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Allattamento

pablito
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Iscritto il: 27 giu 2015, 11:16

Re: Allattamento

Messaggio da pablito »

Allattamento al seno: protegge dalla depressione post partum
Il rischio di depressione post partum sarebbe dimezzato nelle donne che scelgono l’allattamento al seno. Ecco perché
Ormai tutte le mamme, e non solo loro, sanno che l’allattamento al seno è, perlomeno sulla carta, la miglior scelta che si possa compiere tanto per se stesse quanto soprattutto per il bebè. I benefici di questa pratica non si contano quasi più. L’ultimo sarebbe un rischio dimezzato di sviluppare la depressione post partum. È la conclusione cui è giunto un recente studio condotto da un team di ricercatori britannici, dell’Università di Cambridge, pubblicato sulla rivista Maternal and Child Health.

Coinvolte quasi 14 mila mamme

La ricerca ha interessato 13.988 mamme. A tutte è stato chiesto di compilare dei questionari relativi alla gravidanza e al post parto. In particolare, è stato chiesto loro di specificare se avessero scelto di allattare il loro piccolo, in tal caso, come avessero vissuto l’esperienza. Inoltre, tutte sono state invitare a raccontare le emozioni provate nei primi mesi dopo la nascita del bebè e la comparsa di eventuali disturbi depressivi. Lo scopo era capire se fra allattamento al seno e stato psicologico delle madri ci fosse una quale relazione.

Le donne che riescono ad allattare sono più serene

Dall’analisi dei risultati è emerso che effettivamente l’allattamento al seno ha ripercussioni importanti sul benessere della mamma. Infatti, le donne che durante la gravidanza si erano riproposte di allattare il proprio bimbo e, dopo la nascita, erano riuscite effettivamente a farlo presentavano un rischio dimezzato di sviluppare la depressione post-partum rispetto a quelle che avevano optato per il latte artificiale. E più a lungo si protraeva l’allattamento al seno e più il benessere aumentava. Del resto, la produzione del latte si associa a un aumento degli ormoni del buon umore e a una riduzione dello stress.

Chi non riesce ad allattare è più a rischio

Tuttavia, se l’allattamento al seno non andava a buon fine, tutti i benefici si annullavano. Infatti, si è visto che le mamme che avrebbero voluto proporre ai loro figli il latte materno, ma per complicazioni fisiche non erano riuscite a realizzare il loro desiderio, diventavano più fragili. In questi casi, le probabilità di depressione erano addirittura raddoppiate. “Per coloro che non riescono ad allattare, nonostante gli sforzi, ci sono conseguenze negative. E queste sono le madri più a rischio, perché subentra una sorta di “sindrome del fallimento” hanno spiegato gli autori. Per questo, secondo gli esperti, è essenziale supportare le neomamme, dando loro tutto l’aiuto e le informazioni di cui hanno bisogno per riuscire ad allattare.
In breve

COME SUPERARE LE DIFFICOLTA’

Solo in una piccolissima percentuale dei casi, l’allattamento al seno è tecnicamente impossibile. Quasi sempre le difficoltà sono superabili. In che modo? Informandosi correttamente, controllando l’attaccamento del bambino, riposandosi a sufficienza e facendosi aiutare il più possibile.
pablito
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Re: Allattamento

Messaggio da pablito »

Farmaci e allattamento: sì o no a quelli per mal di gola e di denti?
Non necessariamente quella fra farmaci e allattamento è una relazione pericolosa. Basta seguire qualche regola. Ecco quelle per mal di gola e di denti
Praticamente tutte le mamme sanno che fra farmaci e allattamento non “corre buon sangue”. Anche quelle che non allattano, per scelta, impossibilità o altre problematiche. Questo significa che una donna che ha intrapreso la strada dell’allattamento al seno è costretta a sopportare stoicamente il mal di gola e il mal di denti, due disturbi che a volte sono davvero intensi? Dipende.

Meglio non prendere nulla

Indubbiamente, è bene sapere che se si allatta e si prendono medicinali, questi ultimi, in piccole quantità, possono passare nel latte e, dunque, arrivare anche al bambino. Ecco perché, in linea di massima si consiglia a tutte le donne che nutrono al seno i loro bebè di non usare medicinali e anche altre sostanze che potrebbero avere effetti ben più pericolosi, come alcol e droghe.

Spesso sono dosi trascurabili

Tuttavia, è anche vero che solitamente l’organismo del piccolo spesso riceve dosi davvero trascurabili di principi attivi e che non sempre questi hanno effetti rilevabili. Ecco perché è bene non generalizzare e considerare quella fra farmaci e allattamento una relazione pericolosa a priori.

Valutare i rischi e i benefici

Se la mamma avverte molto fastidio, allora, si potrebbe valutare con il medico l’opportunità di iniziare una cura farmacologica. L’importante è valutare il rapporto fra benefici e rischi. Se i vantaggi per la salute della mamma e, dunque, per il benessere del piccolo (è bene ricordare che se la mamma sta bene anche il suo bebè e l’allattamento al seno ne risentono positivamente) superano i possibili svantaggi a carico del neonato, allora, il ginecologo o il medico di famiglia possono dare il via libera all’impiego dei medicinali.

Sì agli spray per la gola

Il mal di gola, solitamente, viene trattato con l’uso di pastiglie, collutori, spray e compresse a base di sostanze lenitive e antinfiammatorie, come flurbiprofene. Molte di esse sono permesse durante l’allattamento. Se possibile, comunque, preferire le formulazioni a uso locale: infatti, difficilmente entrano in circolo. In presenza di placche, il medico potrebbe anche consigliare degli antibiotici a base di amoxicillina triidrato, un principio attivo concesso anche in allattamento. Sovente contro il male alla gola si ricorre a prodotti a base di propoli. In allattamento è preferibile scegliere le preparazioni non alcoliche e, in alternativa, le capsule di estratto secco titolato.

Semaforo verde per il paracetamolo

Anche in presenza di mal di denti, il binomio farmaci e allattamento è possibile. Sicuramente si possono prendere le compresse, gli sciroppi e le gocce a base di paracetamolo, antidolorifico e antinfiammatorio. Anche l’ibuprofene in genere è concesso. In caso di ascessi, si possono usare determinate classi di antibiotici, come la penicillina (e derivati), l’eritromicina, le cefalosporine.
In breve

A CHI RIVOLGERSI

Chi nutre dei dubbi sull’argomento farmaci e allattamento può rivolgersi al ginecologo o al proprio medico di famiglia. Esiste anche un Servizio di Informazione sui Farmaci in gravidanza, al numero 800.88.3300.
amyupa
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Re: Allattamento

Messaggio da amyupa »

Le risposte ai dubbi più comuni sull’allattamento
È normale, soprattutto se si è al primo figlio, essere assalite da molti interrogativi sull’allattamento del bebè. Ecco quello che c’è da sapere
È meglio allattarlo a orari fissi o a richiesta?

Da diversi anni, ormai, la maggior parte dei pediatri consiglia alle mamme l’allattamento a richiesta, specialmente se nutrito al seno, che consiste nell’attaccare il piccolo al seno ogni volta che ne segnali l’esigenza attraverso il pianto. Questo metodo si è rivelato il più indicato sia per il bebè sia per la mamma. Da un lato, infatti, si adegua al ritmo naturale di fame-veglia e sonno del piccolo che, per esempio, non va mai svegliato per essere allattato, dall’altro libera la madre da orari e schemi rigidi, spesso all’origine di tensioni e ansie, oltre che da meccanismi capaci di influire sulla naturale produzione di latte: se attaccato, quando non ha tanta fame o ha sonno, il bebé succhia di meno finendo per ridurre anche la produzione di latte da parte della mammella che è stimolata proprio dalla suzione del piccolo. Se segue questo metodo, nelle prime settimane la mamma può dovere allattare il neonato anche 8-10 volte nel corso delle 24 ore. Con il trascorrere del tempo, però, il bambino tende a concentrare i pasti e a ridurre in modo spontaneo la frequenza delle poppate che cominciano, gradualmente, a stabilizzarsi, rispettando intervalli sempre più ampi (dalle 2 ore e mezza alle 4 ore durante il giorno, dalle 4 alle 8 ore durante la notte).

Quanto tempo deve durare una poppata?

Nei primissimi giorni è sufficiente attaccare il piccolo al seno solo per pochi minuti (circa 5 per parte). Una suzione di questa durata è, infatti, sufficiente a stimolare la montata lattea, senza rischiare di provocare lacerazioni al capezzolo ancora troppo sensibile. Una volta avviata la normale produzione di latte, è il bambino a stabilire la durata della poppata che, di solito, non supera i 10-15 minuti per seno, a partire da quello che è stato offerto per ultimo la volta precedente (essendo rimasto più pieno dell’altro va, infatti, svuotato prima). Circa il 90 per cento della dose di latte viene assunta nel corso dei primi 3-4 minuti di poppata; il resto della poppata ha più che altro una funzione consolatoria per il bambino che, attaccandosi al seno, ristabilisce un contatto diretto con la madre. Non è il caso, quindi, di preoccuparsi se la poppata dura poco. Per verificare che il piccolo succhia a sufficienza è consigliabile pesarlo una volta alla settimana, sempre alla stessa ora e prima del pasto. Il sistema della “doppia pesata”consiste, invece, nel pesare il piccolo prima e dopo ogni poppata per sapere quanto latte ha ingerito. Questo sistema è però sconsigliato in quanto è molto spesso fonte di inutili ansie: la dose di latte, infatti, può variare molto di volta in volta e non costituisce, quindi, un parametro utile a stabilire se il piccolo si nutre e cresce abbastanza.
amyupa
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Re: Allattamento

Messaggio da amyupa »

Fino a che età si può allattare al seno?

Non esiste un termine preciso in cui interrompere l’allattamento al seno. Il latte materno rappresenta l’alimento ideale per il bebè: oltre a garantirne lo sviluppo e la crescita, rafforza il suo sistema di difesa naturale, favorisce la digestione, previene allergie e intolleranze alimentari. Inoltre, il contatto che il bimbo stabilisce con la mamma nel corso della poppata, lo aiuta ad acquisire maggiore sicurezza e a rendere più stabile il suo equilibrio psicologico. A partire dal quarto-sesto mese di vita, comunque, i pediatri consigliano di iniziare a integrare l’alimentazione a base di solo latte con cibi solidi attraverso lo svezzamento. In questa fase, infatti, cambiano i fabbisogni alimentari del bimbo, che ha bisogno di una maggiore quantità di calorie e di alimenti diversi, ricchi di altri principi nutritivi (in particolare il ferro): le poppate vengono così sostituite, gradualmente, dalle pappe.

Che fare se è intollerante al latte?

Se il piccolo manifesta un’intolleranza al latte è necessario consultare il pediatra, che dovrà, innanzi tutto, verificare se è intollerante al lattosio (uno zucchero contenuto nel latte) o alle proteine del latte vaccino, cioè di mucca. Nel caso di intolleranza al lattosio, si tratta in genere di un disturbo transitorio originato da una precedente infezione intestinale. Solo più raramente, l’intolleranza è causata dall’assenza congenita (cioè, presente dalla nascita) nell’organismo del piccolo della lattasi (l’enzima che serve a sciogliere e rendere più digeribile il lattosio). L’intolleranza si manifesta con episodi di diarrea e vomito ogni volta che il bambino beve il latte. La cura consiste nel sostituire il normale latte artificiale con formule delattosate (nella quali il lattosio è reso più digeribile). Se, invece, la mamma allatta al seno, dovrà ridurre il consumo di latte di mucca e, se il disturbo persiste, sospendere l’allattamento e nutrire il bebè con il latte di soia. Se il bebè è intollerante alle proteine del latte, possono comparire diversi disturbi: cutanei (della pelle), intestinali o respiratori. La mamma che allatta al seno dovrà sottoporsi a una dieta che riduca l’apporto di latte, latticini e uova (nel suo latte potrebbero, infatti, passare le proteine di latte e derivati da lei ingeriti). Nel caso di allattamento artificiale, si dovrà ricorrere a formule speciali di latte, come il latte idrolisato (in cui le proteine del latte vaccino sono state “spezzettate” e rese innocue) o il latte di soia. Nelle formule di latte artificiale comunemente utilizzate, infatti, è presente il latte di mucca.

Bisogna fargli fare sempre il ruttino?

La maggior parte dei neonati ha la necessità di fare il ruttino dopo la poppata per espellere l’aria che ingerisce mentre viene allattato. Quando il bambino succhia dal seno della mamma, ma soprattutto quando beve il latte dal biberon, ingerisce una certa quantità di aria che deve essere espulsa tramite il ruttino. L’aria accumulata, infatti, può infastidire il piccolo tendendo le pareti dello stomaco, inoltre lo fa sentire “pieno” anche se il pasto non è ancora terminato. Tanti bambini hanno bisogno di fare il ruttino a metà poppata. Se la mamma allatta al seno, dovrebbe provare a far fare il ruttino al piccolo una volta svuotato il primo seno; dopo che ha bevuto la prima metà del biberon, in caso di allattamento artificiale. Il piccolo va tenuto in posizione eretta, appoggiato contro la propria spalla; bisogna poi battere delicatamente la parte alta della schiena: nel giro di qualche minuto, farà il ruttino. Alcuni neonati devono eliminare l’aria solo a fine pasto, mentre altri, anche a poppata conclusa, non fanno il ruttino. Se dopo qualche tentativo il ruttino non arriva è inutile fare di tutto per stimolarlo: se proprio il piccolo ne dovesse sentire il bisogno ci penserà da solo, magari quando viene messo nella culla (in particolare, se posizionato sul fianco).

Rigurgita spesso: è normale?

È del tutto naturale che, durante o dopo la poppata, il neonato rigurgiti una certa quantità di latte. A causare questo fenomeno è soprattutto l’immaturità del sistema digerente del bambino: nei primi mesi di vita il cardias (la valvola posizionata tra esofago e stomaco che, contraendosi, impedisce al cibo ingerito di risalire verso la bocca) non è ancora completamente sviluppato e questo favorisce il cosiddetto “reflusso gastroesofageo”. Il rigurgito non va confuso con il vomito e non influisce sul regolare accrescimento del bambino. Il vomito è un disturbo causato da una vera e propria alterazione dell’apparato digerente, spesso si associa a diarrea e può determinare perdita di peso nel piccolo. Il rigurgito, invece, è un fenomeno fisiologico (cioè naturale) e, considerata la ridotta quantità di latte eliminata, non ha alcuna conseguenza sulla crescita. Di solito, la tendenza a rigurgitare scompare intorno all’anno di vita, quando l’apparato digerente del bebè ha raggiunto la maturità necessaria. Se il problema persiste, è necessario consultare il pediatra che dovrà verificare attraverso specifici esami l’assenza di problemi connessi al cardias o al piloro (quest’ultimo è la valvola che mette in comunicazione lo stomaco con il duodeno, primo tratto dell’intestino).
amyupa
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Iscritto il: 27 giu 2015, 11:17

Re: Allattamento

Messaggio da amyupa »

Come vanno sterilizzati biberon e tettarelle?

È necessario sterilizzare tutto ciò che viene abitualmente messo in bocca dal bambino per evitare la proliferazione di funghi e batteri e l’insorgere di infezioni che il sistema di difesa naturale del bambino ancora immaturo non è sempre in grado di combattere efficacemente. Prima di sterilizzare biberon e tettarelle, è necessario lavarli accuratamente utilizzando acqua calda e gli scovolini (spazzole allungate per pulire le bottiglie), facendo attenzione a eliminare tutti i residui di latte (anche nei fori delle tettarelle). La sterilizzazione può essere effettuata utilizzando due metodi: a caldo e a freddo.

a caldo

Consiste nel far bollire gli oggetti per 20 minuti in una pentola a coperchio chiuso (le parti in vetro vanno immerse nell’acqua ancora fredda, quelle in gomma al primo bollore). A bollitura ultimata, gli oggetti sterilizzati vanno messi a sgocciolare (senza toccarli con le mani). Infine, il biberon asciutto va chiuso con la tettarella rivolta verso l’interno. In alternativa è possibile utilizzare appositi apparecchi elettrici (in vendita in farmacia) che, per distruggere funghi e batteri, sfruttano il vapore acqueo (è il sistema più veloce, bastano solo 10-15 minuti). Alcuni apparecchi per la sterilizzazione possono essere utilizzati anche nel forno a microonde.

a freddo

Questo metodo chimico si basa sull’utilizzo di specifici disinfettanti (liquidi o in compresse effervescenti, acquistabili in farmacia), che vanno diluiti in acqua fredda secondo le proporzioni riportate sulla confezione. Gli oggetti devono essere completamente immersi in questa miscela per circa 30 minuti e non occorre risciacquarli (questi disinfettanti sono assolutamente innocui e atossici). Tale sistema è particolarmente indicato per le tettarelle in caucciù che, se sterilizzate “a caldo”, alla lunga, tendono a deformarsi.

Bisogna detergere sempre il seno prima e dopo la poppata?

Per i bambini allattati naturalmente è importante osservare la massima igiene del seno. La mamma, quindi, dovrebbe pulire il capezzolo prima della poppata allo scopo di eliminare i residui di latte e saliva che possono avere stimolato la proliferazione di germi nella zona che il piccolo mette poi in bocca. È bene detergere e asciugare accuratamente i capezzoli anche al termine della poppata. Le perdite di latte e i residui di saliva, macerando la pelle, favoriscono la comparsa di ragadi (piccoli taglietti del capezzolo) che, oltre a rendere più dolorosa la suzione, rappresentano delle vie d’accesso all’organismo della mamma per i germi presenti sulla pelle del seno o nelle mucose (rivestimenti interni) della bocca e del naso del bambino. Per la pulizia è consigliabile utilizzare garze sterili o cotone imbevuto di acqua distillata o bollita (in commercio si trovano anche dischetti detergenti specifici per il seno); sono da evitare le soluzioni disinfettanti, alcoliche o profumate che potrebbero infastidire il bebè.
robyery
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Re: Allattamento

Messaggio da robyery »

Latte artificiale pericoloso: limiti più rigidi per il piombo
Le autorità mondiali hanno imposto limiti più rigidi per il piombo presente nel latte artificiale e l’arsenico contenuto nel riso. Ecco perché
Dovrebbero essere i prodotti più sicuri in assoluto. In effetti, i cibi per l’infanzia, per legge, possono contenere solo minime tracce di sostanze tossiche. In futuro la situazione sarà migliorata ulteriormente. La quantità di piombo presente nel latte artificiale, infatti, verrà ulteriormente ridotta. Lo hanno stabilito il Codex Alimentarius e la Commissione mista della Fao (Organizzazione Onu per l’agricoltura) e dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) che gestisce gli standard alimentari.

È un metallo molto pericoloso

Il piombo è uno dei metalli più pericolosi per la salute umana. Infatti, può causare danni anche seri. Può aumentare la pressione, compromettere i reni e il sistema nervoso, causare anemia e ridurre la fertilità. La categoria più vulnerabile da questo punto di vista è rappresentata dai bambini. Infatti, il piombo diminuisce la capacità di apprendimento nei primi anni di vita e può favorire lo sviluppo di danni cerebrali e di disturbi comportamentali, come aggressività e iperattività.

È contenuto in alcuni ingredienti

Nonostante ciò, ancora oggi esiste il problema del piombo presente nel latte artificiale. Com’è possibile? “Il piombo esiste nell’ambiente e tracce possono finire negli ingredienti che sono utilizzati nella produzione di latte artificiale. Occorrerebbe utilizzare solo materie prime provenienti da zone in cui il piombo è meno presente” risponde la Fao. In effetti, questo metallo può entrare nell’organismo umano attraverso l’assunzione di cibo, acqua e aria.

I nuovi limiti

Proprio perché così pericoloso, il piombo può essere presente negli alimenti solo in quantità minime, ritenute non pericolose per la salute umana. Ora questi limiti sono stati abbassati ulteriormente, perlomeno per quanto riguarda gli alimenti per lattanti. Secondo le nuove leggi, il piombo presente nel latte artificiale non potrà superare i 0,01 milligrammi per chilo di prodotto.

Più attenzione anche per l’arsenico nel riso

Anche il contenuto massimo di arsenico nel riso, alimento base per buona parte della popolazione mondiale, è stato abbassato: i nuovi limiti sono pari a 0,2 milligrammi di arsenico per chilo di riso. In effetti, questa sostanza può causare tumori e lesioni della pelle. È stato anche associato a problemi di sviluppo, malattie cardiache, diabete e danni neurologici. “La contaminazione da arsenico è particolarmente preoccupante in alcuni Paesi asiatici, dove le risaie sono irrigate con acque sotterranee contenenti sedimenti ricchi di arsenico, pompate da pozzi tubolari poco profondi” chiarisce la Fao.
In breve

I PRODOTTI IN VENDITA SONO SICURI

I genitori non devono preoccuparsi: attualmente il piombo presente nel latte artificiale è scarsissimo. I nuovi limiti forniscono ulteriori tutele, ma anche i prodotti che si trovano al momento sul mercato sono sicuri.
robyery
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Re: Allattamento

Messaggio da robyery »

Allattamento al seno: se è breve aumenta il rischio di infiammazioni
Breve allattamento al seno e basso peso alla nascita aumentano le probabilità di sviluppare un’infiammazione cronica in età adulta
Che un buon peso alla nascita sia in grado di proteggere da una serie di rischi è risaputo. Così come è noto che l’allattamento al seno, specialmente se prolungato, svolge una serie di azioni benefiche. Ma che i due fattori insieme possano diminuire il rischio di infiammazioni croniche in età adulta è una novità. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori britannici, della Northwestern University, con uno studio che è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences.

Come è stato condotto lo studio

La ricerca ha riguardato 7.000 persone di età compresa fra i 24 e i 32 anni. Tutte sono state invitate a rispondere a una serie di questionari sul peso alla nascita e sul tipo di nutrizione ricevuto nei primi mesi, se latte artificiale o allattamento al seno. Inoltre, i partecipanti sono stati sottoposti ad alcuni esami, per verificare i livelli della proteina Crp, un marcatore chiave per l’infiammazione.

Più a rischio chi è stato allattato poco al seno

Dall’analisi dei risultati è emerso che fra tipo di allattamento ricevuto nei primi mesi di vita, peso alla nascita e predisposizione alle malattie infiammatorie croniche in età adulta c’era un’associazione. Infatti, i soggetti che quando sono nati pesavano poco e quelli che non sono stati allattati al seno o lo sono stati per meno di tre mesi presentavano livelli maggiori di Crp rispetto agli altri. Non solo, avevano anche una maggiore probabilità di infiammazioni croniche e di malattie cardiovascolari. Infatti, occorre sapere che l’infiammazione è direttamente correlata alla comparsa di patologie al sistema cardiocircolatorio.
In breve

CAUSE ANCORA INCERTE

Attualmente non si sa precisamente perché l’allattamento al seno sia in grado di diminuire il rischio di infiammazioni. Probabilmente fra le varie sostanze benefiche, contiene anche fattori antinfiammatori protettivi.
carelia
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Iscritto il: 11 set 2015, 15:21

Re: Allattamento

Messaggio da carelia »

Allattamento al seno: se è breve aumenta il rischio di infiammazioni
Breve allattamento al seno e basso peso alla nascita aumentano le probabilità di sviluppare un’infiammazione cronica in età adulta
Che un buon peso alla nascita sia in grado di proteggere da una serie di rischi è risaputo. Così come è noto che l’allattamento al seno, specialmente se prolungato, svolge una serie di azioni benefiche. Ma che i due fattori insieme possano diminuire il rischio di infiammazioni croniche in età adulta è una novità. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori britannici, della Northwestern University, con uno studio che è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences.

Come è stato condotto lo studio

La ricerca ha riguardato 7.000 persone di età compresa fra i 24 e i 32 anni. Tutte sono state invitate a rispondere a una serie di questionari sul peso alla nascita e sul tipo di nutrizione ricevuto nei primi mesi, se latte artificiale o allattamento al seno. Inoltre, i partecipanti sono stati sottoposti ad alcuni esami, per verificare i livelli della proteina Crp, un marcatore chiave per l’infiammazione.

Più a rischio chi è stato allattato poco al seno

Dall’analisi dei risultati è emerso che fra tipo di allattamento ricevuto nei primi mesi di vita, peso alla nascita e predisposizione alle malattie infiammatorie croniche in età adulta c’era un’associazione. Infatti, i soggetti che quando sono nati pesavano poco e quelli che non sono stati allattati al seno o lo sono stati per meno di tre mesi presentavano livelli maggiori di Crp rispetto agli altri. Non solo, avevano anche una maggiore probabilità di infiammazioni croniche e di malattie cardiovascolari. Infatti, occorre sapere che l’infiammazione è direttamente correlata alla comparsa di patologie al sistema cardiocircolatorio.
In breve

CAUSE ANCORA INCERTE

Attualmente non si sa precisamente perché l’allattamento al seno sia in grado di diminuire il rischio di infiammazioni. Probabilmente fra le varie sostanze benefiche, contiene anche fattori antinfiammatori protettivi.
carelia
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Iscritto il: 11 set 2015, 15:21

Re: Allattamento

Messaggio da carelia »

Celiachia: meno rischi con l’allattamento al seno?
Per prevenire la celiachia una delle armi migliori è continuare ad allattare durante lo svezzamento
La celiachia è una malattia sempre più diffusa. Dipende da un insieme di fattori che interagiscono fra di loro. Uno di questi è il mancato allattamento al seno. Secondo gli esperti, infatti, il latte della mamma è l’alleato più importante contro questa patologia. Ecco perché.

È un’intolleranza permanente

Per celiachia s’intende un’intolleranza alimentare permanente verso il glutine. Si tratta di un complesso di proteine contenute in alcuni cereali di uso comune, come frumento, orzo e segale. È caratterizzata dalla comparsa di una lesione della mucosa intestinale. A lungo andare, la malattia arriva a distruggere anche i villi intestinali, piccole strutture che ricoprono l’intestino e permettono l’assorbimento delle sostanze nutritive.

Tante azioni benefiche

L’allattamento al seno diminuisce il rischio di celiachia per diverse ragioni. Innanzitutto, è ricco di molecole immuno-modulanti, ossia sostanze che sono in grado di attivare le difese naturali, contrastando anche l’infiammazione glutine-dipendente, che nei soggetti predisposti geneticamente è scatenata dall’ingestione proprio del glutine. Non solo: le molecole immuno-modulanti prevengono le infezioni intestinali, come quella causata dal Rotavirus. Si tratta di un agente virale che sembra avere un ruolo importante nella comparsa della celiachia.

Protegge l’intestino

Non bisogna dimenticare, poi, che il latte della mamma favorisce l’equilibrio della flora batterica intestinale del bebè. L’intestino risulta, dunque, più protetto. Infine, occorre considerare che se la mamma non è celiaca, il suo latte contiene tracce di glutine. Di conseguenza, il bimbo è esposto fin da piccolo a questa proteina e risulta meno sensibile nei suoi confronti.

Continuare il più possibile

L’ideale, secondo gli esperti, è che la mamma allatti a lungo e, comunque, fino allo svezzamento e all’introduzione del glutine nella dieta del bebè. In questo modo, il latte materno protegge la muscosa intestinale e l’organismo del piccolo fino a quando si sono abituati a questa proteina. In particolare, il latte risulta benefico fra i quattro e i sette mesi, anche se più si allatta e meglio è, per fornire un’azione protettiva più duratura.
In breve

UTILE ANCHE NEI BIMBI MALATI

L’allattamento al seno risulta prezioso anche nel caso in cui il bimbo sviluppi la celiachia. Infatti, rallenta la progressione della malattia e riduce l’intensità dei sintomi gastro-intestinali.
lunetta
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Iscritto il: 05 giu 2015, 12:27

Re: Allattamento

Messaggio da lunetta »

Allattamento e durata poppata: quanto tenere attaccato il bimbo
La durata della poppata al seno, secondo gli esperti, deve essere almeno di 20 minuti. Il bimbo deve anche raggiungere un appagamento psicologico
C’è chi dice di non superare i cinque minuti per seno, così da ridurre il rischio di ragadi e mastite, e chi di lasciare che sia il bebè a decidere. Quello della durata della poppata è un dubbio classico delle neomamme che allattano al seno. Ne ha parlato anche il professor Giuseppe Mele, presidente della Società italiana di medicina pediatrica (Simpe), durante il congresso dell’Osservatorio per la salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss). E qui si è stabilita la durata ideale della poppata.

No alla fretta

Secondo gli esperti, l’allattamento al seno è fondamentale per due motivi. Innanzitutto, il latte materno è l’alimento ideale per il neonato, completo e perfettamente equilibrato. Inoltre, il gesto di mangiare dal seno della mamma appaga anche alcune esigenze psicologiche fondamentali del lattante, come quella di contatto e di vicinanza con la mamma e quella di succhiare. Anche per questo è importante non essere troppo frettolose. Per far sì che il piccolo sia soddisfatto a livello fisico ed emotivo, secondo Giuseppe Mele, la durata della poppata non deve essere inferiore a 15-20 minuti. È importante, però, non essere troppo rigide. Infatti, ci sono bambini più “veloci” e altri che hanno bisogno di molto più tempo.

Il bebè è in grado di regolarsi

Molte neomamme si chiedono se il loro latte sia sufficiente e se il piccolo si senta sazio dopo la poppata. È bene ricordare che l’organismo del bebè è perfettamente in grado di regolarsi da solo. Questo significa che se si stacca è pieno, mentre se continua a ciucciare forse ha ancora fame o ha bisogno di qualche “coccola” in più. Se il bebè tende ad addormentarsi al seno, può essere utile stimolarlo con la voce, le carezze, cambiando seno o posizione, comprimendo manualmente i dotti. Solo se la poppata supera un’ora, è il caso di chiedersi se c’è qualcosa che non va, eventualmente chiedendo aiuto a un esperto.

A richiesta

Anche per quanto riguarda la frequenza, è meglio essere flessibili e adattarsi alle necessità del bebè. Infatti, la produzione di latte è stimolata dalla richiesta del piccolo: più lui succhia, più la mammella è produttiva. Per agevolare questo sistema di domanda e offerta, è importante allattare il bebè ogni volta che lo richiede. Inoltre, allattare a richiesta aiuta la mamma a imparare a riconoscere le esigenze del figlio.
In breve

ENTRAMBI I SENI

Almeno nelle prime settimane, è importante stimolare entrambi i seni a ogni poppata. In caso contrario, la produzione di latte non si calibra bene e possono comparire ingorghi o scarsità di latte.
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