Fecondazione eterologa, in Italia mancano gli ovociti
Inviato: 15 mag 2015, 13:36
Toscana e Friuli acquistano gameti dall’estero. Ferme le altre Regioni. La testimonianza: «Dono per chi sta dall’altra parte»
ROMA. Marta distoglie lo sguardo dalla dottoressa, ci pensa su e poi chiede: «Ma sentirò dolore?». «No» le risponde lei «non lo sentirai». «Ecco, mi preoccupava solo questo. Se è così, lo voglio fare». Marta ha i capelli neri e ricci, ma potrebbero essere biondi e lisci, castani e mossi. Oppure potrebbero essere, e sono, tutte queste combinazioni. Marta ha 22 anni ed è una giovane donna che ha deciso di donare i propri ovociti consentendo così ad una coppia di avere un bambino attraverso la fecondazione eterologa. Si chiama ovodonazione. Pratica in fondo non molto diversa, come concetto, dalla donazione degli organi. Salvo per il fatto che in Italia la fecondazione assistita tramite gameti esterni alla coppia, benché non più vietata dalla Legge 40, stenti ancora a partire proprio a causa dell’assenza di donatrici. E mentre i centri pubblici sono sostanzialmente ancora fermi, diversi centri privati in Italia si sono attivati acquistando gameti da banche estere. Qualcuno poi, sta anche lavorando per “reclutare” in Italia delle donatrici. Pure i donatori di spermatozoi mancano, ma è il recupero delle cellule uovo ad essere più complesso. «Perché lo voglio fare?» dice Marta alla dottoressa. «Perché domani potrei trovarmi dall’altra parte e averne bisogno io».
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Via un altro divieto per le coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche
«Quando le ragazze con cui parlo capiscono il valore dell’atto che intraprendono con l’ovodonazione si sentono molto motivate», spiega Roberta Poverini, del Cermer, il Reparto ricerche medicina della riproduzione di Villa Mafalda, Roma, diretto da Franco Lisi. «Pensano che tra gli anni di studio, la ricerca di un lavoro e il tempo da dedicare alla carriera potrebbero arrivare a 40 anni e avere bisogno loro di ovuli una donatrice. E poi, penso sia un diritto delle coppie italiane poter fare l’eterologa nel proprio Paese e non dover andare più all’estero».
ROMA. Marta distoglie lo sguardo dalla dottoressa, ci pensa su e poi chiede: «Ma sentirò dolore?». «No» le risponde lei «non lo sentirai». «Ecco, mi preoccupava solo questo. Se è così, lo voglio fare». Marta ha i capelli neri e ricci, ma potrebbero essere biondi e lisci, castani e mossi. Oppure potrebbero essere, e sono, tutte queste combinazioni. Marta ha 22 anni ed è una giovane donna che ha deciso di donare i propri ovociti consentendo così ad una coppia di avere un bambino attraverso la fecondazione eterologa. Si chiama ovodonazione. Pratica in fondo non molto diversa, come concetto, dalla donazione degli organi. Salvo per il fatto che in Italia la fecondazione assistita tramite gameti esterni alla coppia, benché non più vietata dalla Legge 40, stenti ancora a partire proprio a causa dell’assenza di donatrici. E mentre i centri pubblici sono sostanzialmente ancora fermi, diversi centri privati in Italia si sono attivati acquistando gameti da banche estere. Qualcuno poi, sta anche lavorando per “reclutare” in Italia delle donatrici. Pure i donatori di spermatozoi mancano, ma è il recupero delle cellule uovo ad essere più complesso. «Perché lo voglio fare?» dice Marta alla dottoressa. «Perché domani potrei trovarmi dall’altra parte e averne bisogno io».
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