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la vera storia di un utero in affitto

bacca
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Iscritto il: 10 apr 2014, 13:11

Re: la vera storia di un utero in affitto

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Che emozioni vive una “surrogata” e dove trova la forza?
La triste storia di Baby S. mi aveva fatto riflettere. Non voglio giudicare, ma situazioni così non dovrebbero mai succedere. Sin dall’inizio, quando firmi un contratto di surrogacy, ti insegnano a considerare quel bimbo non tuo. Ho imparato subito a prendere le distanze emotive necessarie. Il fatto di avere già una figlia mi ha facilitato le cose.

Sua figlia le ha mai chiesto perché il fratellino poi non è arrivato?
Quando ero incinta Muriel era troppo piccola per farsi certe domande. Ma ora che il compleanno di Baby Lee si avvicina, abbiamo scelto insieme il biglietto di auguri. Per lei è una specie di cugino lontano, di cui riceviamo regolarmente le foto via mail
bacca
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Re: la vera storia di un utero in affitto

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Come è arrivata a questa scelta?
L’assicurazione sanitaria, il rimborso spese, la possibilità di una pausa ti incoraggiano parecchio. Ma è capitato tutto un po’ per caso: lavoro come impiegata per un centro di procreazione assistita dove la surrogacy è sempre più richiesta. E c’era una coppia asiatica che non trovava la persona adatta. Qualcuno mi ha passato la loro domanda (avevo molte delle caratteristiche desiderate). Non me la sono sentita di rifiutare: ho la tendenza a prendermi cura degli altri. E poi mi sentivo una privilegiata, con una figlia tutta mia: ho sempre pensato fosse giusto restituire qualcosa al destino, se è stato buono con te.

Dopo il parto, il distacco è stato difficile?
Con gli ormoni a mille e il baby blues, affrontare quel vuoto è stata dura: mi mancava il pancione, ma anche il supporto discreto dei due genitori, che nelle ultime settimane si erano trasferiti a L.A. Ma appena a casa Muriel mi ha subito travolto: non c’era spazio per la tristezza.

Oggi lo rifarebbe?
Non con una nuova coppia. Ma se i genitori di Baby Lee volessero dargli un fratellino, beh, credo proprio di sì.
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