e proteggere la vita».
Condividere, scrivere, comunicare
Come affrontare tutto questo? «Dando sfogo al dolore», spiega Ravaldi. «Parlandone con qualcuno o scrivendo un diario. I gruppi di autoaiuto sono una grande risorsa. Sarebbe utile dedicarsi a un’attività artistica perché serve a potenziare le aree del cervello che ci aiutano a superare i traumi.
Inoltre, è importante non pretendere che il partner abbia la nostra stessa reazione: spesso i papà faticano a esprimere il loro dolore». Serve tempo e le donne dovrebbero poterselo concedere, anche in vista di un nuovo tentativo. «Consiglio di far passare almeno 3-4 mesi prima di pensare a un’altra gravidanza», conclude la psicoterapeuta.